RICORSO INQUADRAMENTO CARRIERE
ORDINANZA
N. 296 -
ANNO
2000
|
REPUBBLICA
ITALIANA
IN
NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA
CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Cesare
MIRABELLI Presidente
- Francesco
GUIZZI Giudice
- Fernando
SANTOSUOSSO
- Massimo
VARI
- Riccardo
CHIEPPA
- Gustavo
ZAGREBELSKY
- Valerio
ONIDA
- Carlo
MEZZANOTTE
- Fernanda
CONTRI
- Guido
NEPPI MODONA
- Piero Alberto
CAPOTOSTI
- Annibale
MARINI
- Franco
BILE
- Giovanni Maria
FLICK
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 34,
commi 1, lettera c), 3, 4, 5, 6, 7 e
8, del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 196 (Attuazione dell’art. 3
della legge 6 marzo 1992, n. 216, in materia di riordino dei ruoli, modifica
alle norme di reclutamento, stato ed avanzamento del personale non direttivo
delle Forze armate), promossi con undici ordinanze emesse il 9 luglio 1999 dal
Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sezione distaccata di
Brescia, rispettivamente iscritte ai nn. 497, 498, 499, 554, 555, 556, 557, 558,
666, 667 e 668 del registro ordinanze 1999 e pubblicate nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica nn. 39, 42 e 50, prima serie speciale,
dell’anno 1999.
Visti gli atti di intervento del
Presidente del Consiglio dei ministri;
udito
nella camera di consiglio del 7 giugno 2000 il Giudice relatore Francesco
Guizzi.
Ritenuto
che un gruppo di sottufficiali
dell’Esercito, con distinti ricorsi (tutti, però, di contenuto identico e col
patrocinio del medesimo avvocato), ha impugnato dinanzi al Tribunale
amministrativo regionale per la Lombardia i vari decreti ministeriali con i
quali ciascuno di essi era stato inquadrato nel nuovo grado e nel nuovo ruolo,
ai sensi della norma transitoria di cui all’art. 34 del decreto legislativo 12
maggio 1995, n. 196 (Attuazione dell’art. 3 della legge 6 marzo 1992, n. 216,
in materia di riordino dei ruoli, modifica alle norme di reclutamento, stato ed
avanzamento del personale non direttivo delle Forze armate);
che
i ricorrenti hanno eccepito la illegittimità del provvedimento impugnato, poiché
l’art. 34, citato, lederebbe gli artt. 3, 36 e 97 della Costituzione;
che,
a loro avviso, il decreto legislativo di riordino dei ruoli delle Forze armate
avrebbe disposto, per i marescialli dell’Esercito, un trattamento deteriore
rispetto a quello per i pari grado dell’Arma dei carabinieri previsto dal
decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 198 (Attuazione dell’art. 3 della legge
6 marzo 1992, n. 216, in materia di riordino dei ruoli, e modifica delle norme
di reclutamento, stato ed avanzamento del personale non direttivo e non
dirigente dell’Arma dei carabinieri), e ciò in distonia con la ratio della legge delega volta a omogeneizzare le attribuzioni e i
trattamenti economici degli appartenenti alle varie Forze armate e a quelle di
polizia;
che
il giudice adìto con undici ordinanze ha sollevato, con riferimento agli artt.
3, 36 e 97 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale
dell’art. 34, commi 1, lettera c),
3, 4, 5, 6, 7 e 8 del decreto legislativo n. 196 del 1995;
che,
secondo il Collegio rimettente, il rapporto d’impiego dei sottufficiali delle
Forze armate è sempre stato equiparato, tendenzialmente, a quello dei
sottufficiali dei carabinieri, come dimostra l’art. 2 della legge 6 marzo
1992, n. 216, che demandava al Governo di realizzare una “disciplina
omogenea” nel trattamento e nelle attribuzioni dei sottufficiali delle forze
di polizia, “anche ad ordinamento militare” (con esplicito richiamo ai
carabinieri), e di quelli delle altre Forze armate;
che
il decreto legislativo n. 196 del 1995, emanato in attuazione di tale delega,
avrebbe equiparato a vari effetti la condizione dei sottufficiali dell’Arma
dei carabinieri a quella dei sottufficiali delle altre Forze armate;
che,
tuttavia, l’equiparazione tra sottufficiali delle Forze armate e dell’Arma
dei carabinieri non sarebbe stata garantita per quanto concerne il regime
transitorio del passaggio ai nuovi ruoli;
che,
infatti, l’art. 34 del decreto legislativo n. 196 del 1995 ha previsto un
reinquadramento dei marescialli e dei sergenti già in servizio, il quale
risulterebbe, nel suo complesso, deteriore rispetto a quello disposto per i
sottufficiali dei carabinieri;
che,
mentre i marescialli ordinari dell'Esercito sono stati inquadrati nel grado di
maresciallo ordinario, i loro pari grado dell'Arma dei carabinieri lo sono stati
nel grado di maresciallo capo; e ancora, mentre i sergenti maggiori
dell'Esercito, iscritti ai quadri di avanzamento ordinari e straordinari
relativi agli anni 1994 e 1995 ma non promossi, sono stati inquadrati nel grado
di maresciallo ordinario, i loro colleghi di grado corrispondente dell'Arma dei
carabinieri lo sono stati nel grado di maresciallo capo;
che
l’asserita disparità di trattamento lederebbe l’art. 3 della Costituzione,
sotto il profilo della razionalità, poiché il legislatore avrebbe previsto,
per i sottufficiali dei carabinieri e per quelli delle altre Forze armate, una
perfetta corrispondenza nei gradi, nel livello retributivo e nel percorso di
carriera, mentre avrebbe disciplinato in modo diverso soltanto l’inquadramento
transitorio;
che
la norma censurata sarebbe altresì in contrasto con l’art. 97 della
Costituzione per il iato che il legislatore avrebbe creato fra la ratio della
norma (rendere omogeneo il rapporto di servizio dei carabinieri e delle altre
Forze armate) e il mezzo prescelto per conseguirla, avendo le norme
sull’inquadramento transitorio previsto un “massiccio meccanismo di
promozioni” soltanto in favore dei sottufficiali dei carabinieri;
che,
infine, la norma in esame, nel generare differenze retributive fra soggetti
appartenenti “allo stesso livello”, lederebbe l’art. 36 della
Costituzione, con violazione del principio di proporzionalità e adeguatezza
della retribuzione.
Considerato
che per l’identità della materia i giudizi debbono essere riuniti e
decisi con unica pronuncia;
che
le modifiche all’assetto organizzatorio della pubblica amministrazione, ivi
comprese quelle dettate in via transitoria, rientrano nella sfera di
discrezionalità riservata al legislatore, come questa Corte ha più volte
ritenuto con specifico riferimento all’organizzazione e all’inquadramento
del personale delle Forze armate e di polizia (ordinanza n. 189 del 1999,
sentenza n. 63 del 1998 e ordinanza n. 324 del 1993);
che
la discrezionalità legislativa incontra soltanto i limiti dell’arbitrarietà
o della manifesta irragionevolezza, i quali non sono stati superati nel caso di
specie;
che,
infatti, il giudice a quo mira a una
pronuncia additiva, con l’estensione ai sottufficiali delle Forze armate del
meccanismo di inquadramento transitorio previsto, per l’Arma dei carabinieri,
dagli artt. 46 e 49 del decreto legislativo n. 198 del 1995: ciò sul
presupposto che l’inquadramento, la carriera e il trattamento economico dei
sottufficiali dei carabinieri e quella dei pari grado appartenenti alle altre
Forze armate debbano, ai sensi dell’art. 3, comma 1, della legge n. 216 del
1992, essere necessariamente omogenei, eccezion fatta per la speciale indennità
spettante ai carabinieri per lo svolgimento delle funzioni di polizia loro
assegnate;
che
in realtà né la legge n. 216 del 1992, né le norme successive, hanno inteso
perseguire un’assoluta identità di posizioni e trattamenti, e che anzi si
deve ritenere esattamente il contrario, anche alla luce della legge 31 marzo
2000, n. 78 (Delega al Governo in materia di riordino dell’Arma dei
carabinieri, del Corpo forestale dello Stato, del Corpo della Guardia di finanza
e della Polizia di Stato. Norme in materia di coordinamento delle Forze di
polizia), la quale, all’art. 1, ha delegato il Governo a prevedere la
“collocazione autonoma” dell’Arma dei carabinieri, con rango di Forza
armata;
che,
inoltre, le funzioni svolte e i compiti demandati ai sottufficiali dei
carabinieri (di cui agli artt. 12 e 13 del decreto legislativo n. 198 del 1995)
differiscono sensibilmente da quelli previsti dagli artt. 5 e 6 del decreto
legislativo n. 196 del 1995 e affidati ai sottufficiali delle altre Forze
armate;
che
tali diversità rendono le rispettive posizioni non comparabili, sì che la
scelta compiuta dal legislatore con la norma censurata non può dirsi
manifestamente irragionevole né palesemente arbitraria (cfr. ordinanza n. 324
del 1993);
che
non sussiste neppure la violazione dell’art. 36 della Costituzione, giacché
il legislatore, così come gode di ampia discrezionalità, pur con i limiti
indicati, nel modificare l’organizzazione amministrativa e nell’adottare le
conseguenti misure di perequazione economica, nel contempo gode della stessa
discrezionalità nel differenziare il trattamento economico di categorie in
precedenza egualmente retribuite; e che, in ogni caso, lo “scorrimento”
verso l’alto di una categoria retributiva non comporta la necessità di
innalzare anche i livelli superiori o inferiori (cfr. ordinanza n. 189 del
1999);
che,
infine, il parametro di cui all’art. 97 della Costituzione non è violato,
poiché le variazioni dell’assetto organizzatorio della pubblica
amministrazione rientrano nella discrezionalità del legislatore e non ledono,
di per sé, il canone del buon andamento (sentenza n. 63 del 1998);
che
pertanto la questione, come sollevata, deve dichiararsi manifestamente
infondata.
Visti
gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo
comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI
MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i
giudizi,
dichiara
la manifesta infondatezza della
questione di legittimità costituzionale dell’art. 34, commi 1, lettera c),
3, 4, 5, 6, 7 e 8, del decreto legislativo del 12 maggio 1995, n. 196
(Attuazione dell’art. 3 della legge 6 marzo 1992, n. 216, in materia di
riordino dei ruoli, modifica alle norme di reclutamento, stato ed avanzamento
del personale non direttivo delle Forze armate), sollevata, con riferimento agli
artt. 3, 36 e 97 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per
la Lombardia, sezione distaccata di Brescia, con le ordinanze in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte
costituzionale, Palazzo della Consulta,
l'11 luglio 2000.
Cesare MIRABELLI, Presidente
Francesco GUIZZI, Redattore
Depositata in cancelleria il 17 luglio 2000.
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