E
C’E’ ANCORA QUALCHE CORNACCHIA IN GIRO CHE INNEGGIA ALLA RAPPRESENTANZA
MILITARE E ALLE SUE VIRTU’. POVERI ILLUSI!
a
cura di Giuseppe Peciaioli, ex delegato COCER Esercito
Riprendo a scrivere dopo
un breve periodo di riflessione che è servito a me per tracciare un bilancio
dei tre anni di mandato Cocer.
Un bilancio che chiude in
passivo come ormai siamo abituati da tempo; tante delle premesse iniziali non
hanno trovato alcuna soluzione, anzi in alcuni passaggi cruciali come il
riordino delle carriere e gli adeguamenti stipendiali ai parametri europei hanno
segnato il passo e non si vedono soluzioni nemmeno in questo mandato Cocer.
La domanda che più di
tutte mi è rimasta in mente è quella relativa a chi ha sbagliato o se
l’annoso problema del sistema di rappresentanza è tuttora il problema cardine
sul quale ruota tutta la questione del personale delle FF.AA. .
Rimango dello stesso
parere di sempre, ossia questo sistema di rappresentanza non è idoneo a
garantire una corretta rivendicazione e tutela del personale militare e crea
discriminazioni sempre più palesi tra chi può inoltrare istanze direttamente
ai vertici istituzionali per ovvi motivi di relazioni diplomatiche, e chi invece
dovendosi affidare agli organismi di rappresentanza, spesso è scavalcato dalle
istituzioni stesse, continuando a considerare la rappresentanza come un
prolungamento delle volontà degli Stati Maggiori della Difesa.
Nemmeno la classe politica
sembra accorgersi (o fa finta) delle richieste di dignità e correttezza dei
rapporti che tutta la base militare chiede a gran voce da almeno 24 anni (cioè
dall’istituzione della legge sulla rappresentanza militare), anzi spesso ho
avuto l’impressione che gli ammiccamenti e annessi corteggiamenti, hanno una
direzione a senso unico verso chi detiene il potere contrattuale, e non solo,
all’interno delle FF.AA.
Eppure nei tre anni
passati nel VIII° mandato, non c’era giorno che i quotidiani nazionali non
riportavano almeno un commento sulle FF.AA. e tutti i problemi che le
affliggono, ora c’è un silenzio tombale che inquieta che ci fa sospettare che
tutto si stia tramando nelle segrete stanze e che gli attuali rappresentanti del
Cocer (probabilmente eccetto qualcuno), abbiamo un atteggiamento
filo-governativo o filo verticistico, che li “obbliga” a tenere la bocca
cucita, cosa decisamente più grave se vera.
Non ho ancora capito a che
punto è la contrattazione e quali risorse sono state inserite in finanziaria,
come non capisco a che punto è il riordino delle carriere visto che sono state
presentate delle proposte e, infine, nulla si sa sulla riforma della
rappresentanza militare.
Non posso non ricordare
l’allora Cavaliere Berlusconi che promise ai militari che non firmarono il
contratto del Governo di Centrosinistra che qualora avesse vinto le elezioni
avrebbe tenuto un occhio di riguardo per i militari delle “nostre forze
armate”, cosa smentita dai fatti e facilmente rilevabile dalla busta paga di
ognuno di noi e dai provvedimenti di legge che non arrivano mai.
Non è una critica
strumentale questa e il fatto che abbia aspettato il verificarsi degli eventi
per denunciarlo, mi mette al riparo da quei personaggi che facilmente speculano
sulla pelle dei colleghi facendone sempre e solo una questione politica, come è
successo spesso nel mandato precedente.
Solo una nota per quadrare
il tutto; nel gennaio 2002, appena pubblicata la finanziaria, nel Cocer Esercito
si fece una previsione sull’ammontare delle cifre pro capite del rinnovo
contrattuale dove alcuni rappresentanti avevano valutato un incremento medio di
circa 280-320 mila lire, la mia posizione era che non ci discostavamo dalle
120-140 mila lire (posso documentarlo). Fui attaccato duramente da personaggi
che piuttosto di difendere i colleghi, pensarono bene di difendere il Governo
Berlusconi.
È storia passata ma è
bene ricordarsela perché quei rappresentanti non erano in buona fede poiché
sapevano benissimo che stavano facendo un piacere ai loro rappresentanti
politici e non ai colleghi.
Con questo mandato mi
sembra che le cose non stiano diversamente da allora, solo che questa volta il
capo espiatorio del delegato di “sinistra” non regge più.
Ho sempre detto e continuo
a ripeterlo, che non è una questione di parte politica, è solo una questione
di correttezza verso i colleghi e chi si è deciso di rappresentare, o il
partito o le FF.AA.
Allora tornando sul
problema iniziale del modello di rappresentanza più idoneo al benessere del
personale, non mi rimane che lanciare un appello a tutti i colleghi; dobbiamo
decidere una volta per tutte se vogliamo diventare aquile o rimanere galline.
Con i delegati Coir
dell’ottavo mandato e in particolare con quello di Comfoter al quale devo una
riconoscenza infinita per la capacità e la preparazione dimostrata nelle loro
delibere e nei fatti, ho avuto la certezza che spesso quello che richiede la
base è lontana mille miglia da quello che poi propone il Cocer nella sua
interezza agli organi di governo e di FF.AA..
Nei tre anni scorsi, il
grande lavoro intelligente e capace di delegati Coir Esercito, quali Di Meo,
Gambato, Coppola, Pili, Bizzi, Carluccio, Vinciguerra e tanti altri, spesso
sottovalutato e ridicolizzato dal lavoro controcorrente di alcuni delegati del
Cocer Esercito erroneamente e stupidamente votati al presenzialismo fine a se
stesso o al codazzo di qualche parlamentare “amico” dei militari, mi hanno e
ci hanno dato tanto, più di quello che si potrebbe pensare; a loro deve andare
il riconoscimento di tutti noi e la mia gratitudine in particolare, per avermi
sempre spronato nella direzione giusta.
Ricordo in particolare il
loro voto a favore della sindacalizzazione delle FF.AA., che con senso di
responsabilità avevano sottoscritto senza nascondersi e senza secondi fini, con
la sola consapevolezza che era l’unica via percorribile per risolvere le
questioni che noi tutti ci trasciniamo da anni.
Anche quel lavoro fu
boicottato dal Cocer Esercito che non lo mise mai in discussione né lo presento
alle Autorità militari; un’altra vicenda questa che deve far riflettere e ci
deve insegnare quanto facile sia manovrare e affossare la volontà di noi tutti
attraverso la Rappresentanza militare.
All’esame della
commissione difesa arrivò solo il lavoro di riforma della rappresentanza
militare omettendo quello che invece la base aveva richiesto; più libertà, più
rispetto, più autonomia.
Ricordo come sia il Capo
di Stato Maggiore dell’Esercito Cervone prima e Ottogalli poi e il Capo di
Stato Maggiore della Difesa Arpino e in seguito Mosca Moschini, ostacolarono con
tutte le loro forze, qualsiasi ipotesi di sindacalizzazione o di apertura
all’associazionismo tra militari.
Questa è la cartina di
tornasole di come ci vogliono; le Associazioni che perseguono il fine sindacale
sono viste come nemiche perché non sono controllabili dalla loro autorità
diretta, li rende deboli sotto il profilo politico e sanno benissimo che le
istanze portate all’attenzione dei vertici politici sono profondamente diverse
da quelle che invece promuovono loro.
E allora ecco che quando
si parla di mezzi per raggiungere il fine, spesso facciamo finta di non vederli
anche se sono sotto gli occhi di tutti e il solo fatto che le Associazioni sono
viste come un mezzo per arrivare al cuore del problema, la nostra autonomia
contrattuale, e che per questo si tenta in tutti i modi di ostacolarle, ci deve
rinforzare la convinzione che invece sono la nostra via al riscatto della nostra
dignità perduta sia come militari sia come cittadini.
Scrisse qualche tempo fa
l’attuale delegato Cocer Esercito Sabino che il problema non è rappresentanza
o sindacato e che quando la barca affonda tutti si devono impegnare a salvarla.
Bene se tanto detto è vero, ce lo dimostri ora quale capacità di incidenza ha
il Cocer nei processi legislativi del Governo o ci dica invece la realtà,
quella verità che è divenuta innegabile e cioè che il Cocer è un campo di
battaglia dove i morti fanno sempre parte della stessa categoria
indipendentemente da chi è il rappresentante, altrimenti mente sapendo di
mentire.
A questo punto è chiaro
che la decisione non è del Cocer, chiunque sia il delegato, ma è solo nostra.
Dobbiamo capire cosa
vogliamo e dove arrivare, se volete è anche un segno di maturità, quella
maturità che sento sempre auspicare da tanti che però non si concretizza mai.
Questa è una nostra
battaglia e non possiamo affidarci ancora alle mammelle della politica che
puntualmente sceglie altre bocche, dobbiamo fare in modo che sia la politica a
scegliere noi e dobbiamo dimostrargli che siamo più convenienti di altri, in
altre parole dobbiamo diventare Aquile.
Iscriversi alle
Associazioni che perseguono il fine sindacale è un modo per diventare aquile e
mettersi al riparo da chi utilizza la rappresentanza per fare carriera politica,
oppure l’alternativa è rimanere galline.
Cose note direte, ma altre
non ve ne sono.
a
cura di Giuseppe Peciaioli
ex delegato COCER Esercito
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