Ho
26 anni di servizio effettivo e mai come in questi ultimi anni
mi sono sentito così distaccato dalla forza armata.
Mi
sono chiesto molte volte perché l’amore e la passione per la professione nel
tempo si è trasformato addirittura in rabbia.
Una
rabbia che disaminando questo mio lungo percorso di vita trascorsa nella forza
armata trova giustificazione nella scarsa considerazione manifestamente
sbandierata da parte dei vertici nei confronti della categoria dei
Sottufficiali.
Per
vertici percepisco non solo lo Stato Maggiore ma anche il giovane Ufficiale che
riconosce il Sottufficiale come un
antagonista.
Ho
l’impressione che tutto questo non sia dovuto solo al caso, ma forse c’è un
disegno ben tratteggiato dalle alte
gerarchie. E’ qui intendo le alte sfere dello Stato Maggiore.
C’è
una volontà di dividere il personale delle Forze Armate in due fasce a
similitudine di quanto accade nelle
aziende: la dirigenza (Ufficiali) e la massa lavoro (Sottufficiali e Truppa)
cassando quella sperimentata ispirazione “siamo una famiglia” che ha tenuto
accomunato il personale delle Forze Armate in tutti questi anni.
Qualcuno
ha creduto che il principio della famiglia era da eliminare per due ordini di
ragione:
primo,
questo concetto avrebbe richiesto sacrifici in termini economici alla
categoria degli Ufficiali. E’ comprensibile che dividere le risorse con tutte
le parti del nucleo familiare non è piacevole come ripartirli tra
pochi membri;
secondo,
separare nettamente le due categorie si è creduto di ottenere più efficienza
in termini qualitativi e quantitativi. Chi ha pensato quest’idea non ha
valutato che il nostro compito è molto diverso da quello aziendale, nel quale
il quadro dirigente è distante e diviso dalla restante forza lavoro nello
svolgimento delle proprie mansioni.
Da
noi, all'opposto, le operazioni sono svolte da gruppi composti da Ufficiali,
Sottufficiali e Truppa che si adoperano sullo stesso terreno con il proponimento
di conseguire la meta prefigurata. Sia chiaro, ognuno con mansioni distinte ma,
ciascun legato all’altro.
Mi
ricordo nel passato Comandanti
preoccupati del benessere del personale giacchè intuivano
intelligentemente che avere uomini affezionati significava disporre d’uomini
fedeli, disponibili e preparati a grossi sacrifici pur di ben figurare verso il
Comandante che servendosi della loro prestazione
guadagnava il massimo sia ai fini istituzionali
e sia nell’interesse dell’azione di Comando .
Mi
auguro che i nostri Ufficiali siano consapevoli
che continuare a battere l’attuale tracciato non è conveniente per
nessuno.
Interessarsi
dei propri uomini è il primo fine d’ogni buon Comandante.
A
loro lancio un appello: non lasciatevi vincere dalle forme egoistiche,
incominciate da oggi a distribuire il raccolto con i vostri collaboratori perché
alla fine potreste trovarvi soli senz’altri appassionati.
Saluto
cordialmente tutti i miei colleghi.
Antonio