XIV
LEGISLATURA
PROGETTO DI LEGGE - N. 1958/2001
Disegno
di legge n° 1958/2001
Relazione
Introduttiva
PROPOSTA
DI LEGGE
Art.
1
(Diritto
di associazione dei militari).
1. In attuazione degli articoli
39 e 52 della Costituzione, è riconosciuto agli appartenenti alle Forze armate
e alle Forze di polizia ad ordinamento militare il diritto di associarsi in
sindacati e organizzazioni professionali.
2. Gli appartenenti alle Forze
armate e alle Forze di polizia ad ordinamento militare possono aderire ad
organizzazioni di carattere sindacale formate, dirette e rappresentate da
appartenenti, rispettivamente, all'Aeronautica, all'Esercito, alla Marina,
all'Arma dei carabinieri e al Corpo della guardia di finanza in attività di
servizio o comunque assoggettabili ad obblighi di servizio. L'adesione è
libera, volontaria ed individuale.
3. Le organizzazioni sindacali o
professionali formate ai sensi del presente articolo possono coordinarsi tra
loro nonché aderire, affiliarsi o avere relazioni di carattere organizzativo
con altre associazioni sindacali.
Art.
2.
(Facoltà
e limiti dell'azione sindacale).
1. Gli appartenenti alle Forze
armate e alle Forze di polizia ad ordinamento militare non esercitano il diritto
di sciopero o azioni sostitutive di esso che possano pregiudicare il servizio.
2. L'attività sindacale si
svolge senza interferire con le attività di servizio ed operative. Alle
organizzazioni sindacali è tuttavia riconosciuto il diritto di riunirsi nelle
infrastrutture delle amministrazioni di rispettiva appartenenza nel limite di
dieci ore annue in orario di servizio e senza limiti di tempo al di fuori del
normale orario di servizio.
3. Per l'attribuzione ai
sindacati di cui all'articolo 1 della presente legge dei poteri di
contrattazione nazionale e decentrata si applicano le norme di cui alla legge 6
marzo 1992, n. 216, e al decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 195, e
successive modificazioni.
Art.
3.
(Diritti
dei dirigenti sindacali).
1. Il Ministro per la funzione
pubblica, di concerto, rispettivamente, con il Ministro della difesa e con il
Ministro dell'economia e delle finanze in relazione alle rispettive competenze,
concorda con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative le
collocazioni in aspettativa spettanti ad ogni singola organizzazione sindacale
di categoria, sia a livello nazionale che a livello territoriale.
2. I componenti degli organi
statutari dei sindacati di cui all'articolo 1 che non si trovino in aspettativa
in base al comma 1 del presente articolo sono autorizzati, su richiesta dei
dirigenti della rispettiva organizzazione e salve inderogabili esigenze di
servizio, ad usufruire di permessi retribuiti per il tempo strettamente
necessario all'espletamento della normale attività sindacale e per la
partecipazione alle riunioni degli organi di appartenenza.
3. Ai militari collocati in
aspettativa ai sensi del comma 1 si applica il trattamento giuridico ed
economico previsto per il personale del pubblico impiego in analoga posizione.
Art.
4.
(Consigli
nazionali dei rappresentanti).
1. Sono istituiti:
a) il Consiglio nazionale dei rappresentanti per i militari appartenenti
all'Aeronautica, all'Esercito, alla Marina e al Corpo delle capitanerie di
porto;
b) il Consiglio nazionale dei rappresentanti per gli appartenenti all'Arma dei
carabinieri;
c) il Consiglio nazionale dei rappresentanti per gli appartenenti al Corpo
della guardia di finanza.
2. I Consigli nazionali dei
rappresentanti militari, di seguito denominati "Consigli", deliberano
congiuntamente per le materie di interesse generale, separatamente per Consiglio
nazionale per le materie di specifica rilevanza per ciascun Consiglio.
3. I regolamenti interni di
ciascun Consiglio definiscono le modalità di riunione e di deliberazione per
sezioni di Forza armata o per categoria.
Art.
5.
(Compiti
dei Consigli).
1. I Consigli esprimono pareri e
raccomandazioni relativamente ai riflessi sullo stato e sul benessere dei
militari in relazione alle disposizioni e alle norme riguardanti il servizio, i
trasferimenti, la formazione professionale dei militari e che siano escluse in
quanto inerenti il servizio e la disciplina dalla competenza delle
organizzazioni sindacali di cui all'articolo 1.
2. I Consigli hanno inoltre
competenza relativamente alla tutela e al benessere del personale impegnato in
servizio collettivo al di fuori del territorio nazionale.
3. Ciascun Consiglio presenta
annualmente al Ministro della difesa o al Ministro dell'economia e delle finanze
un rapporto sulla condizione militare. Il Ministro trasmette la relazione, con
le osservazioni eventuali, al Parlamento entro il 31 gennaio di ogni anno.
Art.
6.
(Elezione
dei rappresentanti e funzionamento dei
Consigli).
1. I componenti i Consigli sono
eletti con voto diretto e segreto dagli appartenenti a ciascuna Forza armata o
Forza di polizia ad ordinamento militare in ragione di un rappresentante ogni
1.500 aventi diritto al voto, o frazione di 1.500.
2. La composizione di ciascun
Consiglio è stabilita in modo da garantire che nessuna categoria detenga la
maggioranza dei voti. Il presidente, il segretario e l'ufficio di presidenza
sono eletti tra i componenti di ciascun Consiglio. La presidenza delle riunioni
congiunte è assunta, a rotazione, dal presidente di ciascun Consiglio.
3. L'elezione dei rappresentanti
del Consiglio avviene su liste nazionali presentate da almeno duecento aventi
diritto al voto, separatamente per le categorie degli ufficiali, dei
marescialli, dei sergenti e militari di truppa in servizio volontario, nonché,
fino alla cessazione del servizio di leva, dei militari di leva.
4. I rappresentanti eletti nei
Consigli restano in carica per tre anni e per non più di due mandati
successivi.
5. Sono istituiti in Roma l'ente
denominato "Consiglio nazionale dei rappresentanti delle Forze
armate", alle dirette dipendenze del Capo di stato maggiore della difesa, e
l'ente denominato "Consiglio nazionale dei rappresentanti del Corpo della
guardia di finanza", alle dirette dipendenze del Comandante generale della
guardia di finanza.
6. I rappresentanti eletti nei
Consigli sono trasferiti per la durata del mandato agli enti di cui al comma 5.
Gli enti hanno autonomia amministrativa e contabile e sono posti al comando del
rappresentante eletto più anziano.
7. L'elezione nei Consigli
costituisce titolo ai fini della progressione di carriera.
Art.
7.
(Deleghe
al Governo).
1. Il Governo è delegato ad
emanare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un
decreto legislativo recante modifiche all'articolo 2 della legge 6 marzo 1992,
n. 216, e al decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 195, e successive
modificazioni, al fine di adeguarli ai princìpi e criteri direttivi stabiliti
dalla presente legge.
2. Il decreto legislativo di cui
al comma 1 deve stabilire in particolare:
a) nuove modalità di contrattazione centrale per le rappresentanze del
personale delle Forze armate e delle Forze di polizia ad ordinamento militare,
ai sensi di quanto previsto dalla presente legge;
b) modificazioni agli articoli 4 e 5 del decreto legislativo 12 maggio 1995, n.
195, e successive modificazioni, al fine di adeguare le materie oggetto della
contrattazione alle disposizioni previste per le Forze di polizia ad ordinamento
civile;
c)
la previsione di accordi decentrati a livello periferico, specificando altresì
che le modalità ed i contenuti saranno definiti da accordi nazionali con le
organizzazioni sindacali; tali accordi, senza comportare alcun onere aggiuntivo,
individuano i criteri applicativi delle norme e dei contratti e sono diretti a
garantire un costruttivo rapporto tra rappresentanze e amministrazioni nel
rispetto dei diritti individuali, dei doveri e dell'efficienza del servizio.
3. Il Governo è altresì
delegato ad emanare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della
presente legge, uno o più decreti legislativi recanti norme per la definizione
delle modalità di elezione e l'organizzazione dei Consigli, secondo i princìpi
e criteri direttivi stabiliti dalla medesima legge.
4. Gli schemi dei decreti
legislativi di cui ai commi 1 e 3 sono trasmessi al Parlamento ai fini
dell'esame da parte delle competenti Commissioni, che esprimono il relativo
parere entro due mesi dalla data di assegnazione.
Art.
8.
(Norme
abrogate).
1. Gli articoli 7, 8, 18, 19 e
20 della legge 11 luglio 1978, n. 382, e successive modificazioni, sono
abrogati.
Art.
9.
(Entrata
in vigore).
1. La presente legge entra in
vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
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RELAZIONE
INTRODUTTIVA
D.L. N° 1958
Onorevoli Colleghi! - La legge n. 382 del 1978, meglio nota come
"legge dei princìpi", introdusse per la prima volta nell'ordinamento
militare la nozione di rappresentanza soggettiva del militare in relazione alla
tutela dei propri diritti individuali e collettivi, nonché il principio che
anche il militare è titolare di interessi legittimi che non possono ritenersi
conclusi nell'ambito del rapporto gerarchicodisciplinare.
Con l'affermazione di questo
principio di democrazia, nasceva all'interno delle Forze armate italiane la
"rappresentanza militare", un complesso sistema di organismi elettivi,
sostanzialmente articolato su tre livelli, con un sistema elettorale di secondo
grado che solo parzialmente garantisce una reale rappresentatività delle
istanze e delle aspirazioni del personale militare. Principio fondante della
rappresentanza militare è di essere un organismo dell'organizzazione militare,
ed in quanto tale inserito nel sistema gerarchico-disciplinare. Ne conseguono
alcune peculiarità strutturali, talvolta contraddittorie rispetto alla sua
natura di organismo rappresentativo. Citiamo, tra quelle più discusse, la
presidenza dei consigli della rappresentanza affidata ex jure al membro
più alto in grado, l'impossibilità di una comunicazione autonoma con l'esterno
dell'organizzazione, la rigida articolazione in comparti di categoria e di
ruolo, la conseguente non corrispondenza tra consistenza della rappresentanza e
dimensione della base rappresentata.
A quasi un quarto di secolo da
quella riforma, che fu certamente rivoluzionaria rispetto alle condizioni di
allora, il sistema della rappresentanza mostra tutti i suoi limiti.
Da almeno un decennio questa
insufficienza è avvertita, ma le soluzioni prospettate sono state per lo più
contraddittorie, nel migliore dei casi, se non addirittura regressive rispetto
alla condizione giuridica esistente.
Tra quanti si sono posti
concretamente negli anni più recenti la questione di quali soluzioni proporre
per restituire al sistema della rappresentanza una reale capacità di
interlocuzione sia con la gerarchia che con la base rappresentata, è stato
sempre ben presente l'interrogativo sulla natura formale e sostanziale di questo
organismo. Il tema di confronto più rilevante è naturalmente relativo alla
capacità reale di una struttura interna all'organizzazione militare di
esprimere con sufficiente autorevolezza contenuti propri di una dialettica che
in altri settori della pubblica amministrazione assume naturalmente anche forme
conflittuali proprie della rappresentanza sindacale.
Si può immaginare l'adozione,
anche per le Forze armate, di un sistema di rappresentanza del personale con le
forme proprie del sindacato, oppure la speciale natura dello strumento militare
preclude questa possibilità? La domanda non è né banale, né è semplice la
risposta.
E' ben vero che bisogna
distinguere, quando si parla di rappresentanza militare, tra i due comparti in
cui sostanzialmente si articola: il comparto sicurezza, al quale appartengono
l'Arma dei carabinieri e il Corpo della guardia di finanza, e il comparto
difesa, del quale fanno parte le tre Forze armate, compreso il Corpo delle
capitanerie di porto la cui natura ibrida non ne rende facile una
classificazione.
Questa distinzione sottolinea la
principale contraddizione interna al sistema della rappresentanza militare, e
cioè la rilevante differenza di condizione e di rappresentanza esterna che
contraddistingue nel nostro Paese le Forze di polizia ad ordinamento civile
(Polizia di stato e Polizia penitenziaria) rispetto a quelle militarmente
ordinate (Arma dei carabinieri, Corpo della guardia di finanza e, per alcuni
aspetti, Corpo delle capitanerie di porto). Di fatto, cittadini che svolgono
sostanzialmente il medesimo servizio di polizia vivono diverse condizioni
personali in virtù del permanere, nel nostro Paese, dell'anacronismo
rappresentato da corpi di polizia ad ordinamento militare che svolgono tuttavia
compiti essenzialmente civili. Ciò è del tutto vero per la Guardia di finanza,
lo è sostanzialmente anche per i Carabinieri, i cui compiti residui di polizia
militare e di sicurezza riguardano forse meno del 15 per cento della forza
organica. Si tratta tuttavia di un tema che esula dall'oggetto di questa
proposta di legge, anche se si riferisce ad una problematica che dovrà essere
affrontata nel breve periodo.
Nel quarto di secolo di vita
della rappresentanza sono anche intervenute sostanziali novità per quanto
riguarda la struttura del nostro apparato militare, oltre che per le missioni
affidategli. La più recente delle riforme, quella relativa alla
professionalizzazione delle Forze armate, è anche quella che maggiormente
impatta con problematica della rappresentanza del personale.
In effetti uno degli elementi
sui quali era stato fondato il sistema della rappresentanza militare, così come
voluto dal legislatore con la legge n. 382 del 1978, era costituito proprio
dalla coesistenza all'interno delle Forze armate di un nucleo maggioritario di
personale composto dai militari di leva, per i quali doveva essere garantita
comunque una forma di espressione delle istanze collettive.
Con la fine, ormai prossima, del
sistema di reclutamento ibrido e con la completa professionalizzazione delle
Forze armate, il problema della rappresentanza militare deve porsi
necessariamente in termini diversi.
Negli ultimi anni si è
assistito allo sviluppo di una pletora di associazioni che a vario titolo si
propongono di difendere gli interessi del personale militare. Alcune di queste
associazioni dichiarano di contare su parecchie migliaia di aderenti, tutti
militari in servizio.
Nel 1999, la Corte
costituzionale, investita del problema della legittimità costituzionale
dell'articolo 8 della legge n. 382 del 1978, aveva dichiarato "non
incostituzionale" il divieto per i militari di costituire associazioni
professionali o sindacali. La stessa Corte, tuttavia, ribadiva nella sua
sentenza come dovesse essere il legislatore a definire la disciplina associativa
per i militari.
La richiesta di una diversa
possibilità di rappresentanza per i militari in servizio è diventata sempre più
forte, in concomitanza del progressivo svuotamento di ruolo dei consigli
esistenti, stretti tra insensibilità della linea di comando e ambizioni
politiche di alcuni loro membri che hanno talvolta cercato, in tempi recenti, di
condizionarne l'attività.
L'insoddisfazione del personale
militare verso un istituto importante ma che mostra evidentemente anche i propri
limiti oggettivi, ha portato anche a numerosi pronunciamenti degli stessi
organismi rappresentativi, fortemente critici nei confronti di proposte di
riforma puramente nominalistiche.
Ultima in ordine di tempo, la
delibera votata da ben 58 COBAR dell'Esercito, riuniti in assemblea dal COIR del
Comando delle Forze operative terrestri (categoria B, sottufficiali) il 10
ottobre 2001, con la quale si propone una modifica della normativa in essere,
nel senso di consentire libertà di associazione dei militari a organizzazioni
di carattere sindacale e professionale.
Analogamente, in occasione della
riunione a Roma il 7 e 8 novembre 2001 dei delegati del COCER e dei COIR
dell'Esercito (categoria sottufficiali), i delegati hanno espresso una forte
critica e manifestato formale sfiducia al COCER per la proposta di riforma delle
rappresentanze avanzata dallo stesso, proponendo in alternativa libertà di
associazione sindacale.
Sembrano dunque maturi i tempi
per garantire ai militari il diritto di aderire a libere associazioni di
carattere sindacale. In tale senso va la nostra proposta di legge, che prevede
un doppio sistema di rappresentanza, uno libero costituito da organizzazioni
sindacali per il personale militare della difesa, che dovrà garantire
sostanzialmente la contrattazione e la difesa degli interessi collettivi dei
militari, ed un altro, interno alla struttura gerarchica, costituito da un solo
livello di rappresentanza eletto con suffragio generale e diretto, su liste, al
quale affidare la tutela del personale rispetto a trasferimenti, organizzazione
del lavoro, turni, nonché garantire la protezione degli interessi dei militari
impegnati in missioni all'estero.