IL PRESIDENTE DEL CO.CE.R. – A.M.
(T. Col. Ermanno PESCHIULLI)
LETTERA APERTA ALL’ ONOREVOLE GIUSEPPE COSSIGA,
Relatore del progetto di Riforma della Rappresentanza Militare
Onorevole COSSIGA,
il generale apprezzamento del mondo militare, anche se prudentemente con
riserva, per il Suo impegno di relatore sensibile e convinto del progetto di
Riforma della Legge 382/78, non potrà ricompensarLa a sufficienza per i Suoi
visibili sforzi di coniugare le diverse posizioni, spesso contrastanti, dei vari
soggetti cointeressati al dibattito parlamentare in corso (Gruppi Politici, di
maggioranza e di opposizione, Rappresentanti Governativi, Stato Maggiore Difesa,
Comandi Generali Corpi Militari…) nessuno escluso, i quali sembrano primeggiare
nell’ostacolare, sia pure con motivazioni diverse ed emendamenti di opposta
concezione, l’impostazione riformista/equilibrata che Lei tenta di dare alla
futura Rappresentanza Militare.
Dubitiamo però che il Suo apprezzabile proposito possa resistere a lungo alle
continue pressioni… per cui non è infondato il timore, percepibile chiaramente
dall’andamento dei Lavori della 4^ Commissione, che il risultato finale,
semprechè venisse raggiunto, sarà un timido compromesso, verosimilmente
ipotizzabile in una modesta rivisitazione estetica della normativa esistente,
senza pervenire ad una reale e sostanziale modifica dell’anacronistica
disciplina che regola il triplice rapporto tra Rappresentanze Militari –
Amministrazione Difesa ed Istituzioni Politiche, anche se tutti i protagonisti
ne invocano la necessità.
Lo vogliamo, anzitutto, noi Rappresentanti elettivi dei Militari ed
usufruitori principali della Riforma, in quanto percettori diretti di una
crescente sensibilità e maturità della collettività militare, ormai pronta ad
assumere un ruolo più responsabile e cosciente in relazione al nuovo modello di
Difesa delineato per le FF.AA. ed all’esigenza di un continuo
adeguamento/potenziamento del Sistema Sicurezza, del quale gli altri due Corpi
Militari (Arma Carabinieri e Corpo della Guardia di Finanza) costituiscono una
componente essenziale.
Lo vogliono anche gli Stati Maggiori ed i Comandi Generali, pienamente
consapevoli che solo una Rappresentanza militare più attiva e maggiormente
coinvolta nei processi di formazione ed attuazione della Policy Militare, con
riferimento ai peculiari aspetti economici – sociali – assistenziali –
previdenziali, possa rivelarsi estremamente proficua e frenare, nel contempo, le
aspirazioni latenti, sopite ma mai abbandonate, verso forme di Rappresentanze
Sindacali esterne e completamente autonome.
Lo volete certamente anche voi Politici, giacchè non potete continuare a
restare sordi ed insensibili alla reiterante richiesta di dignitosa
equiparazione istituzionale, per quanto compatibile, delle Rappresentanze
Militari con le Rappresentanze Sindacali delle FF.PP. ad ordinamento civile.
Purtroppo questa volontà riformatrice, pur essendo comune e, riteniamo,
genuina non ipocrita, viene frenata da un’approccio concettuale distorto alla
difficile tematica, che alimenta, purtroppo, una reciprocità di sospetti,
timori, rivendicazioni, resistenze, reazioni….
Se, ad esempio, la Rappresentanza Militare “rivendica maggiori poteri” per
assumere un ruolo più partecipativo e cosciente, l’Amministrazione Militare teme
che ciò determini necessariamente un’equivalente ridimensionamento dell’Azione
di Comando: questa contrapposizione, questo dualismo ideologico, è sufficiente
per “obbligare” la maggioranza governativa del momento verso scelte di modifiche
normative equidistanti, tali che di fatto non alterino, nell’insieme, le
posizioni giuridiche consolidate dei due soggetti protagonisti.
Persistendo tali riserve mentali è presumibile ipotizzare che questo
interminabile giuoco di conservazione dell’equilibrio normativo attuale, ormai
iniziato da qualche decennio e perciò protrattosi sotto Governi differenti,
difficilmente potrà essere ”scombinato” da eventuali sortite di proposte
modificative di vario genere, siano esse provocatoriamente
involutive/conservatrici siano esse demagogicamente progressiste/democratiche.
Per uscire da questa “impasse”, dovremmo avere il coraggio di fare tutti un
passo indietro ed insieme procedere ad una profonda riflessione, in modo che si
pervenga ad un approccio completamente diverso, tale da concepire la Riforma
della R.M. non come “la resa dei conti” tra due contendenti, né il momento
politico giusto per “imprigionare” con regole più restrittive le presunte
velleità ed intolleranze talora espresse dai delegati, ma neppure come
l’ennesimo tentativo di “fiaccare” l’Autorità istituzionale, Politica e
Militare, a vantaggio di un potere sociale espresso dalla collettività.
Piuttosto, la Riforma della R.M. dovrebbe essere vissuta da tutti noi, né più
né meno, come un aspetto particolare del complesso movimento
riformista/istituzionale della Pubblica Amministrazione, già avviato in vari
settori da alcuni anni e che costituisce un preciso programma Politico
Bipartisan.
La stessa esigenza, universalmente riconosciuta, di snellire e rendere
efficiente il gigantesco apparato burocratico della Pubblica Amministrazione con
l’obiettivo principale di renderlo rispondente alle aspettative di uno Stato
Moderno, Democratico/Liberale, i cui Cittadini siano veramente considerati tali
e non (mal)trattati da sudditi, dovrebbe costituire l’elemento ispiratore di una
Riforma della R.M., finalizzata a migliorare la capacità operativa
dell’Amministrazione Militare, che non può essere conseguita solo mediante un
impegnativo processo, selettivo quanto costoso, di riorganizzazione
strutturale/funzionale, ma anche e, soprattutto, realizzando una compiuta
valorizzazione di quel magnifico ed insostituibile Sistema d’Arma che resta
sempre l’essere umano.
Valorizzazione nella sua accezione più autentica, da non fraintendere con la
vile mercificazione senza ideali e valori, ma che deve essere recepita quale
inarrestabile ed incontenibile volontà di partecipazione e di coinvolgimento
responsabile dell’uomo/soldato, affinché la sua vocazione, la sua “totale
dedizione al servizio”, rimarcata anche da un giuramento liberamente prestato,
si concretizzi in una prontezza/obbedienza operativa immediata e pienamente
cosciente, non cieca (irresponsabile!) nè robotica (senz’anima!).
Se tutti concordiamo su questa modalità d’approccio concettuale e sulle
finalità da conseguire, certamente sarà molto più facile accordarsi anche su
quegli istituti giuridici che possono veramente innovare l’attuale disciplina
della Rappresentanza Militare.
- Istituzionalizzare e rendere obbligatorio il confronto costruttivo tra
Rappresentanze Militari e Comandanti, a qualunque livello, quale premessa
indispensabile per favorire un dialogo diretto leale e sereno, superando la
farraginosa mediazione burocratica impostata sul binomio improduttivo delibera -
risposta.
- Individuare, senza pregiudizio e chiusura mentale, le materie aventi
rilevanza diretta e/o riflesso sociale sulle condizioni di vita del personale
militare, in relazione alle quali il processo decisionale del Comandante si
debba avvalere, a ciascun livello gerarchico, del contributo e dell’apporto
degli Organismi di Rappresentanza.
- Lustrare l’Autorità Militare, ancorandola non al dogma stantio
dell’infallibilità decisionale, ma piuttosto, all’ autorevolezza, intrinseca
allo stesso ordinamento gerarchico, di controllare, indirizzare e correggere le
azioni adottate a qualunque livello, affinché l’attività di Comando sia sempre
sollecita ad individuare, in relazione ai specifici compiti Istituzionali ed
alla propria sfera di competenza, le soluzioni tematiche più giuste e più
efficienti, nell’interesse del personale e della stessa Amministrazione.
- Attribuire alle Rappresentanze una responsabile compartecipazione, a
similitudine degli Organismi Sindacali delle Forze di Polizia, nella definizione
della Policy Politico/Militare in relazione ai trattamenti economici,
previdenziali, assistenziali….
- Coinvolgere ciascun Organismo di Rappresentanza, soprattutto di Base, in
una attività di diffusione capillare e di verifica attuativa, parallela alla
catena di Comando, delle decisioni adottate dai Vertici Politico-Militari,
affinché presso nessun Reparto vengano posti in essere attività diverse o
addirittura contrarie, come capita spesso di riscontrare, con conseguenti gravi
sperequazioni sul personale.
Sono questi, a mò d’esempio, alcuni principi che potrebbero essere presi in
considerazione per una Riforma sostanziale condivisibile da tutti, idonea ad
apportare anche un salto qualitativo alla stessa efficienza dell’Amministrazione
Militare.
Non intendiamo prolungarci oltre, ma resta un argomento di
fondamentale importanza sul quale vorremmo focalizzare il Suo interesse e la Sua
attenzione: la tutela del delegato.
Ancora oggi, a distanza di diversi lustri dalla nascita della Rappresentanza
Militare, persistono preoccupazioni, timori e rischi nel presentare la propria
candidatura di delegato e nell’esercitare tale attività. Purtroppo,
l’assimilazione originaria della Rappresentanza Militare ad una setta di
Carbonari in uniforme, nemici delle Istituzioni militari, non è stata ancora del
tutto completamente abbandonata…. Diversi e continui sono gli episodi,
riferibili all’Organizzazione Militare nel suo complesso di Forze Armate e di
Corpi Militari, che evidenziano, nei confronti dei membri della Rappresentanza
Militare, pressioni, minacce, vessazioni, situazioni ascrivibili a mobbing in
genere….
Non mancano neppure le denunce penali, determinate soprattutto dalla
lacunosità di una normativa che si presta ad interpretazioni distorte. Un
esempio significativo: in quel di Verona un delegato è stato
rinviato a giudizio (previsto il giorno 21 c.m.) per “disobbedienza
aggravata”, giacchè non aveva ottemperato all’ordine, impartito dal Presidente
del Cobar locale, di svolgere l’incarico di Segretario. Un’assurdità!. Ma ciò è
la conseguenza della coesistenza all’interno della Rappresentanza di due
principi Istituzionali antitetici: quello gerarchico/disciplinare e quello
democratico/elettivo. Quale deve essere la linea di demarcazione? Quando l’uno
prevale sull’altro? Quando il valore istituzionale, che incardina uno dei due
principi, ha precedenza sull’altro?.
Sono domande che richiedono un intervento legislativo chiaro e puntuale per
evitare che l’essenza stessa democratica della Rappresentanza Militare sia
soffocata da comportamenti e/o interpretazioni fuorvianti e sconcertanti come è
avvenuto nell’esempio sopraccitato. Infatti, la vigente normativa non sembra
attribuire affatto al Presidente Cobar il potere di “decretare” incarichi, ma
gli conferisce soltanto la facoltà di “designare”, tra una rosa di delegati
precedentemente scelti dall’intero Consiglio, il Segretario, al quale non può
essere disconosciuto, come in qualunque altro organismo democraticamente eletto,
la facoltà di rinuncia o di dimissione. Nella fattispecie concreta, poi, la
funzione di Segretario era stata già svolta in precedenza dallo stesso soggetto;
anche per questo, pertanto, la decisione di non riassumere l’incarico meritava
un comprensibile rispetto, e non provocare, invece, la reazione di un
imposizione autoritaria, quasi che il rifiuto violasse il principio di
obbedienza gerarchica, cardine inconfutabile dell’organizzazione militare. Dello
stesso avviso, ahimè, sono stati anche i pigri e frettolosi consulenti giuridici
del Comandante di Corpo, al quale non è rimasta altra scelta se non quella di
effettuare apposita denuncia alla Magistratura Penale competente.
Così, mentre gli addetti ai lavori dissertano sulle modalità e sugli
strumenti normativi più idonei per tutelare i membri della Rappresentanza
Militare, Domenico, tale è il nome di battesimo del collega imputato, si ritrova
solo, ma forte della sua onesta convinzione e della sua dignità di cittadino con
le stellette, a difendere, dinanzi ad un collegio giudicante, il principio
irrinunciabile di noi tutti rappresentanti ad esprimere liberamente il proprio
impegno e la propria partecipazione all’attività di delegato.
Tutti dovremmo augurarci che la magistratura giudicante possa acclarare
l’assoluta liceità del comportamento di delegato che affermi la sua libertà
nell’esercitare la funzione e il mandato elettorale, senza tener conto delle
decisioni altrui. La disobbedienza militare qui non dovrebbe c’entrare per
niente!. Il primo principio da tutelare, in qualunque circostanza, è quello di
riconoscere a qualunque delegato la libertà di esercitare, senza imposizioni e
senza condizionamenti, il proprio mandato, salvo poi a rispondere degli effetti
illeciti del suo “modus operandi”. La negazione di tale principio basilare
pregiudica la credibilità stessa della Rappresentanza Militare ed incoraggia
inevitabilmente antiche rivendicazioni verso forme sindacali esterne.
Per questo, oggi, tutto il mondo politico e militare dovrebbe avvertire
l’obbligo morale di manifestare la più sincera e convinta solidarietà umana a
Domenico, sperando fortemente che la magistratura riconosca quanto prima la sua
onestà mentale e la buona fede del suo comportamento.
Quanto sopra, Onorevole COSSIGA, vuole essere soltanto uno spunto di
riflessione, un modesto contributo di tutta la Sezione Aeronautica alla nobile
causa della Riforma della Rappresentanza Militare, di cui Ella, nelle vesti di
relatore, continua ad apparire un alfiere accreditato..
IL PRESIDENTE DEL CO.CE.R. – A.M.
(T. Col. Ermanno PESCHIULLI)