Non era mai successo che
in una caserma dell'Esercito tutto il personale compatto aderisse
allo sciopero mensa, per denunciare il proprio livello di stipendio.
L'unicità della situazione ha colpito anche i vertici del
Ministero della Difesa.
Nei giorni scorsi, infatti, un altissimo ufficiale è giunto
alla caserma De Dominicis di Treviso per riscontrare direttamente
con i soldati le cause della totale mobilitazione.
Da una settimana il 100\% del personale non ritira il rancio.
L'esempio della De Dominicis oltretutto sta facendo scuola:
ora anche in altre due caserme di Treviso, la "Cadorin" e la "Boltar",
è scattato lo sciopero della fame.
Per adesso le percentuali sono basse: nella prima è stato
raggiunto il 50\%, nella seconda il 30\%.
Il fermento come segnale del diffuso malcontento nei confronti
della nuova legge sugli stipendi c'è e Roma l'ha registrato. Ma non
ci sono ancora risposte concrete.
Mercoledì notte molti militari trevigiani, in borghese e fuori
servizio, partiranno con alcuni pullman alla volta di Roma per
unirsi poi alle varie delegazioni che giungeranno da tutta Italia
per manifestare il malcontento dei "non ufficiali" dell'esercito,
inversamente proporzionale all'impegno profuso in tantissime
missioni all'estero.
È stata poi, accolta male la lettera del Capo di Stato
Maggiore dell'Esercito, ten, gen. Gianfranco Ottogalli che in due
passi afferma: "gli organi di informazione che non hanno fornito una
corretta e completa versione dei fatti"; e "Il Capo di Stato
Maggiore della Difesa ha disposto la costituzione di un tavolo
tecnico".
I militari trevigiani hanno replicato: "Per aumentare di 4
volte in due anni lo stipendio degli ufficiali (dai 400 agli 800
euro al mese) non c'è stato bisogno di nessun tavolo tecnico, mentre
per dare appena 10 - 20 euro a marescialli e sergenti, o 5 euro ai
volontari (dopo vari anni dall'ultimo aumento) c'è n'è bisogno".
Sergio Zanellato
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