La
legge delega n°266 del luglio 1999 sarebbe stata un’occasione per riconoscere
agli organismi di rappresentanza delle FF.AA. il giusto rilievo in ordine ai
poteri di contrattazione e alle sfere di competenza. Essa avrebbe potuto infatti
inserirsi in un contesto più ampio che spazia dalla proposte di legge sui
diritti sindacali alla esplicite richieste formulate dai rappresentanti COCER,
il tutto sullo sfondo di una sentenza della Corte Costituzionale che ribadisce
la necessità di riconoscere agli organismi di rappresentanza maggiori spazi di
intervento ed una maggiore autonomia.
Il
decreto legislativo n° 129 emanato lo scorso marzo, che doveva, in virtù della
delega prevista dalla legge 266, rivedere le procedure di concertazione delle
FF.AA. e FF.PP., ha invece disatteso platealmente tutte le aspettative, sia
quelle evidenziate dalla giurisprudenza costituzionale e nelle attività
parlamentari e sia quelle messe in luce con vigore dagli organismi di
rappresentanza.
I
punti fondamentali su cui doveva incentrarsi una riforma di questa materia non
sono stati minimamente presi in considerazione.
Un
potere “contrattuale” pieno che riconosce ai delegati una facoltà di
intervento senza intermediari ovvero senza che vi siano quelle figure ambigue
come possono essere gli Stati Maggiori che, celandosi dietro la difesa del
supremo interesse delle Forze Armate, non perdono l’occasione di filtrare se
non contraddire e smontare dietro le quinte ogni attività e ogni proposta
avanzata dagli organi di rappresentanza.
L’ampliamento
degli ambiti di intervento, dando la possibilità ai rappresentanti di trattare
quelle materie su cui vengono ordinariamente sollecitati ad intervenire dai loro
rappresentati. Materie la cui trattazione da parte dei rappresentanti non
inficerebbe gli aspetti operativi e le scelte strategiche, ma che darebbero
invece un sicuro riscontro a quella forte esigenza di tutela della base. La
disciplina delle turnistiche dei servizi, la trasparenza sulle procedure dei
trasferimenti, la tutela nei procedimenti disciplinari, i principi relativi alla
qualificazione professionale, e altre ancora sono tutte materie su cui i
rappresentanti del personale, di una forza Armata che si vuole definire
“moderna” dovrebbero avere la facoltà di intervento in modo diretto,
attraverso la contrattazione e in modo indiretto, per mezzo del diritto di
informazione.
Il
decentramento doveva essere un altro punto fondamentale nella riforma delle
procedure di concertazione. Se oggi agli organi di rappresentanza centrali viene
riconosciuta una qualche minima possibilità di “concertazione”, agli organi
intermedi e a quelli di base queste possibilità sono interamente negate. A
riguardo è emersa in più di qualche occasione, la volontà degli Stati
Maggiori di non riconoscere alle rappresentanze di base un ruolo concertativo.
E’ invece proprio a livello di base che il rappresentante, a contatto con la
realtà quotidiana, sente la forte necessità di avere un ruolo più attivo, di
partecipare in modo diretto alle decisioni prese su quelle stesse materie che
invece a livello centrale vengono concertate. Ovviamente anche il decentramento
avrebbe dovuto essere sviluppato nell’ambito di un potere contrattuale e
dell’ampliamento delle competenze.
L’utilizzo
del condizionale, si rifà alla triste constatazione che nulla di tutto questo
è stato fatto. C’è stato solo un timido cenno del Governo che nel formulare
il 3° comma degli articoli 3 e 4 del D.lgs. 129/00 , ha “concesso”
qualche spazio in più rispetto al diritto di informazione e le forma di
partecipazione alle materie che, sostanzialmente, sono rimaste le stesse del
decreto precedente.
Da
una parte appare evidente, ancora una volta, come non vi sia la volontà di
riconoscere ad un organismo interno alla gerarchia militare quei poteri e
quell’autonomia che sono invece caratteristiche fondamentali degli organismi
di rappresentanza sindacali e elementi indispensabili per garantire al personale
una reale tutela.
Dall’altra
emerge tutta l’ambiguità dell’atteggiamento delle forze di governo che si
contraddicono sostenendo dapprima la tesi sindacale con la presentazione di un
disegno di legge, e poi attuando una riforma delle procedure di concertazione
che lascia sostanzialmente invariata la disciplina precedente. Un atteggiamento
che induce inevitabilmente a pensare che il sostegno alle istanze di riforma
della rappresentanza nel senso sindacale, abbia solamente un carattere
strumentale.
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