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RIORDINO DELLE CARRIERE

 

 

COMMENTO ALLA SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE


LEGGI LA BOZZA DEL RIORDINO DEL 18/12/2000

 

Un'altra delusione per chi sperava che vi fosse una giustizia “libera”, in grado di arginare le sperequazioni causate da provvedimenti normativi frutto di ignobili compromessi politici. E il prezzo da pagare è sempre a carico delle categorie meno rappresentate e meno tutelate.

La Corte Costituzionale si è espressa negativamente sulla questione di legittimità posta dal TAR Lombardia, relativa alle sperequazioni createsi tra i sottufficiali delle FF.AA. e i Carabinieri, con i decreti 196/95 e 198/95.

Due sono le argomentazioni dominanti nella sentenza. La prima è incentrata sulla “posizione del sottuficiale delle FF:AA. e  quello dei Carabinieri" che, a detta della Corte, non sono paragonabili in virtù delle funzioni che “differiscono sensibilmente”. Non vi sarebbe stata quindi alcuna violazione della delega 216/92 poichè i decreti avrebbero tenuto conto di queste sensibili differenze. A riguardo, la Corte cita anche la legge 78/2000 (emanata ben 5 anni dopo i decreti) con cui si è voluto riconoscere una specificità al’’Arma dei Carabinieri, costituendo la 4^ Forza Armata.

La seconda argomentazione che emerge, si rifà all’ampia discrezionalità che avrebbe l’Amministrazione nell’adottare “misure di perequazione economica e sull’assetto organizzatorio”.

Per quanto riguarda la prima, nulla da eccepire sulla specificità delle funzioni dei carabinieri. E’ necessario però ribadire che la specificità è legata solo alle funzioni, che meritano un riconoscimento economico, ma non allo status di militare. Anche i Carabinieri infatti possono partecipare a fianco dei militari delle altre Forze Armate, ad operazioni belliche dove però non vi sono differenze di status e tante volte nemmeno di funzioni. Operazioni in cui la gerarchia militare è la stessa e le funzioni di comando come i compiti militari sono gli stessi sia per il Militare che per il Carabiniere. Sotto questo profilo non può che decadere ogni logica che distingue il Carabiniere dal Militare. Da questo punto di vista la sentenza, assieme alla legge che ha costituito la 4^ FF.AA. ha creato i presupposti per una grave affermazione: in Italia esistono militari di classe “A” e militari di classe “B”.

Se questo fosse vero, di fronte alle evidenti qualità superiori e data la delicatezza dei compiti, alle missioni all’estero bisignerebbe inviare prevalentemente i Carabinieri, e, con funzioni solo ausiliarie, qualche contingente delle FF.AA..

Stranamente però, fin’ora è accaduto il contrario.

E’ inevitabile che la questione si presti a considerazioni legate all’Arma, alle sue funzioni e alla sua organizzazione. La domanda a questo punto è la seguente: il Carabiniere è un militare che svolge anche le funzioni di poliziotto o un poliziotto che svolge anche le funzioni di militare? Se la risposta sembra spontanea al primo impatto così non è se si considera che l’Arma è stata appena trasformata nella 4^ Forza Armata. Queste osservazioni riaprono il dibattito sulla opportunità di attuare una riforma che dia così tanta autonomia all’Arma dei Carabibieri. Il mio intervento però mira ad una analisi della sentenza e alle conseguenze che questa può portare, come ad esempiò quelle connesse con l’altra argomentazione della Corte che riconosce una piena discrezionalità alla Amminstrazione di modificare l’assetto organizzatorio e la perequazione economica, nel limite di una ragionevolezza che sembra però eccessivamente labile.

Di fatto questa interpretazione si è concretizzata in una attribuizione all’Amminstrazione di una piena faccoltà di mortificare i sottufficiali delle FF.AA., relegandoli ad un ruolo di second’ordine, penalizzandoli sulle carriere, sul trattamento economico e anche su quello pensionistico.

Anche il richiamo della Corte alla legge 78 del marzo 2000, come espressione di una ratio del legislatore che vuole riconoscere ai Carabinieri le loro peculiarità, suscita forti perplessità. Al di là della inopportunità di richiamare la ratio di una legge emanata ben otto anni dopo la delega 216 del 1992 e cinque anni dopo i decreti chiamati in causa, suscita perplessità il fatto che la Corte non abbia richiamato le due deleghe (una inserita nella stessa legge 78 e l’altra in fase di approvazione) che sono state scritte dallo stesso legislatore richiamato dalla Consulta e che mirano invece a sanare le sperequazioni.

Sono queste considerazioni che fanno pensare più ad una scelta legata alla politica economica (visti gli elevati costi che avrebbe avuto un eventuale sentenza positiva) che a motivi di ragionevolezza del diritto. Qiuesta ipotesi troverebbe inoltre conferma in precedenti pronuncie della Corte.

La sentenza della Corte deve essere pertanto interpretata come una lezione che insegna chiaramente come sia necesssario prevenire le sperequazioni, non intervenendo a posteriori, attraverso la strada del ricorso, ma prevenendole alla fonte. E’ necessario che ogni provvedimento sullo stato giuridico, trattamento economico ed in genere sulle condizioni dei militari, sia il prodotto di una partecipazione diretta delgi interessati, attraverso uno strumento che abbia pieni poteri e che possa impedire che i militari subiscano passivamente quei provvedimenti che tengono conto più dei compromessi politici che delle loro reali aspettative.

I Sottufficiali non chiedono altro che il rispetto della loro dignità, che non deve essere elemosinata a scopo strumentale da qualche esponente politico, ma deve essere invece il risultato di un processo di partecipazione democraticha alle scelte che li riguardano.

Enzo Trevisiol


 

 

 
 

 

   
 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

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COMMENTO ALLA SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE SUL RIORDINO DEI GRADI DEI SOTTUFFICIALI DELLE FORZE ARMATE