Duello sugli stipendi dei poliziotti. La Russa e Matteoli contro il Tesoro. Lite tra i ministri per i soldi degli agenti.
In Consiglio Brunetta «sfida» Tremonti. Lui non cede: rigore, no ad altri costi.
Giulio Tremonti e Renato Brunetta (Imagoeconomica) |
E racconta che per mettere fine alla discussione, a tratti anche piuttosto animata, è dovuto intervenire il premier Berlusconi: «Calma, ragazzi. Abbiamo preso degli impegni e dovremo trovare una soluzione». Intanto però il primo round se lo è aggiudicato il ministro dell'Economia Giulio Tremonti, visto che l'emendamento del suo collega Brunetta è finito in ghiacciaia. È una piccola norma che il ministro della Funzione pubblica aveva scritto con il sottosegretario alla Difesa Guido Crosetto perché venisse inserita nel decreto legge della manovra economica. Poco più di un'affermazione di principio, ma che era stata esplicitamente chiesta al governo dai Cocer, (cioè i rappresentanti) delle forze dell'ordine, durante una riunione alla quale avevano partecipato Brunetta, Crosetto e il sottosegretario all'Interno Alfredo Mantovano.
Si sarebbe trattato di introdurre nella manovra un articolo con il quale si riconosceva a poliziotti e carabinieri, ma anche a finanzieri, guardie forestali e alle altre categorie classificabili come forze dell'ordine, una «specificità» negli stipendi, nella progressione delle carriere e nel trattamento pensionistico rispetto a tutti gli altri dipendenti pubblici. Quando però Brunetta ha tirato fuori quelle poche righe Tremonti ha eccepito che la norma avrebbe avuto un costo e sarebbe stata difficilmente compatibile con le esigenze di rigore nei conti pubblici. Il ministro della Funzione pubblica gli ha risposto negando che l'emendamento avrebbe avuto un costo. E gli ha risposto per le rime, secondo abitudine.
I loro rapporti sono sempre stati piuttosto ruvidi, ma finché le scaramucce si consumavano a distanza in qualche dichiarazione alle agenzie di stampa, le conseguenze erano limitate. Ma ora sono al governo, e una scintilla può dare anche fuoco a tutto il pagliaio. Soprattutto se c'è chi non aspetta altro: anche se com'è noto il fuoco di paglia si spegne in fretta. A quel punto è saltato su a dare man forte a Brunetta anche Ignazio La Russa, che già masticava amaro per i tagli imposti al suo ministero, quello della Difesa, i cui consumi intermedi sarebbero stati ridotti ad appena un miliardo e mezzo, contro i 5 miliardi del 2002.
E neanche il responsabile delle Infrastrutture, Altero Matteoli, è rimasto fuori della mischia. Ponendo una questione politica: «Questa cosa non è una faccenda privata di un ministro. Ricordatevi che interessa ad Alleanza nazionale, che è un pezzo fondamentale della coalizione». Chissà quante volte Tremonti avrà sentito, nel passato, pronunciare una frase del genere in Consiglio dei ministri. Probabilmente un numero tale da non farsi impressionare più di tanto. E magari già sapeva come sarebbe andata a finire, con Berlusconi che invitata alla calma e l'emendamento che scivolava lentamente nel freezer. Per essere tirato fuori un giorno, ma chissà come, e soprattutto quando. O magari ricomparire in Parlamento, dove però è tutta un'altra storia.
Sergio Rizzo
12 luglio 2008