Si legge quanto appresso nel testo della
sentenza:
««Con sentenza pronunziata il 28/4/1998 il Tribunale militare di Verona
ha condannato P.G. alla pena di mesi nove di reclusione militare per i
reati di disobbedienza aggravata, insubordinazione, ingiuria.
Con sentenza di secondo grado pronunziata il 14/12/1998 la Corte Militare
di Appello, sezione distaccata di Verona, ha assolto l’imputato dai
reati di insubordinazione ed ingiuria, rideterminando in mesi due di
reclusione militare la pena per il reato di disobbedienza aggravata e
continuata (artt. 81 c.p., 173 e 47 nn. 2 e 4 c.p.m.p.) consistente
nell’avere rifiutato di sottoscrivere "per presa conoscenza"
le note caratteristiche e la dichiarazione di mancata redazione di
documentazione caratteristica.
I giudici di primo e di secondo grado hanno ritenuto manifestamente
infondata la eccezione di illegittimità costituzionale dell’art. 19
D.P.R. 15/6/1965, n.1431, che impone l’obbligo della sottoscrizione,
trattandosi di norma regolamentare, sottratta come tale al sindacato della
Corte Costituzionale.
Nel merito la Corte di appello ha desunto la prova della responsabilità
per il reato di disubbidienza dalle concordi ed univoche dichiarazioni dei
testi sul rifiuto dell’imputato di obbedire al comandante della
Compagnia che gli aveva ordinato di sottoscrivere prima le note
caratteristiche e poi la dichiarazione di mancata redazione di
documentazione caratteristica. In ordine all’elemento soggettivo del
reato ha ritenuto sufficiente il dolo generico consistente nella
consapevole volontà di rifiutare l’obbedienza ad un ordine del
superiore, attinente al servizio.
Contro la sentenza di appello il difensore dell’imputato ha proposto
ricorso per cassazione deducendo, con tre motivi, nell’ordine:
la illegittimità costituzionale
dell’art. 19 del D.P.R. 15/6/1965, n. 1431, nella parte in cui
stabilisce che il militare deve firmare il documento relativo al
rapporto informativo, per contrasto con gli artt. 3, 23 e 24 Cost.;
la erronea applicazione dell’art. 173
c.p.m.p. perché il rifiuto della sottoscrizione non ha creato alcun
disservizio e deve ritenersi sanzionabile soltanto in via disciplinare
a sensi dell’art. 38 c.p.m.p.;
la erronea applicazione dell’art. 42
c.p. in ordine al dolo, avendo l’imputato manifestato più volte la
volontà di obbedire, chiedendo solo che fosse dato atto, a causa del
contenuto negativo delle note caratteristiche, che la sottoscrizione
era apposta in adempimento di un ordine del superiore.
Motivi della decisione
La questione di legittimità
costituzionale, dedotta con il primo motivo, è inammissibile perché,
come ha già puntualmente rilevato la sentenza di appello, concerne non
una legge o altro atto avente forza di legge (art. 134 Cost.) ma soltanto
una norma regolamentare.
Per altro, nel caso concreto, la detta norma regolamentare non è
presupposta o richiamata dalla norma incriminatrice (art. 173 c.p.m.p.) la
quale punisce il rifiuto all’ordine del superiore, non già il mancato
adempimento dell’obbligo di sottoscrizione previsto dal regolamento.
Per il resto il ricorso è infondato.
In particolare il secondo motivo contesta la "attinenza al
servizio" della sottoscrizione, per presa conoscenza, da parte del
militare, delle note caratteristiche, e ne deduce la insussistenza del
reato contestato.
La censura è infondata perché la sottoscrizione ha la funzione di
rendere certa ed incontestabile la avvenuta comunicazione al militare del
contenuto delle note caratteristiche. È pur vero che il regolamento
avrebbe potuto prevedere che, in caso di rifiuto di sottoscrivere, la
comunicazione potesse risultare anche da una certificazione
dell’ufficiale che vi ha provveduto, ad analogia di quanto avviene nel
caso di rifiuto a ricevere la notifica di un atto da parte
dell’ufficiale giudiziario. Tuttavia è incontestabile che la previsione
della sottoscrizione per presa conoscenza tende a snellire la procedura di
comunicazione e rendere incontestabile l’esatto adempimento
dell’obbligo da parte del superiore e l’avvenuta tutela del diritto di
conoscenza da parte del militare sottoposto. È certa pertanto la
attinenza al servizio dell’ordine di sottoscrivere le note
caratteristiche, così come è certo il disservizio che consegue al
rifiuto di sottoscrivere.
Con il terzo motivo è stata invece eccepita la mancanza di dolo e la
conseguente violazione dell’art. 42 c.p. in quanto l’imputato non
avrebbe avuto la volontà di disobbedire all’ordine ma avrebbe voluto
soltanto contestare il contenuto delle note caratteristiche. Egli in
sostanza avrebbe voluto evitare che la sottoscrizione potesse essere
interpretata come acquiescenza al contenuto negativo delle note.
Anche questa censura è infondata perché i giudici di appello hanno
chiaramente precisato, richiamando il contenuto delle dichiarazioni dei
testimoni presenti al fatto, che l’imputato ha reiteratamente
disobbedito, in giorni successivi, all’ordine esplicito di sottoscrivere
per presa conoscenza il documento contenente le proprie note
caratteristiche, ordine impartito dall’ufficiale che aveva provveduto a
comunicargli dette note.
La affermazione, ora contenuta nel ricorso, secondo cui l’imputato
avrebbe nella sostanza manifestato la volontà di adempiere, sia pure a
certe condizioni, piuttosto che quella di disobbedire, costituisce una
mera allegazione difensiva in punto di fatto, contrastante con
l’accertamento fatto dai giudici di merito.
Il ricorso deve essere perciò rigettato con la conseguente condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
la Corte dichiara
inammissibile la dedotta questione di legittimità costituzionale;
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali»».
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