CODICE PENALE MILITARE DI PACE
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libro secondo
DEI REATI MILITARI, IN PARTICOLARE.
Titolo I
DEI REATI CONTRO LA FEDELTÀ E LA DIFESA MILITARE.
Capo I
DEL TRADIMENTO.
Art. 77. Alto tradimento.
Il militare, che commette alcuno dei delitti contro
la personalità dello Stato preveduti dagli articoli 241, 276, 277,
283, 285, 288, 289 e 290-bis del codice penale, modificati dal decreto
legislativo luogotenenziale 14 settembre 1944, n. 288, e dalla legge
11 novembre 1947, numero 1317, è punito a norma delle corrispondenti
disposizioni dello stesso codice, aumentata di un terzo la pena della
reclusione.
E’ punito con l’ergastolo il militare che
commette alcuno dei delitti preveduti dagli articoli 242 e 284 del
codice penale per il solo fatto di essere insorto in armi, o di aver
portato le armi contro lo Stato, ovvero di aver partecipato ad una
insurrezione armata.
Art. 78. Istigazione all’alto tradimento;
cospirazione; banda armata.
E’ punito a norma delle corrispondenti
disposizioni del codice penale, aumentata la pena della reclusione da
un terzo alla metà:
1) il militare colpevole di istigazione o
cospirazione, dirette a commettere alcuno dei reati indicati nell’articolo
precedente;
2) il militare, che, per commettere alcuno dei
reati indicati nell’articolo precedente, promuove, costituisce od
organizza una banda armata, ovvero vi partecipa.
Art. 79. Offesa all’onore ed al prestigio del
Presidente della Repubblica.
Il militare che offende l’onore o il prestigio
del Presidente della Repubblica, o di chi ne fa le veci, è punito con
la reclusione militare da cinque a quindici anni.
Art. 80. Offesa al Capo del Governo.
(Abrogato).
Art. 81. Vilipendio della Repubblica, delle
istituzioni costituzionali e delle Forze armate dello Stato.
Il militare, che pubblicamente vilipende la
Repubblica, le Assemblee legislative o una di queste, ovvero il
Governo o la Corte costituzionale o l’ordine giudiziario, è punito
con la reclusione militare da due a sette anni.
La stessa pena si applica al militare che
pubblicamente vilipende le Forze armate dello Stato o una parte di
esse, o quelle della liberazione.
Art. 82. Vilipendio alla nazione italiana.
Il militare, che pubblicamente vilipende la nazione
italiana, è punito con la reclusione militare da due a cinque anni.
Se il fatto è commesso in territorio estero, si
applica la reclusione militare da due a sette anni.
Art. 83. Vilipendio alla bandiera nazionale o ad
altro emblema dello Stato.
II militare, che vilipende la bandiera nazionale o
un altro emblema dello Stato, è punito con la reclusione militare da
tre a sette anni.
Se il fatto è commesso in territorio estero, la
pena è della reclusione militare da tre a dodici anni.
Le disposizioni dei commi precedenti si applicano
anche al militare, che vilipende i colori nazionali raffigurati su
cosa diversa da una bandiera.
Art. 84. Intelligenze con lo straniero e
offerta di servizi.
Il militare, che tiene intelligenze con lo
straniero, dirette a favorire, per il caso di guerra con lo Stato
italiano, le operazioni militari di uno Stato estero, è punito con la
reclusione non inferiore a quindici anni.
Se trattasi di offerte di servizi non ancora
accettate, la pena è della reclusione non inferiore a dieci anni.
Art. 85. Soppressione, distruzione,
falsificazione o sottrazione di atti, documenti o cose concernenti
la forza, la preparazione o la difesa militare dello Stato.
Il militare, che, in tutto o in parte, sopprime,
distrugge, falsifica, ovvero carpisce, sottrae o distrae, anche
temporaneamente, atti, documenti o altre cose concernenti la forza, la
preparazione o la difesa militare dello Stato e che devono rimanere
segreti, è punito con la reclusione non inferiore a dieci anni.
Se il fatto ha compromesso la preparazione o la
difesa militare dello Stato, si applica l’ergastolo.
Agli effetti delle disposizioni di questo articolo,
non possono comunque essere considerati come segreti gli atti, i
documenti o altre cose che non abbiano destinazione esclusiva per le
Forze armate.
Capo II
DELLO SPIONAGGIO MILITARE E DELLA
RIVELAZIONE DI SEGRETI MILITARI.
Art. 86. Rivelazione di segreti militari, a scopo
di spionaggio.
Il militare, che rivela, nell’interesse di uno
Stato estero, notizie concernenti la forza, la preparazione o la
difesa militare dello Stato e che devono rimanere segrete, è punito
con l’ergastolo.
Art. 87. Accordo di militari per commettere
rivelazione di segreti militari, a scopo di spionaggio.
Quando due o più militari si accordano al fine di
commettere il reato preveduto dall’articolo precedente, ciascuno di
essi è punito, se il reato non è commesso, con la reclusione da
cinque a quindici anni.
Per i capi, i promotori e gli organizzatori, la
pena è della reclusione non inferiore a quindici anni.
Art. 88. Procacciamento di notizie segrete, a scopo
di spionaggio.
Il militare, che, allo scopo di darne comunicazione
a uno Stato estero, si procura notizie concernenti la forza, la
preparazione o la difesa militare dello Stato e che devono rimanere
segrete, è punito con la reclusione non inferiore a venti anni.
Se il fatto ha compromesso la preparazione o la
difesa militare dello Stato, si applica l’ergastolo.
Art. 89. Procacciamento di notizie segrete, non a
scopo di spionaggio.
Il militare che, fuori dei casi preveduti dall’articolo
precedente, si procura, senza l’autorizzazione dell’autorità
militare competente, le notizie in esso indicate, ovvero compie atti
diretti a procurarsele, è punito con la reclusione militare da tre a
dieci anni.
Se il fatto ha compromesso la preparazione o la
difesa militare dello Stato, si applica la reclusione militare non
inferiore a dieci anni.
Art. 89-bis. Esecuzione di disegni,
introduzione in luoghi di interesse militare a scopo di
spionaggio.
E’ punito con la reclusione da sei a dodici anni
il militare che a scopo di spionaggio:
1) senza la necessaria autorizzazione, esegue
disegni, modelli, schizzi o fotografie di cose concernenti la forza,
la preparazione o la difesa militare dello Stato, ovvero fa
ricognizione sulle cose medesime;
2) per commettere alcuno dei fatti indicati nel
n. 1, o per procurarsi notizie rispetto ai fatti medesimi, si
introduce clandestinamente o con inganno nei luoghi o zone di terra,
di acqua o di aria, nei quali è vietato l’accesso nell’interesse
militare dello Stato;
3) si intrattiene in tali luoghi o zone, o in
loro prossimità, in possesso ingiustificato di mezzi idonei a
commettere spionaggio;
4) acquista, riceve, o comunque detiene carte,
schizzi, fotografie o qualsiasi altra cosa atta a fornire notizie
concernenti la forza, la preparazione o la difesa militare dello
Stato.
Art. 90. Esecuzione indebita di disegni;
introduzione clandestina in luoghi d’interesse militare; possesso
ingiustificato di mezzi di spionaggio.
E’ punito con la reclusione da uno a cinque anni
il militare:
1) che, senza la necessaria autorizzazione,
esegue disegni, modelli, schizzi o fotografie di cose concernenti la
forza, la preparazione o la difesa militare dello Stato, ovvero fa
ricognizione sulle cose medesime;
2) che, per commettere alcuno dei fatti indicati
nel n. 1,o per procurarsi notizie rispetto ai fatti medesimi, si
introduce clandestinamente o con inganno nei luoghi o zone di terra,
di acqua o di aria, nei quali è vietato l’accesso nell’interesse
militare dello Stato;
3) che è colto in tali luoghi o zone, o in loro
prossimità, in possesso ingiustificato di mezzi idonei a commettere
alcuno dei fatti indicati nel n. 1;
4) che è colto in possesso ingiustificato di
carte, scritti, disegni, modelli, schizzi, fotografie o di qualsiasi
altra cosa atta a fornire notizie concernenti la forza, la
preparazione o la difesa militare dello Stato.
Per il solo fatto di introdursi clandestinamente o
con inganno nei suddetti luoghi o zone, il militare è punito con la
reclusione militare da due a cinque anni.
Fuori dei casi suindicati, al militare si applica
la pena della reclusione militare fino a un anno, per il solo fatto di
introdursi, senza la necessaria autorizzazione, in luoghi in cui è
vietato l’accesso nell’interesse militare dello Stato.
Art. 91. Rivelazione di notizie segrete non a scopo di spionaggio.
Fuori del caso indicato nell’articolo 86, il
militare, che rivela notizie concernenti la forza, la preparazione o
la difesa militare dello Stato e che devono rimanere segrete, è
punito con la reclusione militare non inferiore a cinque anni.
Se il fatto ha compromesso la preparazione o la
difesa militare dello Stato, si applica la reclusione militare non
inferiore a venti anni.
Se il fatto è commesso per colpa, la pena è della
reclusione militare da sei mesi a due anni, nel caso preveduto dal
primo comma, e da tre a quindici anni, nel caso preveduto dal secondo
comma.
Art. 92. Circostanze aggravanti.
Se il colpevole del reato preveduto dall’articolo
precedente era, per ragione di ufficio o di servizio, a cognizione
delle notizie ivi indicate, o se il fatto è stato commesso con
qualsiasi mezzo di pubblicità, la pena è aumentata.
Art. 93. Procacciamento o rivelazione di notizie di carattere
riservato.
Per i fatti preveduti dagli articoli precedenti,
quando le notizie indicate negli articoli stessi non sono fra quelle
che devono rimanere segrete, ma hanno carattere riservato, per esserne
stata vietata la divulgazione dall’autorità competente, all’ergastolo
è sostituita la reclusione non inferiore a venti anni, e le altre
pene sono diminuite da un terzo alla metà.
Art. 94. Comunicazione all’estero di notizie
non segrete né riservate.
Il militare, che comunica a uno Stato estero notizie concernenti la
forza, la preparazione o la difesa militare dello Stato, diverse da
quelle che devono rimanere segrete o che hanno carattere riservato, è
punito, se dal fatto può derivare nocumento alla forza, alla
preparazione o alla difesa militare dello Stato, con la reclusione
militare fino a cinque anni.
Art. 95. Militare che ottiene le notizie indicate negli articoli
precedenti.
Le pene stabilite dagli articoli precedenti si applicano anche al
militare, che ottiene le notizie ivi indicate.
Art. 96. Fine di favorire lo Stato italiano.
Per i reati preveduti dagli articoli precedenti, la punibilità non
è esclusa, se il colpevole ha agito con il fine di favorire lo Stato
italiano. Tuttavia, la pena può essere diminuita.
Capo III
DISPOSIZIONI COMUNI AI CAPI PRECEDENTI.
Art. 97. Agevolazione colposa.
Il militare, che, avendo, per ragione di ufficio o di
servizio, la custodia o il possesso delle cose, ovvero per lo stesso
motivo, essendo a cognizione delle notizie o esercitando la vigilanza
dei luoghi d’interesse militare ha reso possibile o soltanto agevolato
per colpa, l’esecuzione di alcuno dei reati preveduti dagli articoli
85, 86, 88, 89, 90, comma primo, 91 e 93, è punito con la reclusione
militare fino a cinque anni.
Se il fatto ha compromesso la preparazione o la
difesa militare dello Stato, si applica la reclusione militare da tre a
quindici anni.
Art. 98. Istigazione od offerta.
Il militare, che istiga altri a commettere alcuno dei
reati preveduti dagli articoli 84 a 91, ovvero si offre per commetterlo,
è punito, se l’istigazione o l’offerta non è accolta, ovvero se l’istigazione
o l’offerta è accolta, ma il reato non è commesso:
1) con la reclusione da cinque a dodici anni, se la
pena stabilita per il reato è la morte con degradazione
(1);
2) negli altri casi, con la pena stabilita per il
reato, diminuita dalla metà a due terzi.
(1) Vedasi nota all’art. 22.
Art. 99. Corrispondenza con lo Stato estero diretta a
commettere fatti di tradimento o di spionaggio militare.
Il militare, che tiene con uno Stato estero
corrispondenza diretta a commettere alcuno dei fatti indicati negli
articoli 85, 86, 87 e 88, o che comunque compie atti diretti a
commettere alcuno dei fatti stessi, è punito con la reclusione non
inferiore a dieci anni.
Art. 100. Omesso rapporto.
Il militare, che, avendo notizia di alcuno dei reati
preveduti da questo capo e dai capi precedenti, per il quale la legge
stabilisce la pena della reclusione o della reclusione militare, non
inferiore nel massimo a cinque anni, o una pena più grave, non ne fa
immediatamente rapporto ai superiori, è punito con la reclusione
militare da tre mesi a due anni.
Se il colpevole è un ufficiale, si applica la
reclusione militare da uno a tre anni.
Art. 101. Parificazione degli Stati alleati.
Le pene stabilite dagli articoli 84 e seguenti si
applicano anche quando il reato è commesso a danno di uno Stato alleato
o associato, a fine di guerra, con lo Stato italiano.
Art. 102. Circostanza attenuante.
Le pene stabilite per i reati preveduti da questo
capo e dai capi precedenti sono diminuite, quando, per la natura, la
specie, i mezzi, le modalità o le circostanze dell’azione, ovvero per
la particolare tenuità del danno e del pericolo, il fatto risulti di
lieve entità.
Titolo II
DEI REATI CONTRO IL SERVIZIO MILITARE.
Capo I
DEI REATI IN SERVIZIO.
Sezione I
DELLA VIOLAZIONE DI DOVERI GENERALI INERENTI AL
COMANDO.
Art. 103. Atti ostili del comandante contro uno Stato
estero.
Il comandante, che, senza l’autorizzazione del
Governo, o fuori dei casi di necessità, compie atti ostili contro uno
Stato estero, è punito con la reclusione militare fino a tre anni.
Se gli atti ostili sono tali da esporre lo Stato
italiano, o i suoi cittadini ovunque residenti, o chiunque goda della
protezione delle leggi dello Stato, al pericolo di rappresaglie o di
ritorsioni, la pena è della reclusione militare da due a otto anni. Se
segue la rottura delle relazioni diplomatiche, o se avvengono le
ritorsioni o le rappresaglie, la pena è della reclusione militare da
cinque a dieci anni.
Se gli atti sono tali da esporre lo Stato italiano al
pericolo di una guerra, si applica la reclusione militare non inferiore
a dieci anni.
Se, per effetto degli atti ostili, la guerra avviene,
ovvero è derivato incendio o devastazione o la morte di una o più
persone, la pena è della morte mediante fucilazione nel petto
(1).
La condanna importa la rimozione.
(1) Vedasi nota all’art. 22.
Art. 104. Eccesso colposo.
Nei casi indicati nell’articolo precedente, se il
comandante eccede colposamente i limiti dell’autorizzazione o della
necessità, alla pena di morte
(1)
è sostituita la reclusione militare non inferiore a cinque anni, e le
altre pene sono diminuite da un terzo a due terzi: ferma la pena
accessoria della rimozione.
(1) Vedasi nota all’art. 22.
Art. 105. Perdita o cattura di nave o aeromobile.
Il comandante di una forza navale o aeronautica, il
quale cagiona la perdita o la cattura di una o più navi o di uno o più
aeromobili, dipendenti dal suo comando, è punito con la morte con
degradazione (1).
La stessa pena si applica:
1) al comandante di una nave isolata o di un
aeromobile isolato, il quale cagiona la perdita o la cattura della
nave o dell’aeromobile stesso;
2) a ogni altro militare, che cagiona la perdita o
la cattura della nave o dell’aeromobile, su cui è imbarcato.
Se ricorrono particolari circostanze, che attenuano
la responsabilità del colpevole, la pena è della reclusione non
inferiore a sette anni.
(1) Vedasi nota all’art. 22.
Art. 106. Perdita colposa o cattura colposa di nave o
aeromobile.
Quando alcuno dei fatti preveduti dall’articolo
precedente è commesso per colpa del comandante di una forza navale o di
una nave isolata, o per colpa di altro militare imbarcato sulla nave
perduta o catturata, si applica la reclusione militare fino a dieci
anni.
Se nel fatto ricorrono particolari circostanze, che
attenuano la responsabilità del colpevole, la pena è della reclusione
militare fino a cinque anni.
Le stesse pene si applicano al comandante di una
forza aeronautica o di un aeromobile isolato in manovra, o ad altro
militare su di esso imbarcato, che, per negligenza o imprudenza o per
inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline, commette alcuno
dei fatti preveduti dall’articolo precedente.
Art. 107. Investimento, incaglio o avaria di una
nave o di un aeromobile.
Il comandante di una nave, il quale ne cagiona l’investimento,
l’incaglio o un’avaria, o il comandante di un aeromobile, il quale
ne cagiona l’investimento o una avaria, è punito con la reclusione
non inferiore a otto anni; e, se dai fatti suindicati è derivata la
perdita della nave o dell’aeromobile, con la reclusione non inferiore
a quindici anni.
Le stesse pene si applicano a ogni altro militare che
cagiona i danni suddetti alla nave o all’aeromobile su cui è
imbarcato.
Se nel fatto ricorrono particolari circostanze, che
attenuano la responsabilità del colpevole, la pena è della reclusione
non inferiore a cinque anni.
Art. 108. Investimento o incaglio colposo o avaria
colposa di nave o aeromobile.
Quando alcuno dei fatti preveduti dall’articolo
precedente è commesso per colpa del comandante della nave, o di altro
militare su di essa imbarcato, si applica la reclusione militare fino a
due anni.
La stessa pena si applica al comandante di un
aeromobile, o ad altro militare su di esso imbarcato, che, per
negligenza o imprudenza o per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini
o discipline, commette alcuno dei fatti preveduti dall’articolo
precedente.
Art. 109. Agevolazione colposa.
Quando l’esecuzione di alcuno dei fatti preveduti
dagli articoli 105 e 107 è stata resa possibile, o soltanto agevolata,
per colpa del militare che aveva la custodia o la vigilanza delle cose
ivi indicate, questi è punito con la reclusione militare da uno a
cinque anni.
Art. 110. Omesso uso di mezzi per limitare il
danno, in caso d’incendio o di altro sinistro.
Il comandante di una fortezza, di uno stabilimento
militare, di una nave o di un aeromobile, o, in generale, di qualunque
opera o costruzione militare, il quale, nel caso d’incendio,
investimento, naufragio o di qualsiasi altro sinistro, non adopera tutti
i mezzi, di cui può disporre, per limitare il danno, è punito con la
reclusione militare fino a cinque anni.
Art. 111. Abbandono o cessione del comando in
circostanze di pericolo.
Il comandante, che in qualsiasi circostanza di
pericolo, senza giustificato motivo, abbandona il comando o lo cede, è
punito con la reclusione militare fino a dieci anni.
La condanna importa la rimozione.
Art. 112. Violazione del dovere del comandante di
essere l’ultimo ad abbandonare la nave, l’aeromobile o il posto,
in caso di pericolo.
Il comandante, che, in caso di pericolo ovvero di
perdita della nave o dell’aeromobile o del posto affidato al suo
comando, non è l’ultimo ad abbandonare la nave, l’aeromobile o il
posto, è punito con la reclusione militare non inferiore a un anno.
Se dal fatto è derivata la impossibilità di salvare
la nave o l’aeromobile o il posto, la reclusione militare non è
inferiore a quindici anni.
Se dal fatto è derivata la morte di alcuna delle
persone imbarcate o in servizio nel posto, la pena è della morte
mediante la fucilazione nel petto (1).
La condanna importa la rimozione.
(1) Vedasi nota all’art. 22.
Art. 113. Omissione di soccorso o di protezione, in
caso di pericolo.
Il comandante di una forza militare, che, senza
giustificato motivo, omette di soccorrere altra forza militare, che
abbia bisogno di assistenza in caso di pericolo, è punito con la
reclusione militare fino a tre anni.
La stessa pena si applica al comandante di una o più
navi militari, o di uno o più aeromobili militari, il quale, fuori dei
casi preveduti dal comma precedente, non presta a navi o ad aeromobili,
ancorché non nazionali, l’assistenza o la protezione, che era in
grado di dare.
La condanna importa la rimozione.
Art. 114. Usurpazione di comando.
Il militare, che indebitamente assume o ritiene un
comando, è punito con la reclusione militare da due a quindici anni.
Se il comando indebitamente assunto è ritenuto
contro l’ordine dei capi, la pena è aumentata da un terzo alla metà.
Se il fatto è commesso a bordo di una nave o di un
aeromobile, la pena è aumentata.
In ogni caso, se il fatto ha compromesso l’esito di
una operazione militare, la pena è della morte mediante fucilazione nel
petto (1).
(1) Vedasi nota all’art. 22.
Art. 115. Movimento arbitrario di forze militari.
Il comandante, che, senza speciale incarico o
autorizzazione, ovvero senza necessità, ordina un movimento di forze
militari, è punito con la reclusione militare da uno a sette anni.
Art. 116. Intempestiva od omessa apertura di piego
chiuso.
Il comandante di una spedizione militare, che, avendo
un piego da aprirsi in tempo o luogo determinato, lo apre in tempo o in
luogo diverso, ovvero non lo apre, è punito, se dal fatto è derivato
pregiudizio al buon esito della spedizione, con la reclusione militare
non inferiore a cinque anni.
Se il fatto è commesso per colpa, si applica la
reclusione militare fino a tre anni.
Art. 117. Omessa esecuzione di un incarico.
Il comandante di una forza militare, che, senza
giustificato motivo, non esegue l’incarico affidatogli, è punito con
la reclusione militare fino a tre anni.
La condanna importa la rimozione.
Se l’incarico non è eseguito per negligenza, la
pena è della reclusione militare fino a un anno.
sezione II
DELL’ABBANDONO DI POSTO E DELLA VIOLAZIONE DI
CONSEGNA.
Art. 118. Abbandono di posto o violata consegna
da parte di un militare in servizio di sentinella, vedetta o scolta.
Il militare, che, essendo di sentinella, vedetta o
scolta, abbandona il posto o viola la consegna, è punito con la
reclusione militare fino a tre anni.
La reclusione militare è da uno a cinque anni, se il
fatto è commesso:
1) nella guardia a rimesse di aeromobili o a
magazzini o depositi di armi, munizioni o materie infiammabili o
esplosive;
2) a bordo di una nave o di un aeromobile;
3) in qualsiasi circostanza di grave pericolo.
In ogni caso, se dal fatto è derivato grave danno,
la pena è della reclusione militare da sette a quindici anni.
Art. 119. Militare di sentinella, vedetta o
scolta, che si addormenta.
Il militare, che, essendo di sentinella, vedetta o
scolta in alcuna delle circostanze indicate nel secondo comma dell’articolo
precedente, si addormenta, è punito con la reclusione militare fino a
un anno.
Se dal fatto è derivato grave danno, la pena è
della reclusione militare fino a due anni.
Art. 120. Abbandono di posto o violata consegna da
parte di militare di guardia o di servizio.
Fuori dei casi enunciati nei due articoli precedenti,
il militare, che abbandona il posto ove si trova di guardia o di
servizio, ovvero viola la consegna avuta, è punito con la reclusione
militare fino a un anno.
Se il colpevole è il comandante di un reparto o il
militare preposto a un servizio o il capo di posto, ovvero se si tratta
di servizio armato, la pena è aumentata.
Art. 121. Abbandono del convoglio o colposa
separazione da esso.
Il comandante della scorta di un convoglio, che l’abbandona,
è punito con la reclusione militare da uno a cinque anni.
Se egli, per colpa, rimane separato da tutto o parte
del convoglio, la pena è della reclusione militare fino a due anni.
Art. 122. Violata consegna da parte di militare
preposto di guardia a cosa determinata.
(Dichiarato illegittimo con sentenza della Corte
costituzionale del 15/06/92, n. 299).
Art. 123. Omessa presentazione in servizio.
Il militare, che, senza giustificato motivo, omette
di intraprendere il servizio cui è stato comandato, ovvero di
raggiungere il suo posto in caso di allarme, è punito con la reclusione
militare fino a sei mesi.
La stessa pena si applica al militare appartenente a
un corpo militare volontario, il quale, chiamato a prestare servizio,
non si presenta ad assumerlo, senza giustificato motivo.
Art. 124. Separazione di una parte delle forze
militari dal capo od omissione di riunirsi a esso.
Nel caso di spedizione o altra operazione militare,
il comandante di una parte delle forze militari, che si separa dal suo
capo, o che, costretto da forza maggiore, o comunque da giustificato
motivo, a separarsi, omette di riunirsi al suo capo nel più breve tempo
possibile, è punito con la reclusione militare fino a tre anni.
Se il fatto è commesso per colpa, la pena è della
reclusione militare fino a un anno.
Le stesse pene si applicano a ogni altro militare,
che cagiona alcuno dei fatti su indicati.
Sezione III
DELLA VIOLAZIONE DI DOVERI INERENTI A SPECIALI
SERVIZI.
Art. 125. Inosservanza di istruzioni ricevute.
L’ufficiale incaricato di una missione o di una
spedizione od operazione militare, che non ottempera, senza giustificato
motivo, alle istruzioni ricevute, è punito, se il fatto ha pregiudicato
l’esito della missione, spedizione od operazione, con la reclusione
militare fino a tre anni.
La condanna importa la rimozione.
Se il fatto è commesso per colpa, la pena è della
reclusione militare fino a sei mesi.
Art. 126. Militare custode che cagiona per colpa l’evasione
di persona arrestata o detenuta.
Il militare, incaricato della custodia, anche
temporanea, di una persona arrestata o detenuta per un reato soggetto
alla giurisdizione militare, il quale ne cagiona, per colpa, l’evasione,
è punito con la reclusione militare fino a tre anni.
Il colpevole non è punibile, se nel termine di tre
mesi dall’evasione procura la cattura della persona evasa o la
presentazione di questa all’autorità.
Art. 127. Divulgazione di notizie segrete o
riservate.
Salvo che il fatto costituisca un più grave reato,
il militare, che rivela notizie concernenti il servizio o la disciplina
militare in generale, da lui conosciute per ragione o in occasione del
suo ufficio o servizio, e che devono rimanere segrete, è punito con la
reclusione militare da sei mesi a tre anni.
Se le notizie non sono segrete, ma hanno carattere
riservato, per esserne stata vietata la divulgazione dall’autorità
competente, si applica la reclusione militare fino a due anni.
Se il fatto è commesso per colpa, la pena è della
reclusione militare fino a un anno.
Art. 128.Violazione, soppressione, omessa
consegna di dispacci; rivelazione del contenuto di comunicazioni.
Il militare, che indebitamente apre, sopprime,
falsifica o non consegna un ordine scritto o altro dispaccio qualsiasi,
che era incaricato di portare, o che rivela il contenuto di
comunicazioni telegrafiche, radiotelegrafiche, telefoniche e simili,
conosciuto da lui per ragione del suo ufficio o servizio, è punito con
la reclusione militare fino a cinque anni.
Alla stessa pena soggiace il militare incaricato del
servizio di comunicazioni telegrafiche, radiotelegrafiche, telefoniche e
simili, che sopprime, trascrive infedelmente o comunque falsifica un
ordine o un dispaccio inerente al servizio.
Il militare, che omette per colpa di custodire,
consegnare o trasmettere al destinatario, a cui era diretto, l’ordine
o altro dispaccio, o la comunicazione, è punito con la reclusione
militare fino a un anno.
Art. 129. Violazione o sottrazione di
corrispondenza, commessa da militare addetto al servizio postale,
telegrafico o telefonico militare.
Il militare addetto al servizio postale telegrafico o
telefonico militare, che, abusando di tale qualità, prende cognizione
del contenuto di una corrispondenza chiusa o di altro piego chiuso o
pacco, ovvero sottrae o distrae, al fine di prenderne o di farne da
altri prendere cognizione, una corrispondenza chiusa o aperta, o altro
piego chiuso o pacco, ovvero, in tutto o in parte, li distrugge o
sopprime, è punito, se il fatto non è preveduto come reato da altra
disposizione di legge, con la reclusione militare da sei mesi a tre
anni.
Se il colpevole, senza giusta causa, rivela, in tutto
o in parte, il contenuto della corrispondenza o di un piego chiuso o
pacco, si applica, se il fatto non costituisce un più grave reato, la
reclusione militare da sei mesi a cinque anni.
Le disposizioni precedenti si applicano anche al
militare incaricato del recapito della corrispondenza, il quale commette
alcuno dei fatti suindicati. Tuttavia, la pena è diminuita.
Agli effetti delle disposizioni di questa sezione,
per corrispondenza s’intende quella epistolare, telegrafica o
telefonica.
Art. 130. Rivelazione del contenuto di corrispondenza
o di comunicazione da parte di militare addetto al servizio postale,
telegrafico o telefonico militare.
Il militare addetto al servizio postale, telegrafico
o telefonico militare, che, avendo notizia, in questa sua qualità, del
contenuto di una corrispondenza aperta o di una comunicazione
telegrafica o di una conversazione telefonica, lo rivela, senza giusta
causa, ad altri che non sia il destinatario, ovvero a una persona
diversa da quelle, fra le quali la comunicazione o la conversazione è
interceduta, è punito con la reclusione militare da sei mesi a tre
anni.
Art. 131. Circostanza aggravante.
Se da alcuno dei fatti indicati nei tre articoli
precedenti è derivato nocumento al servizio militare, la pena è
aumentata.
Art. 132. Inadempienza nelle somministrazioni
militari.
Il militare, che, essendo obbligato, per ragione di
ufficio o servizio, a provvedere all’approvvigionamento o a
somministrazioni di viveri o di altre cose necessarie ad alcuno dei
servizi militari, li fa mancare, è punito con la reclusione militare da
uno a cinque anni.
Se il fatto è commesso per colpa, la pena è della
reclusione militare fino a un anno.
Art. 133. Requisizione arbitraria.
Il militare, che procede a requisizione senza averne
la facoltà, è punito con la reclusione militare fino a tre anni.
Ove sia stata usata violenza, si applica la
reclusione militare da uno a cinque anni.
Art. 134. Abuso nelle requisizioni.
Il militare incaricato di requisizioni di cose o di
opere, che rifiuta di rilasciare ricevuta della prestazione eseguita,
ovvero in qualunque modo abusa delle facoltà conferite dalle leggi o
dai regolamenti, è punito, se il fatto non costituisce un più grave
reato, con la reclusione militare fino a tre anni.
Ove l’abuso sia commesso con violenza, si applica
la reclusione militare fino a dieci anni.
Se trattasi di alloggio militare, il militare, che
costringe colui che è tenuto all’alloggio a dargli più di ciò che
è dovuto, ovvero a tollerare che egli se ne impossessi o, comunque, ne
usufruisca, è punito per ciò solo, con la reclusione militare fino a
tre anni.
Art. 135. Abuso nell’imbarco di merci o passeggeri.
Il militare, che arbitrariamente imbarca o permette
che s’imbarchino merci o passeggeri a bordo di navi o aeromobili
militari, è punito con la reclusione militare fino a due anni.
Art. 136. Abuso nel lavoro delle officine o di
altri laboratori militari.
Il militare addetto alle officine o ad altri
laboratori militari, che, contro le disposizioni dei regolamenti, o gli
ordini dei superiori, o dirigenti, vi lavora o vi fa lavorare per conto
proprio o di altri, è punito con la reclusione militare fino a due
anni.
Sezione IV
DELLA VIOLAZIONE DI SPECIALI DOVERI
INERENTI ALLA QUALITÀ MILITARE.
Art. 137. Manifestazioni di codardia.
Il militare, che, in caso di tempesta, naufragio,
incendio o altra circostanza di grave pericolo, compie atti che possono
incutere lo spavento o provocare il disordine, è punito, se lo spavento
o il disordine si produce e il fatto è tale da compromettere la
sicurezza di un posto militare, con la reclusione militare da sei mesi a
cinque anni.
La condanna importa la rimozione.
Art. 138. Omesso impedimento di reati militari.
Ferma in ogni altro caso la disposizione del secondo
comma dell’articolo 40 del codice penale, il militare, che, per timore
di un pericolo o altro inescusabile motivo, non usa ogni mezzo possibile
per impedire la esecuzione di alcuno dei reati contro la fedeltà o la
difesa militare, o di rivolta o di ammutinamento, che si commette in sua
presenza, è punito:
1) con la reclusione non inferiore a dieci anni, se
per il reato è stabilita la pena di morte con degradazione
(1)
o quella dell’ergastolo;
2 negli altri casi, con la pena stabilita per il
reato, diminuita dalla metà a due terzi.
Se il colpevole è il più elevato in grado, o, a
parità di grado, superiore in comando o più anziano, si applica la
pena stabilita per il reato. Nondimeno, il giudice può diminuire la
pena.
Agli effetti delle disposizioni dei commi precedenti,
per la determinazione della pena stabilita per i reati in essi indicati,
non si ha riguardo a quella che la legge stabilisce per i capi,
promotori od organizzatori del reato o per coloro che ne hanno diretto
la esecuzione.
(1) Vedasi nota all’art.22.
Sezione V
DELLA UBRIACHEZZA IN SERVIZIO.
Art. 139. Nozione del reato e circostanze aggravanti.
Il militare, che, in servizio, ovvero dopo di essere
stato comandato per il servizio, è colto in stato di ubriachezza,
volontaria o colposa, tale da escludere o menomare la sua capacità di
prestarlo, è punito con la reclusione militare fino a sei mesi.
Se il fatto è commesso dal comandante del reparto o
da un militare preposto al servizio o capo di posto, la pena è della
reclusione militare fino a un anno.
Le stesse disposizioni si applicano, quando la
capacità di prestare il servizio sia esclusa o menomata dall’azione
di sostanze stupefacenti.
Capo II
DEI REATI CONTRO MILITARI IN SERVIZIO.
Art. 140. Forzata consegna.
Il militare, che in qualsiasi modo forza una
consegna, è punito con la reclusione militare da sei mesi a due anni.
Se il fatto è commesso in alcuna delle circostanze
indicate nel secondo comma dell’articolo 118, la pena è della
reclusione militare da due a sette anni.
Se il fatto è commesso con armi, ovvero da tre o
più persone riunite, o se ne è derivato grave danno, la pena è
aumentata.
Art. 141. Resistenza, minaccia o ingiuria a
sentinella, vedetta o scolta.
Il militare, che non ottempera all’ingiunzione
fatta da una sentinella, vedetta o scolta, nella esecuzione di una
consegna ricevuta, è punito con la reclusione militare fino a un anno.
Il militare, che minaccia o ingiuria una sentinella,
vedetta o scolta, è punito con la reclusione militare da uno a tre
anni.
Art. 142. Violenza a sentinella, vedetta o scolta.
Il militare, che usa violenza a una sentinella,
vedetta o scolta, è punito con la reclusione militare da uno a cinque
anni.
Se la violenza è commessa con armi o da più persone
riunite, si applica la reclusione militare da tre a sette anni.
Art. 143. Resistenza alla forza armata.
Il militare, che usa violenza o minaccia per opporsi
alla forza armata militare, mentre questa adempie i suoi doveri, è
punito con la reclusione militare da sei mesi a cinque anni.
Se la violenza o la minaccia è commessa con armi o
da più persone riunite, la pena è aumentata.
Se la violenza o minaccia è commessa da più di
cinque persone riunite, mediante uso di armi anche da parte soltanto di
una di esse, ovvero da più di dieci persone, ancorché senza uso di
armi, la pena è della reclusione militare da tre a sette anni.
Art. 144. Circostanze aggravanti.
Nei casi preveduti dagli articoli 142 e 143, se la
violenza consiste nell’omicidio, ancorché tentato o
preterintenzionale, o in una lesione personale gravissima o grave, si
applicano le corrispondenti pene stabilite dal codice penale. Tuttavia,
la pena detentiva temporanea è aumentata.
Art. 145. Impedimento a portatori di ordini militari.
Il militare, che, con violenza o inganno, ferma o
trattiene militari o altre persone, imbarcazioni, aeromobili o, in
generale, veicoli, spediti con ordini o dispacci riflettenti il servizio
militare, ovvero sottrae i dispacci o ne impedisce altrimenti la
trasmissione, è punito con la reclusione militare da due a sette anni.
Art. 146. Minaccia a un inferiore per costringerlo
a fare un atto contrario ai propri doveri.
Il superiore, che minaccia l’inferiore per
costringerlo a fare un atto contrario ai propri doveri, ovvero a
compiere o ad omettere un atto inerente al proprio ufficio o servizio,
è punito con la reclusione militare da sei mesi a cinque anni.
Capo III
DEI REATI DI ASSENZA DAL SERVIZIO ALLE ARMI.
Sezione I
DELL’ALLONTANAMENTO ILLECITO.
Art. 147. Nozione del reato; sanzione penale.
Il militare, che, essendo in servizio alle armi, se
ne allontana senza autorizzazione e rimane assente per un giorno, è
punito con la reclusione militare fino a sei mesi.
Alla stessa pena soggiace il militare, che, essendo
legittimamente assente, non si presenta, senza giusto motivo, nel giorno
successivo a quello prefisso.
Le disposizioni di questo articolo non si applicano,
quando il fatto costituisce il reato di diserzione.
Sezione II
DELLA DISERZIONE.
Art. 148. Nozione del reato; sanzione penale.
Commette il reato di diserzione, ed è punito con la
reclusione militare da sei mesi a due anni:
1) il militare, che, essendo in servizio alle armi,
se ne allontana senza autorizzazione e rimane assente per cinque
giorni consecutivi;
2) il militare, che, essendo in servizio alle armi
e trovandosi legittimamente assente, non si presenta, senza giusto
motivo, nei cinque giorni successivi a quello prefisso.
Art. 149. Casi di diserzione immediata.
E’ considerato immediatamente disertore:
1) il militare destinato a un corpo di spedizione
od operazione, ovvero appartenente all’equipaggio di una nave
militare o di un aeromobile militare, che, senza autorizzazione, si
trova assente al momento della partenza del corpo, della nave o dell’aeromobile;
2) il militare, che evade mentre sta scontando la
pena detentiva militare;
3) il militare, che evade mentre è in stato di
detenzione preventiva in un carcere militare; o dovunque, per un reato
soggetto alla giurisdizione militare;
4) il militare, che, senza autorizzazione, prende
servizio a bordo di una nave estera o di un aeromobile estero, ovvero
nelle forze armate di uno Stato estero;
5) il militare, che abbandona il servizio alle
armi, facendosi sostituire.
Il disertore è punito con la reclusione militare da
uno a tre anni nei casi indicati nei nn. 1, 2 e 3; da due a cinque anni
nel caso indicato nel n. 4; da cinque a sette anni nel caso indicato nel
n. 5.
Nei casi indicati nei nn. 2 e 3, non si applicano le
disposizioni dell’articolo 385 del codice penale.
Art. 150. Circostanze aggravanti: passaggio all’estero;
previo accordo.
Nei casi preveduti dagli articoli precedenti, se il
militare, per sottrarsi all’obbligo del servizio militare, si reca all’estero,
la pena è aumentata.
Le pene stabilite dagli articoli precedenti sono
aumentate da un terzo alla metà, quando la diserzione è commessa da
tre o più militari, previo accordo.
Nel caso preveduto dal comma precedente, l’aumento
è sempre della metà per i capi, promotori od organizzatori.
Sezione III
Della mancanza alla chiamata.
Art. 151. Nozione del reato; sanzione penale.
Il militare, che, chiamato alle armi per adempiere il
servizio di ferma, non si presenta, senza giusto motivo, nei cinque
giorni successivi a quello prefisso, è punito con la reclusione
militare da sei mesi a due anni.
La stessa pena si applica al militare in congedo,
che, chiamato alle armi, non si presenta, senza giusto motivo, nei tre
giorni successivi a quello prefisso.
Se la chiamata alle armi è fatta per solo scopo di
istruzione, il militare, che non si presenta, senza giusto motivo, negli
otto giorni successivi a quello prefisso, è punito con la reclusione
militare fino a sei mesi.
Art. 152. Circostanza aggravante: passaggio all’estero.
Nei casi preveduti dai primi due commi dell’articolo
precedente, se il militare, per sottrarsi all’obbligo del servizio
militare, si reca all’estero, la pena è aumentata.
Art. 153. Militare chiamato alle armi, che si fa
sostituire.
Il militare, che, chiamato in servizio alle armi in
alcuno dei casi enunciati nell’articolo 151, non si presenta, facendo
presentare altri in sua vece, è considerato immediatamente mancante
alla chiamata e punito con le pene rispettivamente stabilite dall’articolo
stesso, aumentate da un terzo alla metà.
Sezione IV
DISPOSIZIONI COMUNI ALLE SEZIONI SECONDA E TERZA.
Art. 154. Circostanza aggravante e circostanza
attenuante in relazione alla durata dell’assenza.
Nei casi preveduti dalle sezioni seconda e terza:
1) se la durata dell’assenza supera sei mesi, la
pena è aumentata da un terzo alla metà;
2) se la durata dell’assenza non supera quindici
giorni, la pena può essere diminuita da un terzo alla metà.
Art. 155. Persona che sostituisce il militare
disertore o il mancante alla chiamata.
Nei casi preveduti dal n. 5 dell’articolo 149 e
dalla articolo 153, colui che si sostituisce al militare disertore o
mancante alla chiamata è punito con le pene ivi stabilite. Tuttavia, la
pena può essere diminuita.
Art. 156. Rimozione.
La condanna per alcuno dei reati preveduti dalle
sezioni seconda e terza, eccettuato quello preveduto dall’ultimo comma
dell’articolo 151, importa la rimozione.
Capo IV
Della mutilazione e della simulazione d’infermità.
Art. 157. Procurata infermità a fine di
sottrarsi permanentemente all’obbligo del servizio militare.
Il militare, che, a fine di sottrarsi permanentemente
all’obbligo del servizio militare, stabilito dalla legge o
volontariamente assunto, si mutila o si procura infermità o
imperfezioni, o in qualsiasi altro modo si rende permanentemente inabile
a prestare il servizio stesso, è punito con la reclusione da sei a
quindici anni.
Nel caso di delitto tentato, si applicano le
disposizioni dell’articolo 46, sostituita alla reclusione la
reclusione militare.
Art. 158. Procurata infermità a fine di sottrarsi
temporaneamente all’obbligo del servizio militare.
Il militare, che, a fine di sottrarsi temporaneamente
all’obbligo del servizio militare stabilito dalla legge o
volontariamente assunto, si mutila o si procura infermità o
imperfezioni, o in qualsiasi altro modo si rende temporaneamente inabile
a prestare il servizio stesso, è punito con la reclusione militare fino
a cinque anni.
La stessa pena si applica al militare, che, a fine di
sottrarsi a un particolare servizio di un corpo, di un’arma o di una
specialità, o comunque di menomare la sua incondizionata idoneità al
servizio militare, si mutila o si procura infermità o imperfezioni, o
in qualsiasi altro modo si rende inabile a prestare un particolare
servizio di un corpo, di un’arma o di una specialità, o menoma la sua
incondizionata idoneità al servizio militare, o si rende
temporaneamente inabile al servizio stesso.
Se dai fatti indicati nei commi precedenti è
derivata inabilità permanente al servizio militare, si applica la
reclusione da cinque a dieci anni.
Art. 159. Simulazione d’infermità.
Il militare, che simula infermità o imperfezioni, in
modo tale da indurre in errore i suoi superiori o altra autorità
militare, è punito con la reclusione militare fino a tre anni, se la
simulazione è commessa a fine di sottrarsi all’obbligo del servizio
militare, stabilito dalla legge o volontariamente assunto; e con la
reclusione militare fino a un anno, se la simulazione è commessa per
sottrarsi a un particolare servizio di un corpo, di un’arma o di una
specialità.
Art. 160. Fatti commessi dagli iscritti di leva o
durante lo stato di congedo.
Le disposizioni degli articoli precedenti si
applicano anche:
1) agli iscritti di leva;
2) ai militari in congedo illimitato, per i fatti
commessi durante lo stato di congedo, se i militari stessi sono
richiamati in servizio alle armi e dal momento stabilito per la loro
presentazione.
Art. 161. Procurata inabilità o simulata infermità
a fine di sottrarsi all’adempimento di alcuno dei doveri inerenti al
servizio militare.
Fuori dei casi indicati negli articoli precedenti, il
militare, che, a fine di sottrarsi all’adempimento di alcuno dei
doveri inerenti al servizio militare, in qualsiasi modo si rende inabile
al detto adempimento, ovvero simula una infermità o una imperfezione,
è punito con la reclusione militare fino a sei mesi.
Se dal fatto è derivata inabilità al servizio
militare, si applicano le disposizioni dell’articolo 158.
Art. 162. Circostanza aggravante per i concorrenti
nel reato.
Nel caso di concorso di persone, in alcuno dei reati
preveduti da questo capo, la pena è aumentata per coloro che hanno
commesso il fatto a fine di lucro.
Il pubblico ufficiale, il medico, il chirurgo o altro
esercente una professione sanitaria, che concorre in alcuno dei reati
preveduti dagli articoli precedenti, soggiace alle pene ivi stabilite,
aumentate da un terzo alla metà.
L’aumento è della metà, se il colpevole è un
ufficiale.
Art. 163. Pena militare accessoria.
Nei casi indicati negli articoli precedenti, la
condanna, quando non ne derivi la degradazione, importa la rimozione.
Capo V
Della distruzione, alienazione, acquisto o ritenzione
di effetti militari.
Art. 164. Distruzione o alienazione di oggetti d’armamento
militare.
Il militare, che distrae, distrugge, sopprime,
disperde, deteriora o rende, in tutto o in parte, inservibili, o in
qualsiasi modo aliena le armi, gli oggetti di armamento, le munizioni di
guerra, materiali o altri oggetti, che, a norma dei regolamenti, gli
sono forniti dall’amministrazione militare come costituenti il suo
armamento militare, è punito con la reclusione militare fino a quattro
anni.
Art. 165. Distruzione o alienazione di effetti di
vestiario o equipaggiamento militare.
Il militare, che distrae, distrugge, sopprime,
disperde, rende inservibili o in qualsiasi modo aliena oggetti, che, a
norma dei regolamenti, gli sono forniti dall’amministrazione militare
come costituenti il suo vestiario o equipaggiamento militare, è punito
con la reclusione militare fino a sei mesi.
Art. 166. Acquisto o ritenzione di effetti militari.
Chiunque acquista o per qualsiasi titolo ritiene
oggetti di vestiario, equipaggiamento o armamento militare o altre cose
destinate a uso militare, senza che siano muniti del marchio o del segno
di rifiuto, o comunque senza che egli possa dimostrare che tali oggetti
abbiano legittimamente cessato di appartenere al servizio militare,
soggiace alle pene rispettivamente stabilite dagli articoli precedenti.
Capo VI
Distruzione o danneggiamento di opere, di edifici o di
cose mobili militari.
Art. 167. Distruzione o sabotaggio di opere
militari.
Il militare, che, fuori dei casi preveduti dagli
articoli 105 a 108, distrugge o rende inservibili, in tutto o in
parte, anche temporaneamente, navi, aeromobili, convogli, strade,
stabilimenti, depositi o altre opere militari o adibite al servizio
delle forze armate dello Stato, è punito con la reclusione non
inferiore a otto anni.
Se il fatto ha compromesso la preparazione o la
efficienza bellica dello Stato, si applica la pena di morte con
degradazione
(1).
Se il fatto è commesso per colpa, si applica la
reclusione militare fino a cinque anni.
(1) Vedasi nota all’art. 22.
Art. 168. Danneggiamento di edifici militari.
Fuori dei casi preveduti dai due primi commi dell’articolo
precedente, il militare, che comunque danneggia edifici militari, è
punito con la reclusione militare fino a cinque anni.
Art. 169. Distruzione o deterioramento di cose mobili
militari.
Il militare, che, fuori dei casi preveduti dagli
articoli 164 e 165, distrugge, disperde, deteriora, o rende inservibili,
in tutto o in parte, oggetti, armi, munizioni o qualunque altra cosa
mobile appartenente all’amministrazione militare, è punito con la
reclusione militare da sei mesi a quattro anni.
Se il fatto è commesso a bordo di una nave militare
o di un aeromobile militare, la reclusione militare è da due a cinque
anni; e può estendersi fino a quindici anni, se dal fatto è derivata
la perdita della nave o dell’aeromobile, o se l’una o l’altro non
sia più atto al servizio cui era destinato.
Art.170. Fatti colposi.
Se alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 168 e
169 è commesso per colpa, si applica la reclusione militare fino a sei
mesi.
Art. 171. Circostanza aggravante e circostanza
attenuante in relazione alla entità del danno.
Nei casi preveduti dagli articoli 168 e 169:
1) si applica la reclusione non inferiore a cinque
anni, se dal fatto è derivato un danno di rilevante entità;
2) la pena è diminuita, se, per la particolare
tenuità del danno, il fatto risulta di lieve entità.
Art. 172. Uccisione o deterioramento di un cavallo
o altro animale destinato al servizio delle forze armate dello Stato.
Il militare, che, senza necessità, uccide, o rende
inservibile, o comunque danneggia un cavallo o altro animale destinato
al servizio delle forze armate dello Stato, è punito con la reclusione
militare da sei mesi a quattro anni.
Titolo III
DEI REATI CONTRO LA DISCIPLINA MILITARE.
Capo I
Della disobbedienza.
Art. 173. Nozione del reato e circostanza
aggravante.
Il militare, che rifiuta, omette o ritarda di
obbedire a un ordine attinente al servizio o alla disciplina,
intimatogli da un superiore, è punito con la reclusione militare fino a
un anno.
Se il fatto è commesso in servizio, ovvero a bordo
di una nave o di un aeromobile, la reclusione militare è da sei mesi a
un anno; e può estendersi fino a cinque anni, se il fatto è commesso
in occasione d’incendio o epidemia o in altra circostanza di grave
pericolo.
Capo II
Della rivolta, dell’ammutinamento
e della sedizione militare.
Art. 174. Rivolta.
Sono puniti con la reclusione militare da tre a
quindici anni i militari, che, riuniti in numero di quattro o più:
1) mentre sono in servizio armato, rifiutano,
omettono o ritardano di obbedire a un ordine di un loro superiore;
2) prendono arbitrariamente le armi e rifiutano,
omettono o ritardano di obbedire all’ordine di deporle, intimato da
un loro superiore;
3) abbandonandosi a eccessi o ad atti violenti,
rifiutano, omettono o ritardano di obbedire alla intimazione di
disperdersi o di rientrare nell’ordine, fatta da un loro superiore.
La pena per chi ha promosso, organizzato o diretto la
rivolta è della reclusione militare non inferiore a quindici anni.
La condanna importa la rimozione.
Art. 175. Ammutinamento.
Fuori dei casi indicati nell’articolo precedente,
sono puniti con la reclusione militare da sei mesi a tre anni i
militari, che, riuniti in numero di quattro o più:
1) rifiutano, omettono o ritardano di obbedire a un
ordine di un loro superiore;
2) persistono nel presentare, a voce o per
iscritto, una domanda, un esposto o un reclamo.
La pena per chi ha promosso, organizzato o diretto l’ammutinamento
è della reclusione militare da uno a cinque anni.
Se il fatto ha carattere di particolare gravità per
il numero dei colpevoli o per i motivi che lo hanno determinato, ovvero
se è commesso in circostanze di pericolo a bordo di una nave o di un
aeromobile, le pene suddette sono aumentate dalla metà a due terzi.
La condanna importa la rimozione.
Se il colpevole cede alla prima intimazione, si
applica la reclusione militare fino a sei mesi, tranne che abbia
promosso, organizzato o diretto l’ammutinamento, nel qual caso la pena
è della reclusione militare fino a un anno.
Art. 176. Provocazione del superiore.
Quando alcuno dei reati preveduti dai due articoli
precedenti è commesso nello stato d’ira determinato dal fatto
ingiusto del superiore, consistente in una violenza o altra grave offesa
verso l’inferiore, e subito dopo di essa, le pene ivi stabilite sono
diminuite da un terzo alla metà.
Art. 177. Omesso rapporto.
Il militare, che, sebbene non presente ad alcuno dei
fatti enunciati negli articoli 174 e 175, omette di farne rapporto ai
superiori appena ne abbia avuto notizia, è punito con la reclusione
militare fino a un anno.
Se il colpevole è un ufficiale, la reclusione
militare è da uno a due anni.
Art. 178. Accordo a fine di commettere rivolta o
ammutinamento.
Quando quattro o più militari si accordano a fine di
commettere alcuno dei reati di rivolta o ammutinamento preveduti dagli
articoli precedenti, coloro che partecipano all’accordo sono puniti,
se il reato non è commesso, con la pena stabilita per il reato stesso,
diminuita da un terzo alla metà.
Art. 179. Cospirazione per compromettere la
sicurezza del posto o l’autorità del comandante.
Quando più militari si accordano per commettere un
reato a fine di compromettere la sicurezza della nave o dell’aeromobile,
del forte o del posto, o di impedire l’esercizio dei poteri del
comandante, ciascuno di essi, perciò solo, è punito con la reclusione
militare non inferiore a due anni.
Art. 180. Domanda, esposto o reclamo
collettivo, previo accordo
(1).
Se la domanda, l’esposto o il reclamo è presentato
da quattro o più militari mediante pubblica manifestazione, la pena è
della reclusione militare da sei mesi a tre anni.
(1) Vedasi sent. C. Cost. 2 maggio 1985, n. 126.
Art. 181. Nei Casi di non punibilità.
Casi indicati nei tre articoli precedenti, non sono
punibili:
1) coloro che recedono dall’accordo prima che sia
commesso il reato per cui l’accordo è intervenuto, e anteriormente
all’arresto ovvero al procedimento;
2) coloro che impediscono comunque che sia compiuta
l’esecuzione del reato per cui l’accordo è intervenuto.
Art. 182. Attività sediziosa.
Il militare, che svolge un’attività diretta a
suscitare in altri militari il malcontento per la prestazione del
servizio alle armi o per l’adempimento di servizi speciali, è punito
con la reclusione militare fino a due anni.
Art. 183. Manifestazioni e grida sediziose.
Il militare, che pubblicamente compie manifestazioni
sediziose o emette grida sediziose, è punito, se il fatto non
costituisce un più grave reato, con la reclusione militare fino a un
anno.
Art. 184. Raccolta di sottoscrizioni per rimostranza
o protesta. Adunanza di militari.
Il militare, che raccoglie sottoscrizioni per una
collettiva rimostranza o protesta in cose di servizio militare o
attinenti alla disciplina, o che la sottoscrive, è punito con la
reclusione militare fino a sei mesi.
La stessa pena si applica al militare, che, per
trattare di cose attinenti al servizio militare o alla disciplina,
arbitrariamente promuove un’adunanza di militari, o vi partecipa.
Art. 185. Rilascio arbitrario di attestazioni o
dichiarazioni.
Se più militari rilasciano arbitrariamente
attestazioni o dichiarazioni concernenti cose o persone militari,
ciascuno di essi è punito con la reclusione militare fino a sei mesi.
Capo III
DELLA INSUBORDINAZIONE.
Art. 186. Insubordinazione con violenza.
Il militare che usa violenza contro un superiore è
punito con la reclusione militare da uno a tre anni.
Se la violenza consiste nell’omicidio volontario,
consumato o tentato, nell’omicidio preterintenzionale ovvero in una
lesione personale grave, o gravissima, si applicano le corrispondenti
pene stabilite dal codice penale. La pena detentiva temporanea può
essere aumentata.
Art. 187. Circostanze aggravanti.
Nella ipotesi di cui all’articolo precedente la
pena può essere aumentata se il superiore offeso è il comandante del
reparto o il militare preposto al servizio o il capo di posto.
Art. 188. Circostanza attenuante: cause estranee
al servizio e alla disciplina militare.
(Abrogato dall’art. 7 legge 26/11/85, n. 689).
Art. 189. Insubordinazione con minaccia o ingiuria.
Il militare, che minaccia un ingiusto danno ad un
superiore in sua presenza, è punito con la reclusione militare da sei
mesi a tre anni.
Il militare, che offende il prestigio, l’onore, o
la dignità di un superiore in sua presenza, è punito con la reclusione
militare fino a due anni.
Le stesse pene si applicano al militare, che commette
i fatti indicati nei commi precedenti mediante comunicazione
telegrafica, telefonica, radiofonica o televisiva, o con scritti o
disegni o con qualsivoglia altro mezzo di comunicazione, diretti al
superiore.
Art. 190. Circostanze aggravanti.
Le pene stabilite dall’articolo precedente sono
aumentate:
1) se la minaccia è usata per costringere il
superiore a compiere un atto contrario ai propri doveri, ovvero a
compiere o ad omettere un atto del proprio ufficio o servizio, ovvero
per influire comunque sul superiore;
2) se il superiore offeso è il comandante del
reparto o il militare preposto al servizio o il capo di posto;
3) se la minaccia è grave o ricorre alcuna delle
circostanze indicate nel primo comma dell’articolo 339 del codice
penale.
Se ricorre alcuna delle circostanze indicate nel
secondo comma dello stesso articolo 339, si applica la reclusione
militare da tre anni a quindici anni.
Art. 191. Minaccia o ingiuria in assenza del
superiore.
(Abrogato dall’art. 7 legge 26/11/85, n. 689).
Art. 192. Circostanza attenuante: cause estranee
al servizio e alla disciplina militare.
(Abrogato dall’art. 7 legge 26/11/85, n. 689).
Art. 193. Funzioni esercitate dal superiore.
(Abrogato dall’art. 7 legge 26/11/85, n. 689).
Art. 194. Provocazione del superiore.
(Abrogato dall’art. 7 legge 26/11/85, n. 689).
Capo IV
Dell’abuso di autorità.
Art. 195. Violenza contro un inferiore.
Il militare, che usa violenza contro un inferiore,
è punito con la reclusione militare da uno a tre anni.
Se la violenza consiste nell’omicidio volontario,
consumato o tentato, nell’omicidio preterintenzionale, ovvero in una
lesione personale grave o gravissima, si applicano le corrispondenti
pene stabilite dal codice penale. La pena detentiva temporanea può
essere aumentata.
Art. 196. Minaccia o ingiuria a un inferiore.
Il militare, che minaccia un ingiusto danno ad un
inferiore in sua presenza, è punito con la reclusione militare da sei
mesi a tre anni.
Il militare, che offende il prestigio, l’onore o
la dignità di un inferiore in sua presenza, è punito con la
reclusione militare fino a due anni.
Le stesse pene si applicano al militare che
commette i fatti indicati nei commi precedenti mediante comunicazione
telegrafica, telefonica, radiofonica o televisiva, o con scritti o
disegni o con qualsivoglia altro mezzo di comunicazione, diretti all’inferiore.
La pena è aumentata se la minaccia è grave o se
ricorre alcuna delle circostanze indicate nel primo comma dell’articolo
339 del codice penale.
Se ricorre alcuna delle circostanze indicate nel
secondo comma dello stesso articolo 339, si applica la reclusione
militare da tre a quindici anni.
Art. 197. Circostanza attenuante: cause
estranee al servizio e alla disciplina militare.
(Abrogato dall’art. 7 legge 26/11/85, n° 689).
Art. 198. Provocazione.
Se alcuno dei reati preveduti dai capi terzo e
quarto è commesso nello stato d’ira determinato da un fatto
ingiusto del superiore o dell’inferiore, e subito dopo di esso o
subito dopo che il colpevole ne ha avuta notizia, alla pena dell’ergastolo
è sostituita la reclusione non inferiore a quindici anni e le altre
pene sono diminuite da un terzo alla metà.
Capo V
DisposizionE comunE ai capi terzo e quarto.
Art. 199. Cause estranee al servizio o alla
disciplina militare.
Le disposizioni dei capi terzo e quarto non si
applicano quando alcuno dei fatti da esse preveduto è commesso per
cause estranee al servizio e alla disciplina militare, fuori dalla
presenza di militari riuniti per servizio e da militare che non si
trovi in servizio o a bordo di una nave militare o di un aeromobile
militare.
Capo VI
DEL REATO MILITARE DI DUELLO.
Sezione I
Disposizione generale.
Art. 200. Disposizioni penali applicabili.
(Disposizioni da ritenere anacronistiche e, pertanto,
non più applicabili).
Sezione II
Del duello fra superiore e inferiore.
Art. 201. Inferiore che sfida il superiore;
accettazione; duello.
(Disposizioni da ritenere anacronistiche e,
pertanto, non più applicabili).
Art. 202. Superiore che sfida l’inferiore;
accettazione; duello.
(Disposizioni da ritenere anacronistiche e,
pertanto, non più applicabili).
Art. 203. Promozione dell’inferiore.
(Disposizioni da ritenere anacronistiche e,
pertanto, non più applicabili).
Sezione III
Del duello fra eguali.
Art. 204. Sfida; accettazione; duello.
(Disposizioni da ritenere anacronistiche e,
pertanto, non più applicabili).
Sezione IV
Disposizioni comuni alle sezioni seconda e terza.
Art. 205. Casi di non punibilità.
(Disposizioni da ritenere anacronistiche e, pertanto,
non più applicabili).
Art. 206. Circostanze aggravanti e circostanza
attenuante.
(Disposizioni da ritenere anacronistiche e, pertanto,
non più applicabili).
Art. 207. Esclusione della rimozione.
(Disposizioni da ritenere anacronistiche e, pertanto,
non più applicabili).
Art. 208. Omesso deferimento della vertenza al giurì
d’onore.
(Disposizioni da ritenere anacronistiche e, pertanto,
non più applicabili).
Art. 209.Casi di applicazione delle pene stabilite
per la insubordinazione, l’abuso di autorità, l’omicidio e la
lesione personale.
(Disposizioni da ritenere anacronistiche e, pertanto,
non più applicabili).
Art. 210. Facoltà di non rinviare a giudizio o
di non pronunciare condanna.
(Disposizioni da ritenere anacronistiche e, pertanto,
non più applicabili).
Art. 211. Duello fra militari in servizio e
militari in congedo, e fra militari in servizio e persone estranee
alle Forze armate dello Stato.
(Abrogato dall’art. 5, legge 23/03/56, n. 167).
Capo VII
Della istigazione a delinquere.
Art. 212. Istigazione a commettere reati militari.
Salvo che la legge disponga altrimenti, il militare,
che istiga uno o più militari in servizio alle armi a commettere un
reato militare, è punito, se l’istigazione non è accolta, ovvero se
l’istigazione è accolta ma il reato non è commesso, con la
reclusione militare fino a cinque anni. Tuttavia, la pena è sempre
applicata in misura inferiore alla metà della pena stabilita per il
reato al quale si riferisce l’istigazione.
La stessa pena si applica se l’istigato è un
militare in congedo illimitato, e l’istigazione si riferisce ad uno
dei reati per i quali, secondo l’art. 7 di questo codice, ai militari
in congedo illimitato è applicabile la legge penale militare.
Se il colpevole è superiore dell’istigato, la
condanna importa la rimozione.
Art. 213. Istigazione di militari a disobbedire alle
leggi.
Il militare, che commette alcuno dei fatti d’istigazione
o di apologia indicati nell’articolo 266 del codice penale, verso
militari in servizio alle armi o in congedo, soggiace alle pene ivi
stabilite, aumentate da un sesto a un terzo.
Le stesse pene si applicano al militare, che istiga
iscritti di leva a violare i doveri inerenti a questa loro qualità.
La condanna, quando non ne derivi la degradazione,
importa la rimozione.
Art. 214. Militari in congedo.
Le disposizioni dell’articolo 212 si applicano
anche se il fatto è commesso da un militare in congedo illimitato,
sempreché l’istigazione si riferisca a reati esclusivamente militari
ovvero a reati per i quali è prevista, a norma dell’articolo 7 del
codice penale militare di pace, l’applicabilità della legge penale
militare ai militari in congedo.
Titolo IV
REATI SPECIALI CONTRO L’AMMINISTRAZIONE MILITARE,
CONTRO LA FEDE PUBBLICA, CONTRO LA PERSONA E CONTRO IL PATRIMONIO.
Capo I
Del peculato e della malversazione militare.
Art. 215. Peculato militare.
Il militare incaricato di funzioni amministrative o
di comando, che, avendo per ragione del suo ufficio o servizio il
possesso di denaro o di altra cosa mobile, appartenente all’amministrazione
militare, se l’appropria, è punito con la reclusione da due a dieci
anni.
Art. 216. Malversazione a danno di militari.
Il militare incaricato di funzioni amministrative o
di comando, che si appropria, o comunque distrae a profitto proprio o di
un terzo, denaro o altra cosa mobile, appartenente ad altro militare e
di cui egli ha il possesso per ragione del suo ufficio o servizio, è
punito con la reclusione da due a otto anni.
Art. 217. Peculato e malversazione del portalettere.
Il militare incaricato del servizio di portalettere,
che commette l’appropriazione o la distrazione preveduta dai due
articoli precedenti, o che, comunque, si appropria, o distrae a profitto
proprio o di altri, con danno dell’amministrazione militare o di
militari, valori o cose di cui ha il possesso per ragione del suo
servizio, è punito con le pene in detti articoli stabilite, diminuite
da un terzo alla metà.
Art. 218. Peculato militare mediante profitto dell’errore altrui.
Il militare incaricato di funzioni amministrative o di comando,
che, nell’esercizio di esse, giovandosi dell’errore altrui, riceve o
ritiene indebitamente, per sé o per un terzo, denaro o altra cosa
mobile, appartenente ad altro militare o all’amministrazione militare,
è punito con la reclusione militare da due mesi a tre anni.
Art. 219. Pena accessoria.
La condanna per alcuno dei reati indicati negli articoli
precedenti, quando non ne derivi la degradazione, importa la rimozione.
Capo II
Reati di falso.
Art. 220. Falso in fogli di licenza, di via e simili.
Il militare, che forma, in tutto o in parte, un
falso foglio di licenza o di via o un permesso o una autorizzazione di
libera uscita o d’ingresso o di libera circolazione in uno
stabilimento militare, o un documento di entrata in un luogo di cura
militare o di uscita da questo, ovvero altera alcuno di detti fogli,
autorizzazioni o documenti veri, è punito con la reclusione militare
fino a un anno. La stessa pena si applica al militare, che fa uso di
alcuno dei fogli, autorizzazioni o documenti indicati nel comma
precedente, da altri falsificato o alterato, ovvero regolarmente
rilasciato ad altro militare e non alterato.
Art. 221. Usurpazione di decorazioni o distintivi
militari.
Il militare, che porta abusivamente in pubblico
decorazioni militari, o segni distintivi di grado, cariche, specialità,
brevetti militari, è punito con la reclusione militare fino a sei mesi.
Capo III
Reati contro la persona.
Art. 222. Percosse.
Il militare, che percuote altro militare, se dal
fatto non deriva una malattia nel corpo o nella mente, è punito con la
reclusione militare fino a sei mesi.
Tale disposizione non si applica, quando la legge
considera la violenza come elemento costitutivo o come circostanza
aggravante di un altro reato.
Art. 223. Lesione personale.
Il militare che, cagiona ad altro militare una
lesione personale, dalla quale deriva una malattia nel corpo o nella
mente, è punito, se il fatto non costituisce un più grave reato, con
la reclusione militare da due mesi a due anni.
Se la malattia ha una durata non superiore ai dieci
giorni, e non ricorre alcuna delle circostanze aggravanti prevedute
dagli articoli 583 e 585 del codice penale, si applica la reclusione
militare fino a sei mesi.
Art. 224. Lesione personale grave o gravissima.
Se la lesione personale, commessa dal militare a
danno di altro militare, è grave, si applica la reclusione da due a
sette anni. Se la lesione personale è gravissima, si applica la
reclusione da cinque a dodici anni.
Art. 225. Circostanza aggravante e circostanza
attenuante.
Nei casi preveduti dai due articoli precedenti, la
pena è aumentata da un terzo alla metà, se ricorre alcuna delle
circostanze aggravanti indicate nell’articolo 576 del codice penale;
ed è aumentata fino a un terzo, se ricorre alcuna delle circostanze
aggravanti indicate nell’articolo 577 di detto codice, ovvero se il
fatto è commesso con armi o con sostanze corrosive.
Se alcuno dei fatti preveduti dai tre articoli
precedenti è commesso a causa d’onore, nelle circostanze indicate
nell’articolo 587 del codice penale, si applicano le disposizioni di
detto codice, sostituita la pena della reclusione militare alla pena
della reclusione.
Art. 226. Ingiuria.
Il militare, che offende l’onore o il decoro di
altro militare presente, è punito, se il fatto non costituisce un più
grave reato, con la reclusione militare fino a quattro mesi.
Alla stessa pena soggiace il militare, che commette
il fatto mediante comunicazione telegrafica o telefonica, o con scritti
o disegni, diretti alla persona offesa. La pena è della reclusione
militare fino a sei mesi, se l’offesa consiste nell’attribuzione di
un fatto determinato.
Art. 227. Diffamazione.
Il militare, che, fuori dei casi indicati nell’articolo
precedente, comunicando con più persone, offende la reputazione di
altro militare, è punito, se il fatto non costituisce un più grave
reato, con la reclusione militare fino a sei mesi.
Se l’offesa consiste nell’attribuzione di un
fatto determinato, o è recata per mezzo della stampa o con qualsiasi
altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico, la pena è della
reclusione militare da sei mesi a tre anni. Se l’offesa è recata a un
corpo militare, ovvero a un ente amministrativo o giudiziario militare,
le pene sono aumentate.
Art. 228. Ritorsione. Provocazione.
Nei casi preveduti dall’articolo 226, se le offese
sono reciproche, il giudice può dichiarare non punibili uno o entrambi
gli offensori.
Non è punibile chi ha commesso alcuno dei fatti
preveduti dagli articoli 226 e 227 nello stato d’ira determinato da un
fatto ingiusto altrui, e subito dopo di esso.
Art. 229. Minaccia.
Il militare, che minaccia ad altro militare un
ingiusto danno, è punito, se il fatto non costituisce un più grave
reato, con la reclusione militare fino a due mesi. Se la minaccia è
grave, si applica la reclusione militare fino a sei mesi. Se la minaccia
è fatta in uno dei modi indicati nell’articolo 339 del codice penale,
la pena è della reclusione militare fino a un anno.
Capo IV
Reati contro il patrimonio.
Art. 230. Furto militare.
Il militare, che, in luogo militare, si impossessa
della cosa mobile altrui, sottraendola ad altro militare che la detiene,
al fine di trarne profitto per sé o per altri, è punito con la
reclusione militare da due mesi a due anni.
Se il fatto è commesso a danno della amministrazione
militare, la pena è della reclusione militare da uno a cinque anni.
La condanna importa la rimozione.
Agli effetti della legge penale militare, sotto la
denominazione di luogo militare si comprendono le caserme, le
navi, gli aeromobili, gli stabilimenti militari e qualunque altro luogo,
dove i militari si trovano, ancorché momentaneamente, per ragione di
servizio.
Art. 231. Circostanze aggravanti.
La pena è della reclusione da uno a cinque anni nel
caso preveduto dal primo comma dell’articolo precedente, e da due a
sette anni nel caso preveduto dal secondo comma dell’articolo stesso:
1) se il colpevole usa violenza sulle cose o si
vale di un qualsiasi mezzo fraudolento;
2) se il colpevole porta in dosso armi o narcotici,
senza farne uso;
3) se il fatto è commesso con destrezza, ovvero
strappando la cosa di mano o di dosso alla persona;
4) 4) se il
fatto è commesso da tre o più persone, ovvero anche da una sola,
che
sia travisata.
Se concorrono due o più delle circostanze indicate
nel comma precedente, ovvero se una di tali circostanze concorre con
altra fra quelle indicate nell’articolo 61 del codice penale o nell’articolo
47 di questo codice, si applica la reclusione da due a otto anni, nel
caso preveduto dal primo comma dell’articolo precedente, e la
reclusione da tre a dieci anni, nel caso preveduto dal secondo comma
dell’articolo stesso.
La condanna, quando non ne derivi la degradazione,
importa la rimozione.
Art. 232. Furto a danno del superiore al cui
personale servizio il colpevole sia addetto, o nell’abitazione
dello stesso superiore.
Il militare addetto al personale servizio di un
superiore, che, in qualsiasi luogo, s’impossessa della cosa mobile
altrui, sottraendola al superiore che la detiene, al fine di trarne
profitto per sé o per altri, è punito con la reclusione da due a
sette anni.
La disposizione del comma precedente si applica
anche se il fatto è commesso, nell’abitazione del superiore, a
danno di persona con questo convivente.
Se ricorre alcuna delle circostanze indicate nel
primo comma dell’articolo precedente, la pena è della reclusione da
tre a dieci anni.
Se concorrono due o più delle circostanze indicate
nel primo comma dell’articolo precedente, o se alcuna di dette
circostanze concorre con altra fra quelle indicate nell’articolo 61
del codice penale o nell’articolo 47 di questo codice, la pena è
della reclusione da quattro a dodici anni.
La condanna, quando non ne derivi la degradazione,
importa la rimozione.
Art. 233. Furto d’uso o su cose di tenue
valore. Furto di oggetti di vestiario o di equipaggiamento.
Si applica la reclusione militare fino a sei mesi:
1) se il colpevole ha agito al solo scopo di fare
uso momentaneo della cosa sottratta, e questa, dopo l’uso
momentaneo, è stata immediatamente restituita;
2) se il fatto è commesso su cose di tenue
valore, per provvedere a un grave e urgente bisogno;
3) se il fatto è commesso su oggetti di
vestiario o di equipaggiamento militare, al solo scopo di sopperire
a deficienze del proprio corredo.
Tali disposizioni non si applicano, se ricorre
alcuna delle circostanze indicate nei nn. 1, 2 e 3 del primo comma
dell’articolo 231.
Art. 234. Truffa.
Il militare, che, con artifici o raggiri, inducendo
taluno in errore, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con
danno di altro militare, è punito con la reclusione militare da sei
mesi a tre anni.
La pena è della reclusione militare da uno a cinque
anni:
1) se il fatto è commesso a danno dell’amministrazione
militare o col pretesto di fare esonerare taluno dal servizio
militare;
2) se il fatto
è commesso, ingenerando nella persona offesa il timore di un pericolo
immaginario o l’erroneo convincimento di dover eseguire un ordine
dell’autorità.
La condanna importa la rimozione.
Art. 235. Appropriazione indebita.
Il militare, che, per procurare a sé o ad altri un
ingiusto profitto, si appropria il denaro o la cosa mobile di altro
militare, di cui abbia, a qualsiasi titolo, il possesso, è punito con
la reclusione militare fino a tre anni.
Se il fatto è commesso su cose possedute a titolo
di deposito necessario o appartenenti all’amministrazione militare,
la pena è aumentata.
Se il fatto è commesso su oggetti di vestiario o
di equipaggiamento militare, al solo scopo di sopperire a deficienze
del proprio corredo, si applica la reclusione militare fino a sei
mesi.
Nei casi preveduti dal primo e dal secondo comma,
la condanna importa la rimozione.
Art. 236. Appropriazione di cose smarrite o
avute per errore o caso fortuito.
E’ punito con la reclusione militare fino a sei
mesi:
1) il militare, che, avendo trovato, in luogo
militare, denaro o cose da altri smarrite, se li appropria o non
li consegna al superiore entro ventiquattro ore;
2) il militare, che si appropria cose
appartenenti ad altri militari o all’amministrazione militare,
delle quali sia venuto in possesso per errore altrui o per caso
fortuito.
Se il colpevole conosceva il proprietario della
cosa che si è appropriata, la pena è della reclusione militare fino
a due anni.
Art. 237. Ricettazione.
Fuori dei casi di concorso nel reato, il militare,
che, al fine di procurare a sé o ad altri un profitto, acquista, riceve
od occulta denaro o cose provenienti da un qualsiasi reato militare, o
comunque si intromette nel farli acquistare, ricevere od occultare, è
punito con la reclusione militare fino a due anni.
Se il denaro o le cose provengono da un reato
militare, che importa una pena detentiva superiore nel massimo a cinque
anni o una pena più grave, si applica la reclusione fino a sei anni.
Le disposizioni di questo articolo si applicano anche
quando l’autore del reato, da cui il denaro o le cose provengono, non
è imputabile o non è punibile.
La condanna, quando non ne derivi la degradazione,
importa la rimozione.
Titolo V
DISPOSIZIONI RELATIVE AI MILITARI IN CONGEDO,
AI MOBILITATI CIVILI E ALLE PERSONE ESTRANEE
ALLE FORZE ARMATE DELLO STATO.
Capo I
Disposizioni per i militari in congedo.
Art. 238. Reati commessi dal militare in congedo
a causa del servizio prestato.
E’ punito a norma delle rispettive disposizioni di
questo codice il militare in congedo, che, a causa del servizio
prestato, commette verso un militare in servizio o in congedo alcuno dei
fatti preveduti dai capi terzo, quarto e sesto del titolo terzo di
questo libro; purché il fatto medesimo sia stato commesso entro due
anni dal giorno in cui il militare ha cessato di prestare servizio alle
armi.
Art. 239. Reati commessi contro militari in congedo
a causa del servizio prestato.
E’ punito a norma delle rispettive disposizioni di
questo codice il militare in servizio alle armi o considerato tale, che,
a causa del servizio prestato, commette verso un militare in congedo
alcuno dei fatti preveduti dai capi terzo, quarto e sesto del titolo
terzo di questo libro.
Art. 240. Reati commessi contro militari in congedo
che vestono, ancorché indebitamente, l’uniforme militare.
Il militare in servizio alle armi, o considerato
tale, che commette alcuno dei fatti previsti dai capi terzo, quarto e
sesto del titolo terzo di questo libro, contro un militare in congedo
mentre questi veste, ancorché indebitamente, l’uniforme militare, è
punito a norma delle rispettive disposizioni di questo codice.
Art. 241. Militari in congedo assoluto.
Le disposizioni contenute nei tre articoli
precedenti si applicano anche se gli offesi avevano, al momento del
fatto, cessato di appartenere alle Forze armate dello Stato.
Capo II
Disposizioni per i mobilitati civili.
Art. 242. Mutilazione o infermità procurata o
simulazione d’infermità.
Chiunque, a fine di sottrarsi agli obblighi della
mobilitazione civile, si mutila o si procura infermità o
imperfezioni, ovvero simula infermità o imperfezioni, è punito a
norma delle disposizioni degli articoli 157, 158, primo e terzo comma,
e 159, relative al militare che commette i fatti predetti a fine di
sottrarsi all’obbligo del servizio militare. Tuttavia, la pena è
diminuita.
Art. 243. Abbandono del servizio da parte del
mobilitato civile.
Chiunque, appartenendo al personale di uno
stabilimento statale di produzione per la guerra ovvero a uno
stabilimento privato mobilitato, si assenta senza autorizzazione dallo
stabilimento per oltre cinque giorni, ovvero, essendone legittimamente
assente, non vi rientra, senza giusto motivo, nei cinque giorni
successivi a quello prefissogli, è punito con la reclusione militare
da sei mesi a due anni.
La stessa pena si applica al militare dispensato,
all’ammesso a ritardo o all’esonerato dal richiamo alle armi per
mobilitazione, che, appartenendo al personale di alcuno degli
stabilimenti indicati nel comma precedente, si assenta senza
autorizzazione dallo stabilimento per oltre ventiquattro ore, ovvero,
essendone legittimamente assente, non vi rientra, senza giusto motivo,
nello stesso termine.
Se il fatto è commesso da tre o più persone,
previo accordo, la pena è aumentata da un terzo alla metà.
Se la durata dell’assenza non supera quindici
giorni, la pena può essere diminuita da un terzo alla metà.
Art. 244. Violenza contro superiori nella
gerarchia tecnica o amministrativa o contro militari preposti alla
sorveglianza disciplinare.
Chiunque, appartenendo al personale di alcuno degli
stabilimenti indicati nell’articolo precedente, usa violenza contro
un superiore nella gerarchia tecnica o amministrativa dello
stabilimento stesso, ovvero contro chi rappresenta l’autorità
militare preposta alla sorveglianza disciplinare dello stabilimento,
è punito con la reclusione militare da due a cinque anni.
Se il fatto è commesso per cause estranee al
servizio, si applica la reclusione militare da uno a tre anni.
Se il colpevole ha reagito in stato d’ira
determinato da un fatto ingiusto del superiore o del rappresentante
dell’autorità militare, la pena è diminuita da un terzo alla
metà.
Se la violenza consiste nell’omicidio, ancorché
tentato o preterintenzionale, o in una lesione personale gravissima o
grave, si applicano le corrispondenti pene stabilite dal codice
penale. Tuttavia, la pena detentiva temporanea è aumentata.
Art. 245. Minaccia o ingiuria a superiori nella
gerarchia tecnica o amministrativa o contro militari preposti alla
sorveglianza disciplinare.
Chiunque, appartenendo al personale di alcuno degli
stabilimenti indicati nell’articolo 243, minaccia un ingiusto danno
a un superiore nella gerarchia tecnica o amministrativa dello
stabilimento stesso, ovvero a chi rappresenta l’autorità militare
preposta alla sorveglianza disciplinare dello stabilimento, ovvero ne
offende, in sua presenza, l’onore o il decoro, è punibile con la
reclusione militare fino a tre anni.
La stessa pena si applica, se l’ingiuria è
commessa mediante comunicazione telegrafica o telefonica, o con
scritti o disegni, diretti alla persona offesa.
Se il fatto è commesso per cause estranee al
servizio, la pena è della reclusione militare fino a due anni.
Se il colpevole ha reagito in stato d’ira
determinato da un fatto ingiusto del superiore o del rappresentante
dell’autorità militare, la pena è diminuita da un terzo alla
metà.
Art. 246. Rifiuto di obbedienza a superiori nella
gerarchia tecnica o amministrativa o a militari preposti alla
sorveglianza disciplinare.
Chiunque, appartenendo al personale di alcuno degli
stabilimenti indicati nell’articolo 243, rifiuta, omette o ritarda di
obbedire a un ordine, inerente al servizio o alla disciplina, di un
superiore nella gerarchia tecnica o amministrativa dello stabilimento,
ovvero di chi rappresenta l’autorità militare preposta alla
sorveglianza disciplinare dello stabilimento, è punito con la
reclusione militare fino a otto mesi.
Se il fatto è commesso durante il servizio, o in
presenza di più persone appartenenti allo stabilimento stesso, la pena
è aumentata.
Art. 247. Violenza usata da superiori nella
gerarchia tecnica o amministrativa o da militari preposti alla
sorveglianza disciplinare.
Chiunque, appartenendo al personale di alcuno degli
stabilimenti indicati nell’articolo 243, usa violenza contro un
inferiore nella gerarchia tecnica o amministrativa dello stabilimento
stesso, è punito con la reclusione militare da sei mesi a un anno.
Se il colpevole ha reagito in stato d’ira
determinato da un fatto ingiusto dell’inferiore, la pena è diminuita
dalla metà ai due terzi.
Le stesse disposizioni si applicano, se il fatto è
commesso da chi rappresenta l’autorità militare preposta alla
sorveglianza disciplinare dello stabilimento, contro un appartenente
allo stabilimento medesimo.
Se la violenza consiste nell’omicidio, ancorché
tentato o preterintenzionale, o in una lesione personale, si applicano
le corrispondenti pene del codice penale. Tuttavia, la pena detentiva
temporanea è aumentata.
Art. 248. Minaccia o ingiuria a un inferiore.
Chiunque, appartenendo al personale di alcuno degli
stabilimenti indicati nell’articolo 243, minaccia un ingiusto danno a
un inferiore nella gerarchia tecnica o amministrativa dello stabilimento
stesso, ovvero ne offende, in sua presenza, l’onore o il decoro, è
punito con la reclusione militare fino a otto mesi.
La pena è della reclusione militare fino a due anni,
se la minaccia è grave o è fatta in uno dei modi indicati nell’articolo
339 del codice penale.
Le stesse pene si applicano, se il fatto è commesso
mediante comunicazione telegrafica o telefonica, o con scritti o
disegni, diretti alla persona offesa.
Si applica la disposizione del secondo comma dell’articolo
precedente.
Art. 249. Violenza a causa d’onore.
Quando alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 244
e 247 è commesso a causa d’onore nelle circostanze indicate nell’articolo
587 del codice penale, si applicano le disposizioni di detto codice.
Art. 250. Ostruzionismo o sabotaggio nei lavori.
Chiunque, appartenendo al personale di alcuno degli
stabilimenti indicati nell’articolo 243, ostacola il corso dei lavori,
ovvero esegue lavorazione difettosa, o deteriora il materiale di lavoro
affidatogli, è punito, se il fatto non costituisce un più grave reato,
con la reclusione militare da uno a cinque anni.
Se dal fatto è derivato grave danno, si applica la
reclusione militare non inferiore a sette anni.
Art. 251. Violazioni di disposizioni dell’autorità
statale preposta alle fabbricazioni di guerra.
Salvo che il fatto costituisca un più grave reato,
è punito con la reclusione militare da tre mesi a cinque anni il
dirigente o preposto a un ente o stabilimento privato mobilitato, o che
abbia ricevuto dall’autorità statale preposta alle fabbricazioni di
guerra il preavviso della dichiarazione di ausiliarietà, il quale:
1) ritarda od omette di comunicare notizie o dati
richiesti dalla predetta autorità, relativi all’attività dello
stabilimento, ovvero li fornisce in modo infedele o incompleto;
2) presenta all’autorità suindicata domanda di
assegnazione di materie prime o di prodotti industriali per quantità
superiore a quella necessaria e sufficiente;
3) aliena le materie prime o i prodotti industriali
assegnatigli dalla detta autorità, ovvero li utilizza per scopi
diversi da quelli per i quali erano stati concessi;
4) omette o trascura la manutenzione degli impianti
dello stabilimento, cagionando la riduzione della sua capacità
produttiva;
5) procede, senza autorizzazione dell’autorità
suindicata, a trasformazioni o trasferimenti di stabilimenti o
reparti, oppure ad alienazione di tutti o parte degli stessi, o di
macchinari.
Capo III
Disposizioni per i piloti non militari di navi
militari o aeromobili militari, per i capitani di navi mercantili e per
i comandanti di aeromobili civili.
Art. 252. Pilota che cagiona la perdita, ovvero l’investimento,
l’incaglio o l’avaria della nave.
Il pilota, che cagiona la perdita di una nave
militare da lui condotta o di una nave di un convoglio sotto scorta o
direzione militare da lui condotto, è punito con l’ergastolo.
Il pilota, che cagiona l’investimento di una nave
militare da lui condotta o di una nave di un convoglio sotto scorta o
direzione militare da lui condotto, o cagiona ad essa incaglio o grave
avaria, è punito con la reclusione non inferiore a otto anni.
Se il fatto è commesso per colpa, si applica:
1) la reclusione fino a dieci anni, nel caso
preveduto dal primo comma;
2) la reclusione fino a due anni, nel caso
preveduto dal secondo comma.
Art. 253. Pilota che abbandona la nave.
Il pilota, che abbandona la nave militare o la nave
di un convoglio sotto scorta o direzione militare, da lui condotti, è
punito con la reclusione da uno a cinque anni.
Se il fatto è commesso in caso di pericolo, si
applica la reclusione da tre a dieci anni.
Art. 254. Pilota che rifiuta, omette o ritarda di
prestare servizio.
Il pilota, che, incaricato di condurre una nave
militare o un convoglio sotto scorta o direzione militare, rifiuta,
omette o ritarda di assumere, o comunque di prestare il servizio, è
punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.
Art. 255. Pilota che induce in errore il comandante.
Il pilota di una nave militare o di una nave di un
convoglio sotto scorta o direzione militare, che, mediante indicazioni o
suggerimenti o in qualsiasi altro modo, induce in errore il comandante,
con danno del servizio, è punito con la reclusione da due a dieci anni.
Se l’errore del comandante deriva dalla colpa del
pilota, questi è punito con la reclusione fino a un anno.
Art. 256. Perdita, investimento, avaria o
abbandono di un aeromobile.
Le disposizioni degli articoli precedenti si
applicano anche a colui, che è chiamato a esercitare, relativamente a
un aeromobile militare, funzioni analoghe a quelle del pilota marittimo.
Art. 257. Reati di comandanti di navi mercantili
o aeromobili civili.
Il comandante di una nave mercantile o di un
aeromobile civile in convoglio sotto scorta o direzione militare, che
cagiona la perdita della nave o dell’aeromobile, è punito con l’ergastolo.
Se il comandante si separa dal convoglio, si applica
la reclusione fino a tre anni.
Se il fatto è commesso per colpa, la pena è della
reclusione fino a dieci anni nel caso preveduto dal primo comma, e della
reclusione fino a un anno nel caso preveduto dal secondo comma.
Art. 258. Circostanze attenuanti.
Quando, nei fatti preveduti dal primo e dal secondo
comma dell’articolo 252 e dal primo comma dell’articolo 253,
ricorrono particolari circostanze, che attenuano la responsabilità del
colpevole, alla pena di morte
(1)
è sostituita la reclusione non inferiore a sette anni, e le altre pene
sono diminuite dalla metà a due terzi.
(1) Vedasi nota all’art. 22.
Art. 259. Rifiuto di assistenza a nave o aeromobile
militare.
Il comandante di una nave mercantile o di un
aeromobile civile, cittadino dello Stato, che rifiuta od omette di
prestare a una nave militare o ad un aeromobile militare l’assistenza
chiestagli in circostanze di pericolo, è punito con la reclusione da
uno a tre anni.
Titolo VI
DISPOSIZIONI COMUNI AI TITOLI PRECEDENTI.
Art. 260. Richiesta di procedimento.
I reati preveduti dagli articoli 94, 103, 104, 105,
106, 107, 108, 109, 110, 111 e 112 sono puniti a richiesta del Ministro
da cui dipende il militare colpevole; o, se più sono i colpevoli e
appartengono a forze armate diverse, a richiesta del Ministro da cui
dipende il più elevato in grado, o, a parità di grado, il più
anziano.
I reati, per i quali la legge stabilisce la pena
della reclusione militare non superiore nel massimo a sei mesi, e quello
preveduto dal n. 2 dell’articolo 171 sono puniti a richiesta del
comandante del corpo o di altro ente superiore, da cui dipende il
militare colpevole, o, se più sono i colpevoli e appartengono a corpi
diversi o a forze armate diverse, dal comandante del corpo dal quale
dipende il militare più elevato in grado, o a parità di grado, il
superiore in comando o il più anziano.
I reati qui previsti sono uniti a richiesta del
comandante di altro ente superiore, allorché il comandante del Corpo di
appartenenza del militare colpevole sia la persona offesa dalla condotta
contestata.
Agli effetti della legge penale militare, per i
militari non appartenenti all’esercito, al comandante del corpo è
sostituito il comandante corrispondente delle altre forze armate dello
Stato.
Nei casi preveduti dal secondo e dal terzo comma, la
richiesta non può essere più proposta, decorso un mese dal giorno, in
cui l’autorità ha avuto notizia del fatto che costituisce il reato.
Nei casi preveduti dal primo e dal secondo comma:
1) se il colpevole non è militare, alla richiesta
del Ministro indicato nel primo comma è sostituita la richiesta del
Ministro della forza armata alla quale appartiene il comando dell’unità
presso cui è costituito il tribunale militare competente; e alla
richiesta del comandante del corpo è sostituita la richiesta del
comandante dell’unità, presso cui è costituito il tribunale
militare competente;
2) 2) se più
sono i colpevoli e alcuno di essi non è militare, la richiesta di
procedimento a carico del militare colpevole si estende alle persone
estranee alle Forze armate dello Stato, che sono concorse nel reato.
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