Sono in corso presso
lo Stato Maggiore della Difesa i lavori per la stesura della bozza
del Decreto Ministeriale in materia di alloggi, prevista dalla
scorsa legge finanziaria 2008 all’art. 2, commi dal 628 al 631.
Avendo partecipato personalmente a vari incontri, in qualità
di delegato Co.Ce.R., sono testimone che gli obiettivi di questa
norma sono principalmente sociali, quelli di non creare speculazioni
e contestualmente essere di stimolo per un circolo virtuoso per
l’economia edilizia militare abitativa.
Con lettera del 30 maggio u.s. lo S.M.D. (Stato
Maggiore Difesa) ha inviato la bozza di decreto ai COCER. Purtroppo
sono tanti i punti che meritato chiarimenti e modifiche.
Di seguito, riporto solo alcuni esempi, per
comprendere come per diversi aspetti può essere distorta
l’intenzione del legislatore in bozza applicativa.
All’art. 5 della suddetta bozza, non è
precisato il divieto di vendere alloggi al personale già in possesso
di altro immobile nella provincia, così come previsto al comma 628
(art. 2 della finanziaria in questione). Pertanto, chi ha assegnato
un alloggio nella sede di Roma e allo stesso tempo è proprietario di
casa, avrebbe il diritto di prelazione per comprarsene un’altra
dell’Amministrazione.
Al comma 10 dello stesso articolo, sono
riportate delle maggiorazioni da applicare al reddito di riferimento
del personale che ha perso il titolo alla concessione. Se al
precedente comma 7 si prevedono delle riduzioni sul prezzo di
acquisto a seconda delle fasce di reddito, viceversa le
maggiorazioni stabilite dalla bozza di decreto legge in sole due
fasce (100 e 200 euro) calcolate per ogni mese di conduzione
dell’alloggio senza titolo, annullano tale riduzione riportando
tutti al calcolo della fascia di reddito più alta (è come se tutti
avessero il reddito del generale).
Il comma 16, sempre dello stesso art. 7
della bozza in questione, pone un limite temporale di cinque anni
nell’assicurare la permanenza negli alloggi dei conduttori delle
unità immobiliari con un basso reddito familiare, limite che invece
nella legge in questione non è previsto.
Nell’opinione pubblica
militare, in modo semplicistico si tende di far passare come ipotesi
risolutiva del problema alloggiativo, il “cacciare” dalle case della
difesa i cosiddetti sine- titulo. Gli argomenti a sostegno di
questa tesi rientrano comodamente nel moralismo. Si pensa quindi:”Perché
se queste famiglie hanno goduto per decine di anni di alloggi della
difesa non permettono anche agli altri di avere le stesse
opportunità, rimanendo negli stessi alloggi nonostante non detengano
più il titolo concessorio? “ Questo modo di pensare purtroppo è
stato espresso anche dal precedente C.S.M.D. (Capo di Stato Maggiore
della Difesa) durante gli incontri con il COCER IX mandato e anche
dall’attuale C.S.M.D. durante l’audizione alla Commissione difesa
della Camera. Probabilmente, visto lo spessore culturale ed umano di
entrambi, determinati aspetti non gli sono stati prospettati nei
modi opportuni.
Fino al 1993 gli alloggi non avevano una
gestione stabilita per legge e per decreto ministeriale, ma essa
era demandata ai vari Comandanti di Regione o Dipartimentali. La
legge 537/93 al comma 7 art. 9 recita che il Ministro della Difesa
con proprio decreto definisce un piano annuale di gestione del
patrimonio abitativo con l’indicazione dell’entità, dell’utilizzo
e della futura destinazione degli alloggi di servizio, nonché degli
alloggi non più ritenuti utili nel quadro delle esigenze
dell’amministrazione e quindi transitabili in regime di locazione
ovvero alienabili, anche mediante riscatto e che in tale piano sono
altresì indicati i parametri di reddito sulla base dei quali gli
attuali utenti degli alloggi di servizio ancorché si tratti di
personale in quiescianza o di vedove non legalmente separate ne
divorziate, possono mantenerne la conduzione, purchè non siano
proprietari di altro alloggio di certificata abitabilità.
Cioè fin dall’ora i cosiddetti sine titolo sono stati
legittimati dalla legge a rimanere negli alloggi, purché si trovino
al di sotto di un determinato reddito stabilito annualmente dal
Ministro della Difesa. Reddito lordo che con l’ultimo decreto del
maggio scorso è stato fissato per l’anno 2008 a 38.651,47 euro, cioè
all’incirca mediamente il reddito del Luogotenente. Per gli altri
(con redditi superiori) la successiva legge 724/94 all’art. 43
specifica: “fermo restando per l’occupante l’obbligo di rilascio,
viene applicato anche se in regime di proroga un canone maggiorato”
del 20% e del 50% a seconda del reddito. Inoltre recita: “l’Amministrazione
della Difesa ha facoltà di concedere proroghe temporanee secondo le
modalità che saranno definite con regolamento”. Sempre in questa
circostanza i proventi furono aumentati di una determinata
percentuale, sia per coloro che avevano titolo che coloro che erano
sine-titulo. Fu rideterminata la suddivisione percentuale
degli introiti definendone la destinazione finale. E cioè: “5%
per il ripristino di immobili non riassegnabili in quanto in attesa
di manutenzione; 10% nella manutenzione straordinaria; 15% per la
costituzione di un fondo casa; 20% per la realizzazione ed il
reperimento da parte del Ministero della difesa di altri alloggi”.
Puntualizzati questi aspetti, la maggior parte
del personale si chiede: “perché non viene attivato il Fondo Casa
(tra l’altro condiviso e voluto dal Cocer con delibera 16/04)?;
Perché (così come in altre sedi) per esempio, nella sede di Roma ci
sono circa 600 appartamenti vuoti, inutilizzabili, in attesa che
vengano effettuati lavori di ordinaria manutenzione, per essere
assegnati? Perché non vengono costruiti nuovi alloggi se gli utenti
versano un affitto maggiorato per questi scopi?”
Sono cifre che sicuramente si aggirano, da
facili calcoli, a diverse decine di milioni di euro che,
probabilmente, in questi anni non sono stati usati con queste
finalità. Comunque la percezione è che non siano stati usati in modo
appropriato considerato che chi vi abita, in titolo e senza, si
trova in appartamenti anche fatiscenti che non vengono ristrutturati
da anni.
Questi sono solo alcuni esempi e riflessioni
sugli aspetti che andrebbero approfonditi, di questa bozza di
decreto emanata dallo Stato Maggiore Difesa, che si spera il
Gabinetto del Ministro non faccia sua. A questi si aggiunge per
esempio il fatto di non conoscere l’elenco degli alloggi da porre in
vendita, prima del parere che il COCER deve esprimere.
L’impressione (che scaturisce spontanea) è che lo Stato Maggiore,
vuole lasciarsi la libertà di assegnare l’alloggio che ritiene
opportuno, a chi ritiene opportuno, nel momento che ritiene
opportuno, senza trasparenza e “sentendo” le rappresentanze quasi
come se queste fossero una pratica da smarcare. Ad esempio così,
potrebbe anche accadere di far uscire entro i suddetti 5 anni una
povera vedova, per poi assegnare la stessa casa a chi si vuole e
venderla a chi si vuole, oltre che ledere un diritto previsto dalla
legge.
Quanto descritto è con l’intento di dare il senso
di come una legge, che ha come obiettivo quello sociale e al
contempo virtuoso di far muovere l’economia edile militare, rischia
viceversa di essere rivolta al beneficio di pochi che possono
permettersi di essere nel momento giusto, nella casa giusta, di
disporre immediatamente di cifre sostanziose e che hanno delle case
di proprietà nella stessa città già affittate che producono reddito
ecc. ecc..
Il COCER che fà?
Oltre ad aver rappresentato attraverso il
sottoscritto e altri delegati queste problematiche all’incontro con
il C.S.M.D. lo scorso 9 ottobre, anche se in maniera “sciolta” le
singole Sezioni hanno approvato delibere di sicuro dissenso nei
confronti della bozza. La Sez. Marina di recente, con delibera
unanime, ha chiesto una urgente convocazione del Co.Ce.R. Comparto
Difesa affinché si deliberi contro una bozza che non tiene conto
degli aspetti sociali. La delibera è volta altresì al fatto che, in
concreto, nei lavori non si sta tenendo in considerazione il ruolo
dei rappresentati del personale, nonostante la materia degli alloggi
sia una delle materie principe della rappresentanza militare (art.
10 let. f del R.A.R.M.), facendo passare così, in
sordina un decreto che rischia di arricchire i ricchi ed
abbandonare i poveri nella povertà.