SENTENZA N.73
ANNO 1980
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente
Avv. Leonetto AMADEI,
Giudici
Dott. Giulio GIONFRIDA
Prof. Guido ASTUTI
Dott. Michele ROSSANO
Prof. Antonino DE STEFANO
Prof. Leopoldo ELIA
Prof. Guglielmo ROEHRSSEN
Avv. Oronzo REALE
Dott. Brunetto BUCCIARELLI
DUCCI
Avv. Alberto MALAGUGINI
Prof. Livio PALADIN
Dott. Arnaldo MACCARONE
Prof. Antonio LA PERGOLA
Prof. Virgilio ANDRIOLI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi riuniti di
legittimità costituzionale dell'art. 264 c.p.m.p., come modificato dall'art. 8
della legge 23 marzo 1956, n. 167, promossi con le seguenti ordinanze:
1) ordinanza emessa il 23
ottobre 1976 dalla Corte di cassazione-sez. Unite penali, nel conflitto di
giurisdizione denunciato dal giudice istruttore del tribunale militare
di Torino, nel procedimento penale a carico di Ravizza Giovanni, iscritta al n.
750 del registro ordinanze 1976 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 31 del 2 febbraio 1977;
2) ordinanza emessa il 23
ottobre 1976 dalla Corte di cassazione-sez. Unite penali, nel conflitto di
giurisdizione denunciato dal pretore di Napoli, nel procedimento penale a carico
di Conte Vincenzo ed altro, iscritta al n. 751 del registro ordinanze 1976 e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 31 del 2 febbraio 1977;
3) ordinanza emessa il 17
giugno 1977 dalla Corte di cassazione-sez. I penale, nel conflitto di
giurisdizione denunciato dal pretore di Piacenza, nel procedimento penale a
carico di Maroncelli Otello ed altro, iscritta al n. 439 del registro ordinanze
- 1977 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 327 del 30
novembre 1977;
4) ordinanza emessa l'8 giugno
1978 dal tribunale militare territoriale di Padova, nel
procedimento penale a carico di Gardellin Bruno, iscritta al n. 509 del registro
ordinanze 1978 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 17 del
17 gennaio 1979.
Visti gli atti di intervento
del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica
del 19 dicembre 1979 il Giudice relatore Livio Paladin;
udito l'avvocato dello Stato
Giorgio Azzariti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Considerato in diritto
1. - Tanto le tre ordinanze
emesse dalla Corte di cassazione quanto l'unica ordinanza del tribunale militare
territoriale di Padova, hanno riguardo a casi di concorso formale fra reati
militari e reati comuni: in ordine ai quali non opera la connessione oggettiva
prevista dall'art. 264 del codice penale militare di
pace, sicchè le due specie di procedimenti non ricadono tutte nella competenza
dell'autorità giudiziaria ordinaria, ma vanno suddivise fra i giudici ordinari
e quelli militari. Rendendo impossibile il simultaneus processus, ciò
discriminerebbe gli imputati-in contrasto con il principio costituzionale di
eguaglianza-rispetto a coloro che invece sono in grado di beneficiare della
regola dettata dal primo comma dell'attuale art. 81 cod. pen.
Ne deriva un'unica questione
di legittimità costituzionale, concernente l'art. 264 c.p.m.p. nella parte in
cui esclude il caso del concorso formale fra reati militari e reati comuni dalle
ipotesi di connessione e di conseguente competenza dell'autorità giudiziaria
ordinaria. Pertanto, i quattro giudizi vanno riuniti e congiuntamente decisi.
2. - L'impugnativa non può
essere accolta.
Già con la sentenza 28 luglio
1976, n. 196, la Corte ha dichiarato infondata l'analoga questione di
legittimità costituzionale dello stesso art. 264 c.p.m.p., in riferimento al
primo comma dell'art. 3 Cost., sollevata dal tribunale di Trani: argomentando
< che la situazione in cui viene a trovarsi il militare
che, in concorso formale, compie reati militari e reati non militari è
peculiare a lui solo >; aggiungendo-sia pure con riguardo ad un'altra
ordinanza di rimessione-che le disposizioni dell'art. 264 hanno coordinato la
norma costituzionale dell'art. 103 ultimo comma con i principi generali del
processo penale; e concludendo che il legislatore ha cosi < fatto uso della
sua discrezionalità in modo ... tale da non meritare censure >.
A questa stregua dev'essere
risolto anche il caso in esame, sebbene l'impugnativa non sia ora prospettata in
termini del tutto identici a quelli su cui si formò la precedente pronuncia
della Corte. Fermo rimane, comunque, che l'art. 264 primo comma ha inteso
attuare la parte finale dell'art. 103 Cost. (< I tribunali militari ... in
tempo di pace hanno giurisdizione soltanto per i reati militari commessi da
appartenenti alle Forze armate >): statuendo la competenza dell'autorità
giudiziaria ordinaria anzichè di quella militare (come
già disponeva, per tutte le ipotesi di connessione tra procedimenti relativi a
reati militari e comuni, il terzo comma dell'art. 49 cod. proc. pen.), quanto ai
giudizi riguardanti delitti commessi < da più persone >, le une soggette
alla legge penale comune, le altre alla legge penale militare.
Per contro, la norma si regge sul criterio di escludere la connessione, là dove
si tratti dei soli soggetti attivi di reati militari: come appunto si verifica
per la connessione soggettiva prevista dall'art. 45 n. 3 cod. proc. pen. (<
se una persona è imputata di più reati >), ivi compreso < chi con una
sola azione od omissione viola diverse disposizioni di legge ovvero commette
più violazioni della medesima disposizione di legge >, secondo la
definizione del concorso formale contenuta nel vigente testo dell'art. 81 primo
comma cod. pen. Non a caso, la stessa connessione soggettiva cessa di operare
agli effetti dell'art. 264 c.p.m.p., qualora si tratti di reati commessi gli uni
< in occasione > di altri.
Tali scelte legislative, che
pur formarono oggetto di discussioni nel corso dei lavori preparatori della
legge 23 marzo 1956, n. 167, non appaiono in contrasto con il principio
costituzionale di eguaglianza. Non diversamente che in tutte le altre ipotesi di
connessione di procedimenti, anche l'art. 8 della legge n. 167, dettando il
nuovo testo dell'art. 264 c.p.m.p., ha dovuto contemperare esigenze diverse ed
opposte, ma entrambe presenti nell'ordinamento giuridico: assicurando, da un
lato, la congiunta cognizione dei casi per i quali risultava impossibile o
comunque inopportuno mantenere separati i procedimenti; ma anche garantendo,
d'altro lato, la competenza del giudice normalmente ritenuto più idoneo a
risolvere determinate specie di controversie.
Ora, in vista di un tale
bilanciamento si giustifica che l'art. 264 c.p.m.p. non consideri alcune fra le
ipotesi previste nell'art. 45 cod. proc. pen., per cui la connessione si
presenta meno stringente o di grado meno elevato: qual e, senza dubbio, la
connessione soggettiva disposta dall'art. 45 n. 3. Nè la conclusione muta
nell'ipotesi del concorso formale, sebbene l'interferenza fra i relativi
procedimenti sia maggiore che negli altri casi di persone imputate di più
reati. Entro i limiti della ragionevolezza, appartiene infatti alla
discrezionalità legislativa stabilire e circoscrivere l'ambito di operatività
del simultaneus processus, senza che il diritto processuale debba fare
applicazione-a pena d'illegittimità costituzionale-di alcun criterio
rigidamente prefissato; e per averne una recente conferma basti ricordare, al di
là degli esempi citati dall'Avvocatura dello Stato, l'art. 48 bis cod. proc.
pen. (in tema di rilevanza della connessione), aggiunto dall'art. 2 della legge
8 agosto 1977, n. 534.
Del resto, giova notare come
la riunione dei procedimenti, relativi a reati comuni e militari che si assumano
commessi da una stessa persona in concorso formale, non rappresenti la strada
obbligata per raggiungere lo scopo cui mirano i giudici a quibus, cioé per
consentire che si applichi l'art. 81 cod. pen. La costante giurisprudenza della
Corte di cassazione è orientata nel senso che tale applicazione sia comunque
possibile, purchè i reati successivamente giudicati risultino meno gravi di
quelli per i quali sia stata già inflitta una condanna. E parallelamente,
quand'anche non sia dato ricorrere senz'altro al cosiddetto giudizio suppletivo,
può soccorrere il rimedio del rinvio del dibattimento a tempo indeterminato,
ordinato dal giudice secondo l'art. 432 cod. proc. pen., al fine di attendere il
passaggio in giudicato della sentenza destinata ad infliggere la pena-base per
la violazione più grave fra quelle commesse in concorso formale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la
questione di legittimità costituzionale dell'art. 264 del codice penale militare
di pace, sollevata in riferimento all'art. 3 Cost. dalle sezioni unite penali
della Corte di cassazione, dalla prima sezione penale della Corte stessa e dal
tribunale militare territoriale di Padova, con le
ordinanze indicate in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella
sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 08/05/80.
Leonetto AMADEI, PRESIDENTE
Livio PALADIN, REDATTORE
Depositata in cancelleria il
20/05/80.
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