Legge
  20/05/1970 Num.  300 
  
    
   
   (in Gazz. Uff., 27 maggio 1970, n.
  131) 
    
  Norme sulla
  tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e
  dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento (1).  
  (1) Le disposizioni di cui alla presente legge si applicano al
  personale dipendente dalle pubbliche amministrazioni, salvi i limiti stabiliti
  ai fini del perseguimento degli interessi generali cui l'organizzazione e
  l'azione amministrativa sono indirizzate (art. 2, d.lg. 3 febbraio 1993, n.
  29) e al personale dipendente delle imprese fornitrici di prestazioni di
  lavoro temporaneo, iscritte all'albo istituito presso il Ministero del lavoro
  e della previdenza sociale (art. 7, l. 24 giugno 1997, n. 196). 
 
    
  
  Articolo
  1 
  
   
   
  Libertà di opinione.  
  
  
   
  
  I lavoratori, senza distinzione di opinioni politiche, sindacali e di
  fede religiosa, hanno diritto, nei luoghi dove prestano la loro opera, di
  manifestare liberamente il proprio pensiero, nel rispetto dei principi della
  Costituzione e delle norme della presente legge.  
  
   
  
  Articolo
  2  
  
  
   
   
  Guardie giurate.  
  
  
   
  
   
  Il datore di lavoro può impiegare le guardie particolari giurate, di
  cui agli articoli 133 e seguenti del testo unico approvato con regio decreto
  18 giugno 1931, numero 773, soltanto per scopi di tutela del patrimonio
  aziendale.   Le guardie
  giurate non possono contestare ai lavoratori azioni o fatti diversi da quelli
  che attengono alla tutela del patrimonio aziendale.  
  é fatto divieto al datore di lavoro di adibire alla vigilanza
  sull'attività lavorativa le guardie di cui al primo comma, le quali non
  possono accedere nei locali dove si svolge tale attività, durante lo
  svolgimento della stessa, se non eccezionalmente per specifiche e motivate
  esigenze attinenti ai compiti di cui al primo comma.   In caso di inosservanza da parte di una guardia
  particolare giurata delle disposizioni di cui al presente articolo,
  l'Ispettorato del lavoro ne promuove presso il questore la sospensione dal
  servizio, salvo il provvedimento di revoca della licenza da parte del prefetto
  nei casi più gravi.  
  
   
  
  Articolo
  3  
  
  
   
   
  Personale di vigilanza.  
  
  
   
  
   
  I nominativi e le mansioni specifiche del personale addetto alla
  vigilanza dell'attività lavorativa debbono essere comunicati ai lavoratori
  interessati.  
  
   
  
  Articolo
  4  
  
  
   
   
  Impianti audiovisivi.  
  
  
   
  E'
  vietato l'uso di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per
  finalità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori.  
  Gli impianti e le apparecchiature di controllo che siano richiesti da
  esigenze organizzative e produttive ovvero dalla sicurezza del lavoro, ma dai
  quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell'attività dei
  lavoratori, possono essere installati soltanto previo accordo con le
  rappresentanze sindacali aziendali, oppure, in mancanza di queste, con la
  commissione interna. In difetto di accordo, su istanza del datore di lavoro,
  provvede l'Ispettorato del lavoro (1), dettando, ove occorra, le modalità per
  l'uso di tali impianti.   Per
  gli impianti e le apparecchiature esistenti, che rispondano alle
  caratteristiche di cui al secondo comma del presente articolo, in mancanza di
  accordo con le rappresentanze sindacali aziendali o con la commissione
  interna, l'Ispettorato del lavoro (1) provvede entro un anno dall'entrata in
  vigore della presente legge, dettando all'occorrenza le prescrizioni per
  l'adeguamento e le modalità di uso degli impianti suddetti.  
  Contro i provvedimenti dell'Ispettorato del lavoro (1), di cui ai
  precedenti secondo e terzo comma, il datore di lavoro, le rappresentanze
  sindacali aziendali o, in mancanza di queste, la commissione interna, oppure i
  sindacati dei lavoratori di cui al successivo art. 19 possono ricorrere, entro
  30 giorni dalla comunicazione del provvedimento, al Ministro per il lavoro e
  la previdenza sociale.   (1)
  Ora, Direzione regionale del lavoro ex d.m. 7 novembre 1996, n. 687.  
  
   
  
  Articolo
  5  
  
  
   
   
  Accertamenti sanitari.  
  
  
   
  
   
  Sono vietati accertamenti da parte del datore di lavoro sulla idoneità
  e sulla infermità per malattia o infortunio del lavoratore dipendente.  
  Il controllo delle assenze per infermità può essere effettuato
  soltanto attraverso i servizi ispettivi degli istituti previdenziali
  competenti, i quali sono tenuti a compierlo quando il datore di lavoro lo
  richieda.   Il datore di lavoro ha facoltà di far controllare la
  idoneità fisica del lavoratore da parte di enti pubblici ed istituti
  specializzati di diritto pubblico.  
  
   
  
  Articolo
  6  
  
  
   
   
  Visite personali di controllo.  
  
  
   
  
   
  Le visite personali di controllo sul lavoratore sono vietate fuorché
  nei casi in cui siano indispensabili ai fini della tutela del patrimonio
  aziendale, in relazione alla qualità degli strumenti di lavoro o delle
  materie prime o dei prodotti.   In
  tali casi le visite personali potranno essere effettuate soltanto a condizione
  che siano eseguite all'uscita dei luoghi di lavoro, che siano salvaguardate la
  dignità e la riservatezza del lavoratore e che avvengano con l'applicazione
  di sistemi di selezione automatica riferiti alla collettività o a gruppi di
  lavoratori.   Le ipotesi
  nelle quali possono essere disposte le visite personali, nonché, ferme
  restando le condizioni di cui al secondo comma del presente articolo, le
  relative modalità debbono essere concordate dal datore di lavoro con le
  rappresentanze sindacali aziendali oppure, in mancanza di queste, con la
  commissione interna. In difetto di accordo, su istanza del datore di lavoro,
  provvede l'Ispettorato del lavoro (1).  
  Contro i provvedimenti dell'Ispettorato del lavoro (1) di cui al
  precedente comma, il datore di lavoro, le rappresentanze sindacali aziendali
  o, in mancanza di queste, la commissione interna, oppure i sindacati dei
  lavoratori di cui al successivo articolo 19 possono ricorrere, entro 30 giorni
  dalla comunicazione del provvedimento, al Ministro per il lavoro e la
  previdenza sociale.   (1)
  Ora, Direzione regionale del lavoro ex d.m. 7 novembre 1996, n. 687.  
  
   
  
  Articolo
  7  
  
  
   
   
  Sanzioni disciplinari.  
  
  
   
  
   
  Le norme disciplinari relative alle sanzioni, alle infrazioni in
  relazione alle quali ciascuna di esse può essere applicata ed alle procedure
  di contestazione delle stesse, devono essere portate a conoscenza dei
  lavoratori mediante affissione in luogo accessibile a tutti. Esse devono
  applicare quanto in materia è stabilito da accordi e contratti di lavoro ove
  esistano (1).   Il datore di
  lavoro non può adottare alcun provvedimento disciplinare nei confronti del
  lavoratore senza avergli preventivamente contestato l'addebito e senza averlo
  sentito a sua difesa (1) (2).   Il
  lavoratore potrà farsi assistere da un rappresentante dell'associazione
  sindacale cui aderisce o conferisce mandato (1) (2).  
  Fermo restando quanto disposto dalla legge 15 luglio 1966, n. 604, non
  possono essere disposte sanzioni disciplinari che comportino mutamenti
  definitivi del rapporto di lavoro; inoltre la multa non può essere disposta
  per un importo superiore a quattro ore della retribuzione base e la
  sospensione dal servizio e dalla retribuzione per più di dieci giorni.  
  In ogni caso, i provvedimenti disciplinari più gravi del rimprovero
  verbale non possono essere applicati prima che siano trascorsi cinque giorni
  dalla contestazione per iscritto del fatto che vi ha dato causa.  
  Salvo analoghe procedure previste dai contratti collettivi di lavoro e
  ferma restando la facoltà di adire l'autorità giudiziaria, il lavoratore al
  quale sia stata applicata una sanzione disciplinare può promuovere, nei venti
  giorni successivi, anche per mezzo dell'associazione alla quale sia iscritto
  ovvero conferisca mandato, la costituzione, tramite l'Ufficio provinciale del
  lavoro e della massima occupazione (3), di un collegio di conciliazione ed
  arbitrato, composto da un rappresentante di ciascuna delle parti e da un
  terzo membro scelto di comune accordo o, in difetto di accordo, nomi- nato dal
  direttore dell'Ufficio del lavoro (4). La sanzione disciplinare resta
  sospesa fino alla pronuncia da parte del collegio.  
  Qualora il datore di lavoro non provveda, entro dieci giorni
  dall'invito rivoltogli dall'Ufficio del lavoro (3), a nominare il proprio
  rappresentante in seno al collegio di cui al comma precedente, la sanzione
  disciplinare non ha effetto. Se il datore di lavoro adisce l'autorità
  giudiziaria, la sanzione disciplinare resta sospesa fino alla definizione
  del giudizio.   Non può
  tenersi conto ad alcun effetto delle sanzioni disciplinari decorsi due anni
  dalla loro applicazione.   (1)
  La Corte cost., con sentenza 30 novembre 1982, n. 204, ha dichiarato
  l'illegittimità costituzionale del presente comma, interpretato nel senso
  che sia inapplicabile ai licenziamenti disciplina- ri, per i quali detto comma
  non sia espressamente richiamato dalla normativa legislativa, collettiva o
  validamente posta dal datore di lavoro.  
  (2) La Corte cost., con sentenza 25 luglio 1989, n. 427, ha dichiarato
  l'illegittimità costituzionale del presente comma, nella parte in cui è
  esclusa la sua applicabilità al licenziamento per motivi disciplinari
  irrogato da imprenditore che abbia meno di sedici dipendenti.  
  (3) Ora, Direzione provinciale del lavoro ex d.m. 7 novembre 1996, n.
  687.   (4) Ora, dirigente
  della Direzione provinciale del lavoro ex d.m. 7 novembre 1996, n. 687.  
  
   
  
  Articolo
  8  
  
  
   
   
  Divieto di indagini sulle opinioni.  
  
  
   
  E'
  fatto divieto al datore di lavoro, ai fini dell'assunzione, come nel
  corso dello svolgimento del rapporto di lavoro, di effettuare indagini, anche
  a mezzo di terzi, sulle opinioni politiche, religiose o sindacali del
  lavoratore, nonché su fatti non rilevanti ai fini della valutazione
  dell'attitudine professionale del lavoratore.  
  
   
  
  Articolo
  9  
  
  
   
   
  Tutela della salute e dell'integrità fisica.  
  
  
   
  
   
  I lavoratori, mediante loro rappresentanze, hanno diritto di
  controllare l'applicazione delle norme per la prevenzione degli infortuni e
  delle malattie professionali e di promuovere la ricerca, l'elaborazione e
  l'attuazione di tutte le misure idonee a tutelare la loro salute e la loro
  integrità fisica.  
  
   
  
  Articolo
  10  
  
  
   
  
  Lavoratori studenti.  
  
   
  
   
  I lavoratori studenti, iscritti e frequentanti corsi regolari di studio
  in scuole di istruzione primaria, secondaria e di qualificazione
  professionale, statali, pareggiate o legalmente riconosciute o comunque
  abilitate al rilascio di titoli di studio legali, hanno diritto a turni di
  lavoro che agevolino la frequenza ai corsi e la preparazione agli esami e non
  sono obbligati a prestazioni di lavoro straordinario o durante i riposi
  settimanali.   I lavoratori
  studenti, compresi quelli universitari, che devono sostenere prove di esame,
  hanno diritto a fruire di permessi giornalieri retribuiti.  
  Il datore di lavoro potrà richiedere la produzione delle
  certificazioni necessarie all'esercizio dei diritti di cui al primo e secondo
  comma.  
  
   
  
  Articolo
  11  
  
  
   
   
  Attività culturali, ricreative e assistenziali e controlli sul servizio
  di mensa.  
  
  
   
  
   
  Le attività culturali, ricreative ed assistenziali promosse
  nell'azienda sono gestite da organismi formati a maggioranza dai
  rappresentanti dei lavoratori.   Le rappresentanze sindacali aziendali, costituite a
  norma dell'art. 19, hanno diritto di controllare la qualità del servizio di
  mensa secondo modalità stabilite dalla contrattazione collettiva (1).  
  (1) Articolo così modificato dall'art. 6, d.l. 11 luglio 1992, n. 333,
  conv. in l. 8 agosto 1992, n. 359.  
  
   
  
  Articolo
  12  
  
  
   
  
  Istituti di patronato.  
  
  
   
  
   
  Gli istituti di patronato e di assistenza sociale, riconosciuti dal
  Ministero del lavoro e della previdenza sociale, per l'adempimento dei compiti
  di cui al D.Lgs.C.P.S. 29 luglio 1947, n. 804, hanno diritto di svolgere, su
  un piano di parità, la loro attività all'interno dell'azienda, secondo le
  modalità da stabilirsi con accordi aziendali.  
  
   
  
  Articolo
  13  
  
  
   
   
  Mansioni del lavoratore.  
  
  
   
  
   
  L'articolo 2103 del codice civile è sostituito dal seguente:    
  <<Il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per
  le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti alla categoria superiore
  che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni equivalenti alle ultime
  effettivamente svolte, senza alcuna diminuzione della retribuzione. Nel caso
  di assegnazione a mansioni superiori il prestatore ha diritto al trattamento
  corrispondente all'attività svolta, e l'assegnazione stessa diviene
  definitiva, ove la medesima non abbia avuto luogo per sostituzione di
  lavoratore assente con diritto alla conservazione del posto, dopo un periodo
  fissato dai contratti collettivi, e comunque non superiore a tre mesi. Egli
  non può essere trasferito da una unità produttiva ad un'altra se non per
  comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive.    
  Ogni patto contrario è nullo>>.  
  
   
  
  Articolo
  14  
  
  
   
   
  Diritto di associazione e di attività sindacale.  
  
  
   
  
   
  Il diritto di costituire associazioni sindacali, di aderirvi e di
  svolgere attività sindacale, è garantito a tutti i lavoratori all'interno
  dei luoghi di lavoro.  
  
   
  
  Articolo
  15  
  
  
   
  
  Atti
  discriminatori.  
  
  
   
  E'
  nullo qualsiasi patto od atto diretto a:    
  a) subordinare l'occupazione di un lavoratore alla condizione che
  aderisca o non aderisca ad una associazione sindacale ovvero cessi di farne
  parte;     b)
  licenziare un lavoratore, discriminarlo nella assegnazione di qualifiche o
  mansioni, nei trasferimenti, nei provvedimenti disciplinari, o recargli
  altrimenti pregiudizio a causa della sua affiliazione o attività sindacale
  ovvero della sua partecipazione ad uno sciopero.  
  Le disposizioni di cui al comma precedente si applicano altresì ai
  patti o atti diretti a fini di discriminazione politica, religiosa, razziale,
  di lingua o di sesso (1).   (1)
  Comma così sostituito dall'art. 13, l. 9 dicembre 1977, n. 903.  
  
   
  
  Articolo
  16  
  
  
   
   
  Trattamenti economici collettivi discriminatori.  
  
  
   
  E'
  vietata la concessione di trattamenti economici di maggior favore
  aventi carattere discriminatorio a mente dell'articolo 15.  
  Il pretore, su domanda dei lavoratori nei cui confronti è stata
  attuata la discriminazione di cui al comma precedente o delle associazioni
  sindacali alle quali questi hanno dato mandato, accertati i fatti, condanna il
  datore di lavoro al pagamento, a favore del fondo adeguamento pensioni, di una
  somma pari all'importo dei trattamenti economici di maggior favore
  illegittimamente corrisposti nel periodo massimo di un anno.  
  
   
  
  Articolo
  17  
  
  
   
  
  Sindacati di comodo.  
  
  
   
  E'
  fatto divieto ai datori di lavoro ed alle associazioni di datori di
  lavoro di costituire o sostenere, con mezzi finanziari o altrimenti,
  associazioni sindacali di lavoratori.  
  
   
  
  Articolo
  18  
  
  
   
   
  Reintegrazione nel posto di lavoro.  
  
  
   
  
   
  Ferma restando l'esperibilità delle procedure previste dall'articolo 7
  della legge 15 luglio 1966, n. 604, il giudice con la sentenza con cui
  dichiara inefficace il licenziamento ai sensi dell'articolo 2 della predetta
  legge o annulla il licenziamento intimato senza giusta causa o giustificato
  motivo, ovvero ne dichiara la nullità a norma della legge stessa, ordina al
  datore di lavoro, imprenditore e non imprenditore, che in ciascuna sede,
  stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo nel quale ha avuto luogo il
  licenziamento occupa alle sue dipendenze più di quindici prestatori di lavoro
  o più di cinque se trattasi di imprenditore agricolo, di reintegrare il
  lavoratore nel posto di lavoro. Tali disposizioni si applicano altresì ai
  datori di lavoro, imprenditori e non imprenditori, che nell'ambito dello
  stesso comune occupano più di quindici dipendenti ed alle imprese agricole
  che nel medesimo ambito territoriale occupano più di cinque dipendenti, anche
  se ciascuna unità produttiva, singolarmente considerata, non raggiunge tali
  limiti, e in ogni caso al datore di lavoro, imprenditore e non imprenditore,
  che occupa alle sue dipendenze più di sessanta prestatori di lavoro (1).  
  Ai fini del computo del numero dei prestatori di lavoro di cui primo
  comma si tiene conto anche dei lavoratori assunti con contratto di formazione
  e lavoro, dei lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato parziale,
  per la quota di orario effettivamente svolto, tenendo conto, a tale proposito,
  che il computo delle unità lavorative fa riferimento all'orario previsto
  dalla contrattazione collettiva del settore. Non si computano il coniuge ed i
  parenti del datore di lavoro entro il secondo grado in linea diretta e in
  linea collaterale (1).   Il
  computo dei limiti occupazionali di cui al secondo comma non incide su norme o
  istituti che prevedono agevolazioni finanziarie o creditizie (1).  
  Il giudice con la sentenza di cui al primo comma condanna il datore di
  lavoro al risarcimento del danno subito dal lavoratore per il licenziamento di
  cui sia stata accertata l'inefficacia o l'invalidità stabilendo un'indennità
  commisurata alla retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento
  sino a quello dell'effettiva reintegrazione e al versamento dei contributi
  assistenziali e previdenziali dal momento del licenziamento al momento
  dell'effettiva reintegrazione; in ogni caso la misura del risarcimento non
  potrà essere inferiore a cinque mensilità di retribuzione globale di fatto
  (1).   Fermo restando il
  diritto al risarcimento del danno così come previsto al quarto comma, al
  prestatore di lavoro è data la facoltà di chiedere al datore di lavoro in
  sostituzione della reintegrazione nel posto di lavoro, un'indennità pari a
  quindici mensilità di retribuzione globale di fatto. Qualora il lavoratore
  entro trenta giorni dal ricevimento dell'invito del datore di lavoro non abbia
  ripreso il servizio, né abbia richiesto entro trenta giorni dalla
  comunicazione del deposito della sentenza il pagamento dell'indennità di cui
  al presente comma, il rapporto di lavoro si intende risolto allo spirare dei
  termini predetti (1).   La
  sentenza pronunciata nel giudizio di cui al primo comma è provvisoriamente
  esecutiva.   Nell'ipotesi di
  licenziamento dei lavoratori di cui all'articolo 22, su istanza congiunta del
  lavoratore e del sindacato cui questi aderisce o conferisca mandato, il
  giudice, in ogni stato e grado del giudizio di merito, può disporre con
  ordinanza, quando ritenga irrilevanti o insufficienti gli elementi di prova
  forniti dal datore di lavoro, la reintegrazione del lavoratore nel posto di
  lavoro.   L'ordinanza di cui
  al comma precedente può essere impugnata con reclamo immediato al giudice
  medesimo che l'ha pronunciata. Si applicano le disposizioni dell'articolo 178,
  terzo, quarto, quinto e sesto comma del codice di procedura civile.  
  L'ordinanza può essere revocata con la sentenza che decide la causa.   Nell'ipotesi di licenziamento dei lavoratori di cui
  all'articolo 22, il datore di lavoro che non ottempera alla sentenza di cui al
  primo comma ovvero all'ordinanza di cui al quarto comma, non impugnata o
  confermata dal giudice che l'ha pronunciata, è tenuto anche, per ogni giorno
  di ritardo, al pagamento a favore del Fondo adeguamento pensioni di una somma
  pari all'importo della retribuzione dovuta al lavoratore.  
  (1) I primi cinque commi hanno così sostituito i commi primo e secondo
  per effetto dell'art. 1, l. 11 maggio 1990, n. 108.  
  
   
  
  Articolo
  19  
  
  
   
   
  Costituzione delle rappresentanze sindacali aziendali.
   
  
  
   
  
   
  Rappresentanze sindacali aziendali possono essere costituite ad
  iniziativa dei lavoratori in ogni unità produttiva, nell'ambito:    
  a) (Omissis) (1);    
  b) delle associazioni sindacali, [non affiliate alle predette
  confederazioni] (2), che siano firmatarie di contratti collettivi [nazionali o
  provinciali] (2) di lavoro applicati nell'unità produttiva (1).  
  Nell'ambito di aziende con più unità produttive le rappresentanze
  sindacali possono istituire organi di coordinamento.  
  (1) Lettera abrogata dall'art. 1, d.P.R. 28 luglio 1995, n. 312, in
  esito al referendum indetto con d.P.R. 5 aprile 1995.  
  (2) Le parole tra parentesi quadre sono state soppresse dall'art. 1,
  d.P.R. 28 luglio 1995, n. 312 in esito al referendum indetto con d.P.R. 5
  aprile 1995.  
  
   
  
  Articolo
  20  
  
  
   
  
  Assemblea.  
  
  
   
  
   
  I lavoratori hanno diritto di riunirsi, nella unità produttiva in cui
  prestano la loro opera, fuori dell'orario di lavoro, nonché durante l'orario
  di lavoro, nei limiti di dieci ore annue, per le quali verrà corrisposta la
  normale retribuzione. Migliori condizioni possono essere stabilite dalla
  contrattazione collettiva.   Le riunioni - che possono riguardare la generalità dei
  lavoratori o gruppi di essi - sono indette, singolarmente o congiuntamente,
  dalle rappresentanze sindacali aziendali nell'unità produttiva, con ordine
  del giorno su materie di interesse sindacale e del lavoro e secondo l'ordine
  di precedenza delle convocazioni, comunicate al datore di lavoro.  
  Alle riunioni possono partecipare, previo preavviso al datore di
  lavoro, dirigenti esterni del sindacato che ha costituito la rappresentanza
  sindacale aziendale.   Ulteriori modalità per l'esercizio del diritto di
  assemblea possono essere stabilite dai contratti collettivi di lavoro, anche
  aziendali.  
  
   
  
  Articolo
  21  
  
  
   
   
  Referendum.  
  
  
   
  
   
  Il datore di lavoro deve consentire nell'ambito aziendale lo
  svolgimento, fuori dell'orario di lavoro, di referendum, sia generali che per
  categoria, su materie inerenti all'attività sindacale, indetti da tutte le
  rappresentanze sindacali aziendali tra i lavoratori, con diritto di
  partecipazione di tutti i lavoratori appartenenti alla unità produttiva e
  alla categoria particolarmente interessata.  
  Ulteriori modalità per lo svolgimento del referendum possono essere
  stabilite dai contratti collettivi di lavoro anche aziendali.  
  
   
  
  Articolo
  22  
  
  
   
   
  Trasferimento dei dirigenti delle rappresentanze sindacali aziendali.
   
  
  
   
  
   
  Il trasferimento dall'unità produttiva dei dirigenti delle
  rappresentanze sindacali aziendali di cui al precedente articolo 19, dei
  candidati e dei membri di commissione interna può essere disposto solo previo
  nulla osta delle associazioni sindacali di appartenenza.  
  Le disposizioni di cui al comma precedente ed ai commi quarto, quinto,
  sesto e settimo dell'articolo 18 si applicano sino alla fine del terzo mese
  successivo a quello in cui è stata eletta la commissione interna per i
  candidati nelle elezioni della commissione stessa e sino alla fine dell'anno
  successivo a quello in cui è cessato l'incarico per tutti gli altri.  
  
   
  
  Articolo
  23  
  
  
   
   
  Permessi retribuiti.  
  
  
   
  
   
  I dirigenti delle rappresentanze sindacali aziendali di cui
  all'articolo 19 hanno diritto, per l'espletamento del loro mandato, a permessi
  retribuiti.   Salvo clausole
  più favorevoli dei contratti collettivi di lavoro hanno diritto ai permessi
  di cui al primo comma almeno:    
  a) un dirigente per ciascuna rappresentanza sindacale aziendale nelle
  unità produttive che occupano fino a 200 dipendenti della categoria per cui
  la stessa è organizzata;    
  b) un dirigente ogni 300 o frazione di 300 dipendenti per ciascuna
  rappresentanza sindacale aziendale nelle unità produttive che occupano fino a
  3.000 dipendenti della categoria per cui la stessa è organizzata;     c) un dirigente ogni 500 o frazione di 500
  dipendenti della categoria per cui è organizzata la rappresentanza sindacale
  aziendale nelle unità produttive di maggiori dimensioni, in aggiunta al
  numero minimo di cui alla precedente lettera b).  
  I permessi retribuiti di cui al presente articolo non potranno essere
  inferiori a otto ore mensili nelle aziende di cui alle lettere b) e c) del
  comma precedente; nelle aziende di cui alla lettera a) i permessi retribuiti
  non potranno essere inferiori ad un'ora all'anno per ciascun dipendente.   Il lavoratore che intende esercitare il diritto di cui
  al primo comma deve darne comunicazione scritta al datore di lavoro di regola
  24 ore prima, tramite le rappresentanze sindacali aziendali (1).  
  (1) Vedi art. 3, commi 31, 32, 33, l. 24 dicembre 1993, n. 537.  
  
   
  
  Articolo
  24  
  
  
   
   
  Permessi non retribuiti.  
  
  
   
  
   
  I dirigenti sindacali aziendali di cui all'articolo 23 hanno diritto a
  permessi non retribuiti per la partecipazione a trattative sindacali o a
  congressi e convegni di natura sindacale, in misura non inferiore a otto
  giorni all'anno.   I
  lavoratori che intendano esercitare il diritto di cui al comma precedente
  devono darne comunicazione scritta al datore di lavoro di regola tre giorni
  prima, tramite le rappresentanze sindacali aziendali.  
  
   
  
  Articolo
  25  
  
  
   
   
  Diritto di affissione.  
  
  
   
  
   
  Le rappresentanze sindacali aziendali hanno diritto di affiggere, su
  appositi spazi, che il datore di lavoro ha l'obbligo di predisporre in luoghi
  accessibili a tutti i lavoratori all'interno dell'unità produttiva,
  pubblicazioni, testi e comunicati inerenti a materie di interesse sindacale e
  del lavoro.  
  
   
  
  Articolo
  26  
  
  
   
   
  Contributi sindacali.  
  
  
   
  
   
  I lavoratori hanno diritto di raccogliere contributi e di svolgere
  opera di proselitismo per le loro organizzazioni sindacali all'interno dei
  luoghi di lavoro, senza pregiudizio del normale svolgimento dell'attività
  aziendale.   (Omissis) (1).  
  (Omissis) (1).   (1)
  Comma abrogato dall'art. 1, d.P.R. 28 luglio 1995, n. 313, in esito al
  referendum indetto con d.P.R. 5 aprile 1995.  
  
   
  
  Articolo
  27  
  
  
   
   
  Locali delle rappresentanze sindacali aziendali.  
  
  
   
  
   
  Il datore di lavoro nelle unità produttive con almeno 200 dipendenti
  pone permanentemente a disposizione delle rappresentanze sindacali aziendali,
  per l'esercizio delle loro funzioni, un idoneo locale comune all'interno
  dell'unità produttiva o nelle immediate vicinanze di essa.  
  Nelle unità produttive con un numero inferiore di dipendenti le
  rappresentanze sindacali aziendali hanno diritto di usufruire, ove ne facciano
  richiesta, di un locale idoneo per le loro riunioni.  
  
   
  
  Articolo
  28  
  
  
   
  
  Repressione della condotta antisindacale.  
  
  
   
  
   
  Qualora il datore di lavoro ponga in essere comportamenti diretti ad
  impedire o limitare l'esercizio della libertà e della attività sindacale
  nonché del diritto di sciopero, su ricorso degli organismi locali delle
  associazioni sindacali nazionali che vi abbiano interesse, il pretore del
  luogo ove è posto in essere il comportamento denunziato, nei due giorni
  successivi, convocate le parti ed assunte sommarie informazioni, qualora
  ritenga sussistente la violazione di cui al presente comma, ordina al datore
  di lavoro, con decreto motivato ed immediatamente esecutivo, la cessazione del
  comportamento illegittimo e la rimozione degli effetti.  
  L'efficacia esecutiva del decreto non può essere revocata fino alla
  sentenza con cui il pretore in funzione di giudice del lavoro definisce il
  giudizio instaurato a norma del comma successivo (1).  
  Contro il decreto che decide sul ricorso è ammessa, entro 15 giorni
  dalla comunicazione del decreto alle parti opposizione davanti al pretore in
  funzione di giudice del lavoro che decide con sentenza immediatamente
  esecutiva. Si osservano le disposizioni degli articoli 413 e seguenti del
  codice di procedura civile (2).   Il datore di lavoro che non ottempera al decreto, di
  cui al primo comma, o alla sentenza pronunciata nel giudizio di opposizione è
  punito ai sensi dell'articolo 650 del codice penale.  
  L'autorità giudiziaria ordina la pubblicazione della sentenza penale
  di condanna nei modi stabiliti dall'articolo 36 del codice penale.  
  Se il comportamento di cui al primo comma è posto in essere da una
  amministrazione statale o da un altro ente pubblico non economico, l'azione è
  proposta con ricorso davanti al pretore competente per territorio (3).  
  Qualora il comportamento antisindacale sia lesivo anche di situazioni
  soggettive inerenti al rapporto di impiego, le organizzazioni sindacali di cui
  al primo comma, ove intendano ottenere anche la rimozione dei provvedimenti
  lesivi delle predette situazioni, propongono il ricorso davanti al tribunale
  amministrativo regionale competente per territorio, che provvede in via di
  urgenza con le modalità di cui al primo comma. Contro il decreto che decide
  sul ricorso è ammessa, entro quindici giorni dalla comunicazione del decreto
  alle parti, opposizione davanti allo stesso tribunale, che decide con sentenza
  immediatamente esecutiva (3).   (1)
  Comma così sostituito dall'art. 2, l. 8 novembre 1977, n. 847.  
  (2) Comma così sostituito dall'art. 3, l. 8 novembre 1977, n. 847.  
  (3) Comma aggiunto dall'art. 6, l. 12 giugno 1990, n. 146.  
  
   
  
  Articolo
  29  
  
  
   
  
  Fusione delle rappresentanze sindacali aziendali.  
  
  
   
  
   
  Quando le rappresentanze sindacali aziendali di cui all'articolo 19 si
  siano costituite nell'ambito di due o più delle associazioni di cui alle
  lettere a) e b) del primo comma dell'articolo predetto, nonché nella ipotesi
  di fusione di più rappresentanze sindacali, i limiti numerici stabiliti
  dall'articolo 23, secondo comma, si intendono riferiti a ciascuna delle
  associazioni sindacali unitariamente rappresentate nella unità produttiva.  
  Quando la formazione di rappresentanze sindacali unitarie consegua alla
  fusione delle associazioni di cui alle lettere a) e b) del primo comma
  dell'articolo 19, i limiti numerici della tutela accordata ai dirigenti di
  rappresentanze sindacali aziendali, stabiliti in applicazione dell'articolo
  23, secondo comma, ovvero del primo comma del presente articolo restano
  immutati.  
  
   
  
  Articolo
  30  
  
  
   
   
  Permessi per i dirigenti provinciali e nazionali.  
  
  
   
  
   
  I componenti degli organi direttivi, provinciali e nazionali, delle
  associazioni di cui all'articolo 19 hanno diritto a permessi retribuiti,
  secondo le norme dei contratti di lavoro, per la partecipazione alle riunioni
  degli organi suddetti.  
  
   
  
  Articolo
  31  
  
  
   
   
  Aspettativa dei lavoratori chiamati a funzioni pubbliche elettive o a
  ricoprire cariche sindacali provinciali e nazionali.  
  
  
   
  
   
  I lavoratori che siano eletti membri del Parlamento nazionale o del
  Parlamento europeo o di assemblee regionali ovvero siano chiamati ad altre
  funzioni pubbliche elettive possono, a richiesta, essere collocati in
  aspettativa non retribuita, per tutta la durata del loro mandato (1).  
  La medesima disposizione si applica ai lavoratori chiamati a ricoprire
  cariche sindacali provinciali e nazionali.  
  I periodi di aspettativa di cui ai precedenti commi sono considerati
  utili, a richiesta dell'interessato, ai fini del riconoscimento del diritto e
  della determinazione della misura della pensione a carico dell'assicurazione
  generale obbligatoria di cui al R.D.L. 4 ottobre 1935, n. 1827, e successive
  modifiche ed integrazioni, nonché a carico di enti, fondi, casse e gestioni
  per forme obbligatorie di previdenza sostitutive della assicurazione predetta,
  o che ne comportino comunque l'esonero.  
  Durante i periodi di aspettativa l'interessato, in caso di malattia,
  conserva il diritto alle prestazioni a carico dei competenti enti preposti
  alla erogazione delle prestazioni medesime.  
  Le disposizioni di cui al terzo e al quarto comma non si applicano
  qualora a favore dei lavoratori siano previste forme previdenziali per il
  trattamento di pensione e per malattia, in relazione all'attività espletata
  durante il periodo di aspettativa (2).  
  (1) Comma così sostituito dall'art. 2, l. 13 agosto 1979, n. 384.  
  (2) Per un'interpretazione autentica del presente articolo, vedi l'art.
  22, l. 23 dicembre 1994, n. 724.  
  
   
  
  Articolo
  32  
  
  
   
   
  Permessi ai lavoratori chiamati a funzioni pubbliche elettive.
   
  
  
   
  
   
  I lavoratori eletti alla carica di consigliere comunale o provinciale
  che non chiedano di essere collocati in aspettativa sono, a loro richiesta,
  autorizzati ad assentarsi dal servizio per il tempo strettamente necessario
  all'espletamento del mandato, senza alcuna decurtazione della retribuzione.  
  I lavoratori eletti alla carica di sindaco o di assessore comunale,
  ovvero di presidente di giunta provinciale o di assessore provinciale hanno
  diritto anche a permessi non retribuiti per un minimo di trenta ore mensili.
   
  
   
  
  Articolo
  33  
  
  
   
   
  Collocamento.  
  
  
   
  
   
  La commissione per il collocamento, di cui all'articolo 26 della legge
  29 aprile 1949, n. 264, è costituita obbligatoriamente presso le sezioni
  zonali, comunali e frazionali degli Uffici provinciali del lavoro e della
  massima occupazione (1), quando ne facciano richiesta le organizzazioni
  sindacali dei lavoratori più rappresentative.  
  Alla nomina della commissione provvede il direttore dell'Ufficio
  provinciale del lavoro e della massima occupazione (1), il quale, nel
  richiedere la designazione dei rappresentanti dei lavoratori e dei datori di
  lavoro, tiene conto del grado di rappresentatività delle organizzazioni
  sindacali e assegna loro un termine di 15 giorni, decorso il quale provvede
  d'ufficio.   La commissione
  è presieduta dal dirigente della sezione zonale, comunale, frazionale, ovvero
  da un suo delegato, e delibera a maggioranza dei presenti. In caso di parità
  prevale il voto del presidente.   La commissione ha il compito di stabilire e di
  aggiornare periodicamente la graduatoria delle precedenze per l'avviamento al
  lavoro, secondo i criteri di cui al quarto comma dell'articolo 15 della legge
  29 aprile 1949, n. 264.   Salvo
  il caso nel quale sia ammessa la richiesta nominativa, la sezione di
  collocamento, nella scelta del lavoratore da avviare al lavoro, deve
  uniformarsi alla graduatoria di cui al comma precedente, che deve essere
  esposta al pubblico presso la sezione medesima e deve essere aggiornata ad
  ogni chiusura dell'ufficio con la indicazione degli avviati.  
  Devono altresì essere esposte al pubblico le richieste numeriche che
  pervengono dalle ditte.   La
  commissione ha anche il compito di rilasciare il nulla osta per l'avviamento
  al lavoro ad accoglimento di richieste nominative o di quelle di ogni altro
  tipo che siano disposte dalle leggi o dai contratti di lavoro. Nei casi di
  motivata urgenza, l'avviamento è provvisoriamente autorizzato dalla sezione
  di collocamento e deve essere convalidato dalla commissione di cui al primo
  comma del presente articolo, entro dieci giorni. Dei dinieghi di avviamento al
  lavoro per richiesta nominativa deve essere data motivazione scritta su
  apposito verbale in duplice copia, una da tenere presso la sezione di
  collocamento e l'altra presso il direttore dell'Ufficio provinciale del lavoro
  (1). Tale motivazione scritta deve essere immediatamente trasmessa al datore
  di lavoro richiedente.   Nel
  caso in cui la commissione neghi la convalida ovvero non si pronunci entro
  venti giorni dalla data della comunicazione di avviamento, gli interessati
  possono inoltrare ricorso al direttore dell'Ufficio provinciale del lavoro
  (1), il quale decide in via definitiva, su conforme parere della commissione
  di cui all'articolo 25 della legge 29 aprile 1949, n. 264.  
  I turni di lavoro di cui all'articolo 16 della legge 29 aprile 1949, n.
  264, sono stabiliti dalla commissione e in nessun caso possono essere
  modificati dalla sezione.   Il
  direttore dell'Ufficio provinciale del lavoro (1) annulla d'ufficio i
  provvedimenti di avviamento e di diniego di avviamento al lavoro in contrasto
  con le disposizioni di legge. Contro le decisioni del direttore dell'Ufficio
  provinciale del lavoro (1) è ammesso ri- corso al Ministro per il lavoro e la
  previdenza sociale.   Per il
  passaggio del lavoratore dall'azienda nella quale è occupato ad un'altra
  occorre il nulla osta della sezione di collocamento competente.  
  Ai datori di lavoro che non assumono i lavoratori per il tramite degli
  uffici di collocamento, sono applicate le sanzioni previste dall'articolo 38
  della presente legge.   Le
  norme contenute nella legge 29 aprile 1949, n. 264, rimangono in vigore in
  quanto non modificate dalla presente legge.  
  (1) Ora, Direzione provinciale del lavoro ex d.m. 7 novembre 1996, n.
  687.  
  
   
  
  Articolo
  34  
  
  
   
   
  Richieste nominative di manodopera.  
  
  
   
  
   
  A decorrere dal novantesimo giorno dall'entrata in vigore della
  presente legge, le richieste nominative di manodopera da avviare al lavoro
  sono ammesse esclusivamente per i componenti del nucleo familiare del datore
  di lavoro, per i lavoratori di concetto e per gli appartenenti a ristrette
  categorie di lavoratori altamente specializzati, da stabilirsi con decreto del
  Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, sentita la commissione
  centrale di cui alla legge 29 aprile 1949, n. 264.  
  
   
  
  Articolo
  35  
  
  
   
   
  Campo di applicazione.  
  
  
   
  
   
  Per le imprese industriali e commerciali, le disposizioni del titolo
  III, ad eccezione del primo comma dell'articolo 27, della presente legge si
  applicano a ciascuna sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo
  che occupa più di quindici dipendenti. Le stesse disposizioni si applicano
  alle imprese agricole che occupano più di cinque dipendenti (1).  
  Le norme suddette si applicano, altresì, alle imprese industriali e
  commerciali che nell'ambito dello stesso comune occupano più di quindici
  dipendenti ed alle imprese agricole che nel medesimo ambito territoriale
  occupano più di cinque dipendenti anche se ciascuna unità produttiva,
  singolarmente considerata, non raggiunge tali limiti.  
  Ferme restando le norme di cui agli articoli 1, 8, 9, 14, 15, 16 e 17,
  i contratti collettivi di lavoro provvedono ad applicare i principi di cui
  alla presente legge alle imprese di navigazione per il personale navigante
  (2).   (1) Comma così
  modificato dall'art. 6, l. 11 maggio 1990, n. 108.  
  (2) Con sentenza 26 marzo 1987, n. 96, la Corte cost. ha dichiarato
  l'illegittimità costituzionale del presente comma, nella parte in cui non
  prevede la diretta applicabilità al predetto personale anche dell'art. 18
  precedente. Con successiva sentenza 31 gennaio 1991, n. 41, la Corte ha
  dichiarato l'illegittimità cost. del presente comma, nella parte in cui non
  prevede la diretta applicabilità al personale navigante delle imprese di
  navigazione aerea anche dell'art. 18 precedente, come modificato dall'art. 1
  della legge 11 maggio 1990, n. 108. La stessa Corte, con sentenza 23 luglio
  1991, n. 364, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente
  comma, nella parte in cui non prevede la diretta applicabilità al personale
  navigante delle Imprese di navigazione dei commi 1, 2 e 3 dell'art. 7.  
  
   
  
  Articolo
  36  
  
  
   
  
  Obblighi dei titolari di benefici accordati dallo Stato e degli
  appaltatori di opere pubbliche.  
  
  
   
  
   
  Nei provvedimenti di concessione di benefici accordati ai sensi delle
  vigenti leggi dallo Stato a favore di imprenditori che esercitano
  professionalmente un'attività economica organizzata e nei capitolati di
  appalto attinenti all'esecuzione di opere pubbliche, deve essere inserita la
  clausola esplicita determinante l'obbligo per il beneficiario o appaltatore di
  applicare o di far applicare nei confronti dei lavoratori dipendenti
  condizioni non inferiori a quelle risultanti dai contratti collettivi di
  lavoro della categoria e della zona.  
  Tale obbligo deve essere osservato sia nella fase di realizzazione
  degli impianti o delle opere che in quella successiva, per tutto il tempo in
  cui l'imprenditore beneficia delle agevolazioni finanziarie e creditizie
  concesse dallo Stato ai sensi delle vigenti disposizioni di legge.  
  Ogni infrazione al suddetto obbligo che sia accertata dall'Ispettorato
  del lavoro (1) viene comunicata immediatamente ai Ministri nella cui
  amministrazione sia stata disposta la concessione del beneficio o
  dell'appalto. Questi adotteranno le opportune determinazioni, fino alla revoca
  del beneficio, e nei casi più gravi o nel caso di recidiva potranno decidere
  l'esclusione del responsabile, per un tempo fino a cinque anni, da qualsiasi
  ulteriore concessione di agevolazioni finanziarie o creditizie ovvero da
  qualsiasi appalto.   Le
  disposizioni di cui ai commi precedenti si applicano anche quando si tratti di
  agevolazioni finanziarie e creditizie ovvero di appalti concessi da enti
  pubblici, ai quali l'Ispettorato del lavoro (1) comunica direttamente le
  infrazioni per l'adozione delle sanzioni.  
  (1) Ora, Direzione regionale del lavoro ex d.m. 7 novembre 1996, n.
  687.  
  
   
  
  Articolo
  37  
  
  
   
   
  Applicazione ai dipendenti da enti pubblici.  
  
  
   
  
   
  Le disposizioni della presente legge si applicano anche ai rapporti di
  lavoro e di impiego dei dipendenti da enti pubblici che svolgano
  esclusivamente o prevalentemente attività economica. Le disposizioni della
  presente legge si applicano altresì ai rapporti di impiego dei dipendenti
  dagli altri enti pubblici, salvo che la materia sia diversamente regolata da
  norme speciali.  
  
   
  
  Articolo
  38  
  
  
   
   
  Disposizioni penali.  
  
  
   
  
   
  Le violazioni degli articoli 2, 4, 5, 6, 8 e 15, primo comma lettera
  a), sono punite, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, con
  l'ammenda da lire 300.000 a lire 3.000.000 (1) o con l'arresto da 15 giorni ad
  un anno.   Nei casi più
  gravi le pene dell'arresto e dell'ammenda sono applicate congiuntamente.  
  Quando per le condizioni economiche del reo, l'ammenda stabilita nel
  primo comma può presumersi inefficace anche se applicata nel massimo, il
  giudice ha facoltà di aumentarla fino al quintuplo.  
  Nei casi previsti dal secondo comma, l'autorità giudiziaria ordina la
  pubblicazione della sentenza penale di condanna nei modi stabiliti
  dall'articolo 36 del codice penale.  
  (1) La misura dell'ammenda è stata così elevata dall'art. 113, terzo
  comma, l. 24 novembre 1981, n. 689. La sanzione è esclusa dalla
  depenalizzazione in base all'art. 32, secondo comma, della citata l. 24
  novembre 1981, n. 689.  
  
   
  
  Articolo
  39  
  
  
   
   
  Versamento delle ammende al Fondo adeguamento pensioni.
   
  
  
   
  
   
  L'importo delle ammende è versato al Fondo adeguamento pensioni dei
  lavoratori.  
  
   
  
  Articolo
  40  
  
  
   
  
  Abrogazione delle disposizioni contrastanti.  
  
  
   
  
   
  Ogni disposizione in contrasto con le norme contenute nella presente
  legge è abrogata.   Restano
  salve le condizioni dei contratti collettivi e degli accordi sindacali più
  favorevoli ai lavoratori.  
  
   
  
  Articolo
  41  
  
  
   
   
  Esenzioni fiscali.  
  
  
   
   
  Tutti gli atti e documenti necessari per la attuazione della presente
  legge e per l'esercizio dei diritti connessi, nonché tutti gli atti e
  documenti relativi ai giudizi nascenti dalla sua applicazione sono esenti da
  bollo, imposte di registro o di qualsiasi altra specie e da tasse.
  
            
             
              
             |