Il campanello d'allarme era squillato nitidamente un mese
prima, il due giugno, quando uno dei colonnelli di Alleanza nazionale, il
viceministro per il Commercio estero Adolfo Urso, in un'intervista al Quotidiano
nazionale del gruppo Rieffeser (Nazione, Carlino, Giorno), aveva avvertito: "I
ceti sociali a noi più vicini non sempre sono stati tutelati". E, a scanso
d'equivoci, aveva aggiunto: "Ho incontrato molti militari giustamente scontenti
per la questione degli alloggi e della parametrazione, mi hanno detto che a
queste elezioni non sono andati a votare". Più forte e nitido di così quel
campanello non poteva squillare, ma il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti,
dev'essere affetto da sordità e non l'ha sentito o, peggio, l'ha sentito e l'ha
lasciato squillare senza dargli importanza. Il decreto sulla cartolarizzazione,
cioè sulla vendita di circa cinquemila tra caserme e alloggi militari doveva
essere convertito in legge perchè lui non poteva rinunciare a quei due miliardi
di euro previsti alla voce "entrate", gli sarebbero saltati tutti i conti.
Esattamente un mese dopo quel campanello è diventato una
campana a morto per il decreto "Disposizioni urgenti in materia di
valorizzazione e privatizzazione del patrimonio immobiliare pubblico", affondato
nell'aula di Montecitorio dai voti di 51 deputati di An, che si sono sommati a
quelli del centrosinistra su un emendamento presentato da Franco Giordano, del
Prc, mettendo in minoranza il governo e costringendo Tremonti a ritirare il
provvedimento.
"Finalmente hanno aperto gli occhi, hanno capito che
stavano andando nella direzione sbagliata: non si può pensare di fare soldi
vendendo gli alloggi della Difesa", sottolinea il maresciallo Pasquale Fico,
esponente del Cocer esercito e consigliere comunale di An a Novara.
Contro il decreto sulla svendita degli alloggi e contro
la legge sul riordino delle carriere militari, Fico era giunto alla protesta
estrema: 28 giorni di sciopero della fame e tre della sete. Poi è crollato ed è
finito in ospedale, ricoverato d'urgenza. E ignorato dai media. Ma non è stata
una protesta solitaria, la sua: sebbene con altre forme, il malcontento ha
attraversato quasi tutte le caserme italiane, coinvolgendo soldati, marinai,
avieri e persino carabinieri i quali per mesi hanno disertato le mense militari.
Astensione dal rancio, si chiama. Una protesta proseguita anche dopo che, a fine
maggio, la contestatissima legge sulla parametrazione è stata pubblicata sulla
gazzetta ufficiale: c'era ancora in ballo il decreto sulla privatizzazione degli
alloggi, che ha registrato la contrarietà di tutti i Cocer, gli organismi di
rappresentanza dei militari. Proprio alcuni giorni prima della bocciatura del
provvedimento governativo, il malcontento dei militari si era tradotto in una
petizione promossa da Casadiritto (Comitato nazione utenza e valorizzazione del
demanio militare di abitazione) e ospitata sul sito internet di militari.org, ma "Teodoro
Bontempo (l'artefice del voto di An alla Camera, ndr) ha capito in tempo che
stavano andando nella direzione sbagliata e ha sterzato", commenta il
maresciallo Fico, e la petizione si è fermata.
Le prime crepe nel rapporto tra il partito di
Gianfranco Fini e i "cittadini con le stellette" era comparsa subito dopo
l'inizio della legislatura, quando il presidente della commissione Difesa della
Camera, l'ex generale Luigi Ramponi, di An, ha presentato un disegno di legge di
riforma della rappresentanza militare che, di fatto, "cancella quel minimo di
diritti conquistati dalle forze armate e riporta i militari indietro di trent'anni",
hanno spiegato da più parti. é anche vero che un altro deputato di An, l'ex
maresciallo dei carabinieri Filippo Ascierto, gli ha contrapposto un progetto di
legge che disegna una rappresentanza militare molto avanzata, assai vicina a
forme di sindacato, più vicina alla posizione di Elettra Deiana del Prc
(sindacato tout court) che a quella ufficiale del centrodestra. Infatti, la
proposta di Ramponi (partorita dagli uffici studi degli stati maggiori militari)
è stata fatta propria dall'intera Casa delle libertà e adottata dalla
commissione come testo base per la discussione. Il disegno di legge si è poi
arenato, proprio in seguito alla forte contrarietà espressa dai Cocer delle
forze armate e di sicurezza, ma la crepa non si è richiusa. Anzi, col tempo si è
divaricata. E alle elezioni amministrative del 25 e 26 maggio si è manifestata
nelle urne, penalizzando An. "Non possono continuare a legiferare su materia che
riguardano i militari senza tenere conto del parere delle rappresentanze",
sottolinea il maresciallo Fico.
Così, il 2 luglio, mentre Berlusconi scambiava l'aula
di Strasburgo per la sua villa di Arcore pretendendo che gli europarlamentari
ridessero delle sue "battute" come fanno i suoi vassalli, a Roma si consumava la
ribellione di Alleanza nazionale: "Signor presidente, signori del governo - ha
esordito Gianfranco Anedda, avvocato sardo e deputato di An - la pervicacia e la
caparbietà sono due qualità positive, quasi due virtù; perdono tale qualità
quando si uniscono, quando diventano pervicace caparbietà, che - riporta lo
stenografico della seduta - si trasforma quasi in prepotenza, se non in
arroganza". Parole al vento, anche quelle di Anedda, che, comunque, non
sosteneva le ragioni dei militari, ma accusava il governo "di violare norme
costituzionali, patti già sottoscritti, principi di autonomia nei quali
crediamo" e che riguardano la regione Sardegna. Solo storie di campanile, forse.
"L'elenco dei beni che vengono colpiti da questo provvedimento - spiegava il
deputato di An - appartenenti alla regione Sardegna e riguardanti soprattutto
l'isola di La Maddalena (piena di insediamenti militari, ndr), sono scritti in
una lista di beni immobili di quattro pagine fitte! Non discutiamo di qualcosa
di poco conto, ma di un'intera zona della Sardegna ad altissimo valore
ambientale e storico nella quale sono ricomprese persino la casa e la proprietà
di Garibaldi!". Ma il governo ha tirato dritto anche di fronte all'eroe dei due
mondi".
Così, mentre Berlusconi naufragava sulle secche del
parlamento europeo, il partito di Fini, brandendo il vessillo dell'"eroe dei due
mondi" e spronato dalle forze armate, parte all'attacco del governo e affonda
quel provvedimento che lo riavvicina alla base militare e "fa stare a proprio
agio i nostri elettori", chiarisce Ignazio La Russa, capogruppo di An alla
Camera. Ai forzisti che parlano di "agguato", risponde direttamente Gianfranco
Fini, da Strasburgo, dopo avere superato lo shock per la figuraccia
internazionale rimediata dal presidente del Consiglio: "Non si è trattato di
franchi tiratori, ma del frutto di una decisione presa dal gruppo". Come dire
che, su alcune questioni che rischiano di colpire pesantemente il proprio
elettorato, An non è più disposta a piegarsi all'"arroganza" dell'esecutivo. La
prossima volta, infatti, i rintocchi delle campane a morto potrebbero riguardare
non un decreto ma il governo stesso che, "se continua così, non avrà più i voti
di chi lo ha eletto", conclude il maresciallo Pasquale Fico. E a pagarne il
prezzo più alto, sotto il profilo dei consensi, sarebbe proprio An.
DAL SETTIMANALE AVVENIMENTI DELL'11/07/2003
Articolo a cura di Sebastiano Gulisano