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Piacenza, 14/05/2003

 

Stabilimenti militari, presidio dal prefetto
Una delegazione dei lavoratori chiede a Roma di fare chiarezza sul futuro occupazionale

 

I lavoratori degli stabilimenti militari piacentini dal prefetto Domenico Gorgoglione per sollecitare risposte dal governo sulla sorte del polo locale della Difesa. Una delegazione, guidata dal segretario della Funzione Pubblica-Cgil, Claudio Malacalza, è stata ricevuta ieri pomeriggio in via San Giovanni ed ha consegnato al massimo rappresentante territoriale dello Stato un documento che raccoglie i timori sui destini occupazionali dei più di mille addetti del settore.

Il prefetto si è impegnato a trasmettere le istanze alle autorità romane competenti. In precedenza si era tenuto un breve presidio durante il quale sono state ribadite le motivazioni all'origine dell'iniziativa che ha carattere di mobilitazione nazionale.

L'obiettivo è di fare chiarezza sul futuro di vari stabilimenti militari sparsi in tutta l'Italia e denunciare uno stato di abbandono del settore che lascia intendere la volontà dell'attuale governo di pervenire ad una graduale dismissione e trasferimento delle attività ai privati.

«In una realtà industriale significativa della nostra città - avevano fatto notare i rappresentanti della Cgil - come quella del Polo di Mantenimento Pesante Nord, ci si ritrova nella situazione paradossale per cui il lavoro c'è ma non si può eseguire a causa della mancanza di strumenti e risorse; alla fine si persegue la scelta di appaltare la realizzazione di riparazioni a ditte esterne: un'operazione la cui economicità è tutta da verificare». Rilievi critici sull'iniziativa unilaterale della Cgil sono stati mossi sia dal segretario provinciale della Uil Massimiliano Borotti, che dall'esponente della Cisl-Fps Ernesto Catino. «Non comprendiamo questa forma di protesta - ha spiegato Borotti - che cade proprio quando il Ministero della Difesa ha cambiato atteggiamento e ha definito un incontro con le parti sociali il prossimo 13 maggio».

«In questa fase così delicata - incalza Catino - non era opportuno creare allarme fra i lavoratori».

Mauro Ferri
 

 
 

 


 

 

 

 

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