SENTENZA N.81
ANNO 1980
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente
Avv. Leonetto AMADEI,
Giudici
Dott. Giulio GIONFRIDA
Prof. Guido ASTUTI
Dott. Michele ROSSANO
Prof. Antonino DE STEFANO
Prof. Leopoldo ELIA
Prof. Guglielmo ROEHRSSEN
Avv. Oronzo REALE
Dott. Brunetto BUCCIARELLI
DUCCI
Avv. Alberto MALAGUGINI
Prof. Livio PALADIN
Dott. Arnaldo MACCARONE
Prof. Antonio LA PERGOLA
Prof. Virgilio ANDRIOLI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità
costituzionale dell'art. 37, primo comma, del codice penale militare
di pace e dell'art. 8 della legge 23 marzo 1956, n. 167, nella parte in cui
modifica l'art. 264 del detto codice, promosso con ordinanza emessa i1 26
febbraio 1975 dal giudice istruttore del tribunale militare
territoriale di Padova nel procedimento penale a carico di Carozza Vincenzo,
iscritta al n. 133 del registro ordinanze 1975 e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 159 del 18 giugno 1975.
Visto l'atto di intervento del
Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica
del 19 dicembre 1979 il Giudice relatore Livio Paladin;
udito l'avvocato dello Stato
Giuseppe Angelini Rota, per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Considerato in diritto
L'ordinanza di rimessione
isola dal suo contesto, deformandone il significato, quel passo della sentenza 8
aprile 1958, n. 29, in cui questa Corte ha affermato che la giurisdizione militare
in tempo di pace va circoscritta < nei limiti soggettivi e oggettivi >
precisati dal terzo comma dell'art. 103 Cost.: considerando non solo la <
qualità di appartenente alle Forze Armate dei soggetti >, ma anche il <
carattere obbiettivamente militare dei reati >.
Di qui, precisamente, il
giudice a quo fa derivare la pretesa illegittimità dell'art. 37, primo comma,
del codice penale militare di pace e dell'art. 8 della
legge 23 marzo 1956, n. 167 (sostitutivo dell'art. 264 c.p.m.p.): giacchè le
norme impugnate definirebbero i reati militari alla stregua di un < criterio
formalistico >, non integrabile con altri criteri < di ordine sostanziale
>, tali da estendere la giurisdizione dei tribunali militari ai casi in cui
si tratti di reati non previsti dalla legge penale militare,
pur essendo imputabili a soggetti militari e commessi in danno del servizio militare.
Così ragionando, tuttavia, il
giudice a quo trascura che la ricordata decisione della Corte concludeva nel
senso del l'infondatezza della questione di legittimità costituzionale con
cernente l'art. 264 c.p.m.p. (nel nuovo testo introdotto dalla legge n. 167 del
1956), in riferimento al terzo comma dell'art. 103 Cost.; e da tale norma non
traeva affatto la garanzia della giurisdizione militare,
nella sua configurazione precostituzionale, ma invece desumeva i limiti massimi
entro i quali può legittimamente svolgersi la giurisdizione stessa, come
risulta dall'avverbio < soltanto > sul quale s'impernia la frase relativa
ai tribunali militari operanti in tempo di pace. La permanente validità che la
Corte attribuisce a questi assunti basta, pertanto, a far considerare infondata
l'impugnativa dell'art. 264 c.p.m.p., riproposta dal giudice istruttore del
tribunale militare territoriale di Padova. E
parallelamente ne deriva l'infondatezza dell'analoga questione pertinente al
primo comma dell'art. 37 c.p.m.p.
Del resto, la definizione
contenuta nell'art. 37 dev'essere a sua volta valutata nel sistema in cui si
colloca: in vista del quale si può riscontrare che il legislatore non ha certo
configurato ad arbitrio i reati militari-come sembra credere il giudice a
quo-bensì ha tenuto conto del fatto che nei loro < elementi materiali
costitutivi > essi non sono previsti dalla legge penale comune o comunque
offendono, accanto ad interessi tutelati dalla legge stessa, interessi aventi
natura militare. Ed anche a ritenere che, in singoli
casi, tali criteri obiettivi siano stati disapplicati dalla legge penale militare,
le eventuali censure di legittimità costituzionale-mosse in riferimento
all'art. 103, terzo comma-non potrebbero mai ripercuotersi sull'intera nozione
del reato militare, fissata in via generale dall'art.
37, primo comma.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la
questione di legittimità costituzionale degli artt. 37, primo comma, e 264 del
codice penale militare di pace, sollevata dal giudice
istruttore del tribunale militare territoriale di
Padova, in riferimento all'art. 103, terzo comma, della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella
sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 05/06/80.
Leonetto AMADEI, PRESIDENTE
Livio PALADIN, REDATTORE
Depositata in cancelleria il
11/06/80.
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