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    I lavoratori degli stabilimenti militari piacentini dal 
    prefetto Domenico Gorgoglione per sollecitare risposte dal governo sulla 
    sorte del polo locale della Difesa. Una delegazione, guidata dal segretario 
    della Funzione Pubblica-Cgil, Claudio Malacalza, è stata ricevuta ieri 
    pomeriggio in via San Giovanni ed ha consegnato al massimo rappresentante 
    territoriale dello Stato un documento che raccoglie i timori sui destini 
    occupazionali dei più di mille addetti del settore.  
    
    
    Il prefetto si è impegnato a trasmettere le istanze alle 
    autorità romane competenti. In precedenza si era tenuto un breve presidio 
    durante il quale sono state ribadite le motivazioni all'origine 
    dell'iniziativa che ha carattere di mobilitazione nazionale. 
     
    
    
    L'obiettivo è di fare chiarezza sul futuro di vari 
    stabilimenti militari sparsi in tutta l'Italia e denunciare uno stato di 
    abbandono del settore che lascia intendere la volontà dell'attuale governo 
    di pervenire ad una graduale dismissione e trasferimento delle attività ai 
    privati.  
    
    
    «In una realtà industriale significativa della nostra città - 
    avevano fatto notare i rappresentanti della Cgil - come quella del Polo di 
    Mantenimento Pesante Nord, ci si ritrova nella situazione paradossale per 
    cui il lavoro c'è ma non si può eseguire a causa della mancanza di strumenti 
    e risorse; alla fine si persegue la scelta di appaltare la realizzazione di 
    riparazioni a ditte esterne: un'operazione la cui economicità è tutta da 
    verificare». Rilievi critici sull'iniziativa unilaterale della Cgil sono 
    stati mossi sia dal segretario provinciale della Uil Massimiliano Borotti, 
    che dall'esponente della Cisl-Fps Ernesto Catino. «Non comprendiamo questa 
    forma di protesta - ha spiegato Borotti - che cade proprio quando il 
    Ministero della Difesa ha cambiato atteggiamento e ha definito un incontro 
    con le parti sociali il prossimo 13 maggio».  
    
    
    «In questa fase così delicata - incalza Catino - non era 
    opportuno creare allarme fra i lavoratori».  
    
    
    Mauro Ferri 
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