SOLO 2%
DICHIARA REDDITI
SOPRA 70MILA EURO
Un paese
dall'alto peso
fiscale e da una
ricchezza spesso
occulta. L'Italia è
al sesto posto in
Europa per peso
dell'imposizione
fiscale sul Pil, con
una incidenza del
42,8% a fronte di
una media europea
del 39,8%. Però solo
il 2,2% dei
contribuenti
(893.706 in valore
assoluto) dichiara
un reddito che
supera i 70.000 euro
annui, circa il 50%
degli italiani
presenta redditi che
non vanno oltre i
15.000 euro e il 31%
dichiara tra 15.000
e 26.000 euro. A
dirlo è il 43/o
Rapporto del Censis
sulla situazione
sociale del Paese.
Il reddito medio
dichiarato è di
18.373 euro pro-capite:
si va da un massimo
di 20.851 euro nel
Nord-Ovest a un
minimo di 14.440
euro al Sud. La
provincia con il
valore più alto è
Milano, con una
dichiarazione media
di 24.365 euro,
l'ultima è Vibo
Valentia, con 12.199
euro per
contribuente.
Inoltre, secondo le
stime del Censis,
l'economia sommersa
si aggira intorno al
19% del Pil. Con la
crisi tale quota
potrebbe essere
aumentata, sostiene
il rapporto,
raggiungendo un
valore di 275
miliardi di euro.
PIU' DI 1 MLN
FAMIGLIE IN POVERTA'
ALIMENTARE
In Italia ci sono un
milione e 50 mila
famiglie in
condizione di "povertà
alimentare", pari al
4,4% del totale, con
un divario
territoriale enorme
tra Nord e Sud: lo
afferma il Censis
nel suo Rapporto
annuale sulla
situazione sociale
del Paese,
presentato oggi.
Secondo l'analisi
del Censis, frutto
di una elaborazione
del Censis su dati
della Fondazione per
la sussidiarietà e
dell'Istat, ci sono
regioni come Veneto,
Toscana, Lazio e
Trentino Alto Adige
che hanno quote di
famiglie in povertà
alimentare sotto al
3% e altre come
Calabria, Basilicata
e le due isole che,
invece, presentano
valori nettamente
più elevati (dal
6,2% al 10,8%). Il
disagio sociale è
quindi fortemente
territorializzato,
dice il Censis, che
pubblica anche una
graduatoria delle
province dalla quale
emerge che il gap
tra Centro-Nord e
Sud-isole è marcato
e relativo a tutte
le dimensioni del
disagio considerate,
da quelle private (consumi
e reddito) a quelle
di natura collettiva,
come le
infrastrutture. Le
province più
problematiche
risultano Palermo,
Agrigento, Matera,
Lecce, Caserta,
Crotone, Vibo
Valentia e
Caltanissetta; al
contrario, Trieste,
Aosta, Belluno e
Siena sono le
province con livello
di disagio sociale
più basso.
OLTRE 760 MILA
POSTI PERSI CAUSA
CRISI
Oltre 760 mila posti
di lavoro persi in
un anno per motivi
legati alla sola
crisi. A dirlo è il
Censis nel Rapporto
2009 sulla
situazione sociale
del Paese, nel
confronto annuo al
secondo trimestre.
Per l'esattezza,
scrive il Censis,
sono 763 mila quanti,
a causa della crisi,
sono rimasti senza
lavoro perché
licenziati, messi in
mobilità, per
interruzione dei
contratti o per
chiusura
dell'attività. Un
nucleo costituito
prevalentemente da
dipendenti (83,9%),
uomini (56,4%),
residenti al nord
(42,8%) quanto al
sud (37,0%). Circa
il 42% lavorava
nell'industria della
trasformazione
(27,1%) e
nell'edilizia
(15,1%), il 14,5%
nel commercio e il
9,1% nei servizi
alle imprese. A
questa platea "già
numerosa -
sottolinea ancora il
rapporto - si
aggiungono quanti,
pur occupati,
lavorano a regime
ridotto": sono
risultate circa 310
mila le persone che
nella settimana in
cui sono state
intervistate non
hanno lavorato
mentre circa 415
mila l'hanno fatto
ma per meno ore del
solito. Si tratta
per lo più di
lavoratori
dipendenti, in Cassa
integrazione o
mobilità (quasi 350
mila) e sono
concentrati
soprattutto al Nord
(65,0%), segno di
come in quest'area
del Paese "il
sistema, che pure ha
tenuto - viene
sottolineato - stia
però registrando
preoccupanti segnali
di affanno".
Fonte: www.ansa.it