"EQUO INDENNIZZO"
MATERIA MISTERIOSA PER IL MINISTERO DELLA DIFESA
Da molti anni è sempre stato un
argomento molto discusso e controverso nell'ambito del Ministero della Difesa,
infatti nel passato, tantissime sono state le volte che gli aventi diritto
(dipendenti) sono stati costretti a ricorrere alla Magistratura Amministrativa
per vedersi riconoscere il diritto alla corresponsione dell'Equo Indennizzo, e
anche tante sono state le sentenze favorevoli ai ricorrenti.
Per affrontare con completezza
l'argomento è necessario fare una breve sintesi della Legislazione nel tempo.
L'Equo Indennizzo fu previsto per gli
impiegati civili dall'art. 68 del D.P.R. 10 Gennaio 1957 nr. 3 (Testo Unico per
gli impiegati civili dello Stato) e venne disciplinato con D.P.R. 3 Maggio 1957
nr. 686 (Norme di esecuzione del T.U. delle disposizioni sullo statuto degli
impiegati civili dello Stato).
Il suddetto DPR 686/57 in tema di
-Aspettativa per infermità dipendente da causa di servizio- prevede all'art. 36,
che l'impiegato civile per farne accertare l'eventuale dipendenza da causa di
servizio, deve presentare domanda scritta all'Amministrazione entro sei mesi
dalla data in cui si è verificato l'evento dannoso o da quella in cui ha avuto
conoscenza dell'infermità.
L'art. 51 stabilisce che "per
conseguire l'equo indennizzo, l'impiegato deve presentare domanda
all'Amministrazione da cui dipende entro sei mesi dal giorno in cui gli è
comunicato il Decreto che riconosce la dipendenza della menomazione
dell'integrità fisica da causa di servizio; ovvero entro sei mesi dalla data
in cui si è verificata la menomazione dell'integrità fisica in conseguenza
dell'infermità già riconosciuta dipendente da causa di servizio".
Tale beneficio, con Legge 23 Dicembre
1970 nr. 1094 (Estensione dell'equo indennizzo al personale militare) con
decorrenza dal 1° Gennaio 1970 venne riconosciuto finalmente anche a tutto il
mondo militare, infatti, l'art. 3 così recita "per la concessione dell'equo
indennizzo si applicano le norme previste per gli impiegati Civili dello Stato
dagli art. 50 a 60 del DPR 3 Maggio 1957 nr. 686, ad eccezione delle
disposizioni concernenti l'invio degli atti al consiglio di amministrazione".
Nel 1973 con D.P.R. nr. 1092 (Testo
unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari
dello Stato) venne disciplinato l'accesso alla Pensione Privilegiata Ordinaria
ed i relativi accertamenti sanitari senza alcuna prescrizione temporale per il
riconoscimento da causa di servizio dell'infermità e/o lesione accusata dal
dipendente. L'art. 64 e seguenti riconosceva il diritto alla P.P.O. ad ambedue
le categorie (civili e militari) e rimandava alla tab. "A" annessa alla L.
313/68 circa la categoria di ascrivibilità.
La Legge 18 Marzo 1968 nr. 313
(Riordinamento della legislazione pensionistica di guerra) prevedeva una sola
prescrizione all'art. 89, ossia che le lesioni o le infermità del militare o del
civile dovessero essere constatate dagli enti sanitari non oltre i cinque
anni dalla cessazione dal servizio di guerra o attinenti alla guerra.
Tale Legge venne sostituita dal
D.P.R. 23 Dicembre 1978 nr. 915 (Testo Unico delle norme in materia di pensioni
di guerra) ed ancora parzialmente sostituita ed integrata dal D.P.R. 30 Dicembre
1981 nr. 834, ma nulla è stato modificato in tema di prescrizione temporale, se
non la mera specificazione che qualora la domanda di pensione di guerra fosse
stata avanzata oltre un anno dalla cessazione dal servizio, la stessa avrebbe
avuto effetto dal mese successivo alla data di presentazione della
documentazione, (domanda).
Queste sono le Norme Legislative
succedutesi nel tempo per il riconoscimento dell'infermità dipendente da causa
di servizio e del relativo diritto alla Pensione Privilegiata.
Il Ministero della Difesa ai fini del
riconoscimento dell'Equo Indennizzo ai Militari, ha sempre preteso che la
domanda per la concessione dell'Equo Indennizzo fosse presentata entro sei mesi
dal riconoscimento della dipendenza da causa di servizio formulata dalla
Commissione Medica Ospedaliera in virtù dell'art 51 del succitato DPR 686/57, e
questo è anche normale.
Quello che invece e assurdo, è che per la sola
concessione dell'Equo Indennizzo, pretende categoricamente che la stessa
domanda per il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio debba
essere fatta entro sei mesi dalla data in cui si è verificato l'evento dannoso o
da quella in cui si è avuta "conoscenza" dell'infermità o della lesione, e
questo in applicazione dell'art. 36 del suddetto DPR 686/57; altrimenti,
respinge sistematicamente con Decreto Ministeriale tale diritto per
"intempestività della domanda" o perché la "domanda è stata fatta in perenzione
dei termini".
Ma l'art. 3 della succitata Legge
1094/70 (Estensione dell'Equo Indennizzo al personale Militare) non rendeva
applicabile al personale militare solo gli articoli dal nr. 50 al nr. 60 del
DPR. 686/57 (Regolamento esecutivo del T.U. degli impiegati civili dello Stato),
ed allora da dove spunta fuori l'art. 36? Quale disposizione Legislativa lo ha
esteso anche al Personale Militare? Finora nessuno non lo ha mai chiarito,
neanche il Consiglio di Stato nei tanti pareri espressi (sia positivi sia
negativi).
Allora è da ritenere che il Ministero
della Difesa sia al di sopra delle Leggi dello Stato, e di propria iniziativa e
con proprio insindacabile potere ha deciso che l'art. 36 del DPR. 686/57 è
applicabile anche ai militari.
Premesso tutto quanto sopra esposto,
le motivazioni per cui i dipendenti si sono visti costretti a rivolgersi alla
Magistratura Amministrativa sono state le contestazioni circa la decorrenza
dei fatidici sei mesi dalla "conoscenza" dell'interessato dalla gravità
dell'infermità ed il nesso con i fatti di servizio.
In merito ci sono state svariate
sentenze favorevoli per i dipendenti, tanto che DIFESAN con la Circolare nr.
1100/ML10/10 in data 30 Luglio 1993 (con oggetto: procedimenti per il
riconoscimento di infermità o lesioni dipendenti da causa di servizio e di
concessione dell'Equo Indennizzo), ha sentito il bisogno di chiarire che: "In
merito al concetto di "piena conoscenza", la Giurisprudenza ha precisato che non
qualsiasi conoscenza dell'infermità è atta a far decorrere il termine, ma solo
la conoscenza qualificata dalla consapevolezza di cause ed effetti, in tanto
possibile in quanto il processo morboso si sia conclamato nella sua entità
nosologica, anche se non necessariamente stabilizzato", (all'uopo Vds. Capo I,
art. 1. Punto a.).
Corre l'obbligo precisare che la
suddetta Circolare pubblicata nella G.U. nr. 251 del 25.10.1993 continua
attualmente ad applicarsi perché compatibile con le disposizioni attuali, e per
questo è specificatamente richiamata nella Circ. nr.47I7ML-2002710-10713 datata
21 Gennaio 2002 della Direzione Generale della Sanità Militare 4^ Divisione, 1^
Sezione.
Nel 1994 fu emanato il D.P.R. Aprile
1994 nr. 349 (Regolamento recante riordino dei procedimenti di riconoscimento di
infermità o lesione dipendente da causa di servizio e di concessione dell'equo
indennizzo), ma quest'ultimo si riferiva solo allo "impiegato civile", ciò
nonostante il Ministero della Difesa nella sua suprema Autorità ed Autonomia
-sibi aliquid arrogare-, estese di fatto tale DPR anche al Personale
Militare.
All'uopo, è noto a tutti la vicenda del rimborso delle 250.000£. quale parcella
per il medico di fiducia facente parte integrante ed obbligatoriamente della
Commissione Medica Ospedaliera, corrisposta anche ai militari fino a quando non
ci fu un parere del Consiglio di Stato, il quale chiarì che non spettava al
Personale Militare ma solo al personale Civile, semplicemente perché il suddetto
DPR. 349/94 non era applicabile ai militari.
Infatti, l'atroce dubbio assalì lo
stesso Ministero della Difesa - Direzione Generale della Sanità Militare che con
nota in data 1 Luglio 1998 espresse dubbi e perplessità sulla problematica ed
invitò a pagare solo i dipendenti civili (impiegati ed operai) dell'A.D. e,
nell'occasione portò a conoscenza di aver richiesto specifico parere al
Consiglio di Stato.
Successivamente, la suddetta
Direzione Generale della Sanità Militare - Div. 7^, Sez. I^, nel rispondere ad
un preciso quesito fatto dall'AS.SO.DI.PRO Sez. di Taranto, con f. nr.67/1767 in
data 11 Novembre 1999 ha fatto sapere anche a noi che "Il D.P.R. in argomento
non si applica tuttavia al personale Militare ed equiparato perché in tal senso
si è pronunciato il Consiglio di Stato con parere 814/98 del 25.8.1998,
confermando l'interpretazione letterale del testo quale si desume dall'art. 3
comma 1 del citato DPR che fa espresso riferimento agli -impiegati civili-".
Fatto negativo però che il succitato
DPR 349/94 aveva abrogato tra l'altro, le disposizioni di cui agli art. dal 35
al 38, il 41, e dal 51 al 55 del D.P.R. 3 Maggio 1957 nr. 686; pertanto, anche
quelli che prevedevano il riconoscimento e la concessione dell'Equo Indennizzo
per il Personale Civile e come già detto, estesi anche al Personale Militare,
creando di fatto un vuoto Legislativo per il personale Militare.
Forse allora in presenza di tale
vuoto Legislativo, ed in considerazione dei gravissimi ritardi (in media 7 - 8
anni di ritardo rispetto a quanto previsto dalle Leggi in vigore), e conseguenti
vibrate proteste sfociate anche con Esposti alla Magistratura, che le vecchie
procedure avevano prodotto per la concessione sia della Pensione Privilegiata
sia dell'Equo Indennizzo, e tuttora ancora da sanare, si sono visti costretti a
rimettere mano a tutta la materia.
Pertanto è stato concepito dall'alto, senza la consultazione da parte di "nessuno"
un regolamento attuativo di una legge sconosciuta (visto che tutte le vecchie
leggi riguardanti lEquo Indennizzo erano state abrogate), e fatto emanare dal
Presidente della Repubblica con
D.P.R. 29 Ottobre 2001 nr. 461 (Regolamento
recante semplificazione dei procedimenti per il riconoscimento della dipendenza
delle infermità da causa di servizio, per la concessione della pensione
privilegiata ordinaria e dell'equo indennizzo, nonché per il funzionamento e la
composizione del comitato per le pensioni privilegiate ordinarie) applicabile a
tutti i dipendenti pubblici sia Civili che Militari.
Con quest'ultima Norma Legislativa
sono stati confermati i precedenti criteri adottati dall'A.D., ossia
mentre non pone alcun limite temporale per il rilascio della Pensione
Privilegiata, per la concessione dell'Equo Indennizzo stabilisce che la domanda
per la dipendenza da causa di servizio debba essere presentata perentoriamente
entro il termine di sei mesi dalla data in cui si è verificato l'evento dannoso
o da quella in cui si è avuto conoscenza dell'infermità o della lesione
o dell'aggravamento.
Norma molto opinabile soprattutto nel
caso di Aggravamento e/o Morte, dove gli interessati non sono in grado (per lo
stato di salute) di pensare al gravame amministrativo, o peggio ancora, gli
eredi in caso di morte sono spiazzati in quanto non conoscono le norme in merito
ed inoltre non sanno a quale santo votarsi per preparare la documentazione
necessaria e a chi presentarla, pertanto quando a loro volta vengono a sapere le
loro incombenze amministrative, sono scaduti i termini per richiedere un loro
diritto. Perché solo sei mesi per richiedere un sacrosanto diritto che dovrebbe
essere riconosciuto e corrisposto d'ufficio? Perché in uno Stato Democratico e
Garantista come dicono essere il nostro, gli altri diritti risarcitori si
prescrivono dopo cinque anni o dieci anni, e lo Stato riconosce ai suoi
dipendenti solo sei mesi? è giusto ed è lecito tutto questo?
L'unica nota positiva del suddetto
D.P.R. 461/2001, sta nel fatto che la domanda di Equo Indennizzo può essere
presentata "contestualmente" alla domanda di riconoscimento della causa di
servizio e "dell'unicità di accertamento", ossia che il riconoscimento della
dipendenza da causa di servizio costituisce accertamento definitivo anche ai
fini del trattamento pensionistico privilegiato ed ai fini dell'equo indennizzo.
Infatti, si spera che questa norma
elimini tante precedenti discriminazioni, tanti pareri discordi e contrastanti;
mi riferisco a specifici casi (ma non sono casi isolati, sono stati tantissimi),
che la stessa infermità, dallo stesso Organismo (C.P.P.O.), sia stata più volte
valutata con dei giudizi radicalmente diversi e spesso contrapposti, positivo
per la Pensione e negativo per l'Equo Indennizzo o il contrario; ed anche le
sentenze dei vari Tribunali sono state spesso molto contraddittorie.
Inoltre, il succitato
D.P.R. 461/2001
in via transitoria prevede all'art. 18, che tutte le domande (riconoscimento da
C. di S., di P.P.O., e di E.I.) presentate precedentemente all'entrata in vigore
di tale provvedimento devono essere definiti secondo le vecchie procedure e
concludersi entro un anno a partire dal Gennaio 2002.
Purtroppo la cruda realtà è un'altra,
ciò non corrisponde neanche lontanamente a quelli che erano i loro stessi
impegni formalizzati con specifico articolo di Legge, era solo del fumo negli
occhi, un illusione, una promessa priva di fondamento, in quanto sappiamo che
ancora oggi il solo arretrato risulta essere di migliaia di pratiche inevase. Vi
è ancora da evidenziare, che i tempi di attuazione delle nuove procedure
relative alle domande fatte dopo l'entrata in vigore di tale D.P.R. (30 gg. alle
C.M.O., 30 + 30 gg. all'Amministrazione, 60 gg. al Comitato di Verifica) previsti
dagli art. 5 - 6 - 7 e 11 sono completamente disattesi, per essere abbastanza
realistici bisogna considerare un coefficiente moltiplicatore che va da 6 a 10,
senza alcuna esagerazione di sorta.
Dopo questa breve parentesi
esplicativa sulla Norma ora in vigore e riprendendo il succitato problema del
termine temporale dei sei mesi, nasce spontanea una domanda: la norma è
stata prevista per riconoscere un diritto o per negarlo? Se è stata fatta per
riconoscere un Diritto, che senso ha mettere un termine perentorio di sei mesi
per la sua esplicita richiesta, forse perché superati i sei mesi dall'evento,
l'infermità pur riconosciuta per causa di servizio svanisce come per incanto e
non è più risarcibile?
Inoltre corre l'obbligo sottolineare
che la suddetta Norma Legislativa è in contro tendenza all'orientamento
Giurisprudenziale che vuole la decorrenza dei termini dei sei mesi dalla
"conoscenza" della patologia conclamata nella sua entità nosologica;
pertanto non bastano i primi sintomi della malattia stessa a far decorrere i
fatidici sei mesi, ma bisogna aspettare la sua evoluzione eziopatologica almeno
fino alla stabilizzazione.
In tale contesto si inserisce un
ennesimo Parere del Consiglio di Stato, Sez. IV^ che con sentenza nr. 5923/20
del 28 Maggio 2002 sul ricorso in appello nr. 5311 in data 9.7.1993 proposto dal
Ministero della Difesa (per l'annullamento o la riforma della sentenza del
T.A.R. del Veneto, Sez. I^ nr. 372 in data 15.04.1993) ha respinto l'appello
del Ministero della Difesa, dando piena ragione al dipendente,
peraltro non costituitosi in giudizio, dopo quasi 20 ANNI; tale sentenza è stata
già pubblicata sul nr. 41 del 11 Novembre 2002 del Nuovo Giornale dei Militari e
non su altri giornali di interesse militare (ogni riferimento è puramente
casuale).
La Suprema Corte in tale occasione ha
ribadito e confermato quanto già precedentemente stabilito sia dallo stesso
Consiglio di Stato in appello ai vari T.A.R. sia dalla Corte dei Conti, e cioè
che il principio di ragionevolezza deve indurre a ritenere "tempestive" le
domande proposte entro il termine semestrale decorrente dalla chiara
consapevolezza del dipendente di avere contratto la malattia quale conseguenza
della prestazione di servizio; ha precisato inoltre che la "consapevolezza" deve
avere dati obbiettivi sulla gravità, sulla permanenza e sulle conseguenze
dell'infermità. Tutto questo per evitare la proliferazione di procedimenti
amministrativi o infondati o basati sulla mera verificazione della malattia
(ascrivibile magari ad eventi della vita quotidiana o comunque non riferibili al
lavoro prestato)……… e questo ha osservato la Suprema Corte, non gioverebbe
certamente all'efficienza dell'azione amministrativa.
Purtroppo quello che accade
materialmente non è così, in quanto per l'Amministrazione basta un semplice
certificato di malattia o una breve convalescenza o un piccolo ricovero (cui
naturalmente è soggetto il dipendente nelle varie fasi della vita) per far
scattare la conoscenza per l'Amministrazione e la decorrenza dei fatidici sei
mesi, senza tenere assolutamente conto di nessuno dei criteri fin qui menzionati
e previsti tuttora dalle loro stesse Circolari, applicative naturalmente delle
Leggi.
Infatti, continuano a verificarsi
situazioni di rigetto delle istanze, in merito corre l'obbligo sottolineare
anche una piccola battaglia sostenuta dall'AS.SO.DI.PRO. Sez. di Taranto che
supportando il Diritto della vedova di un Sottufficiale della Marina Militare
nell'anno 2000 ha fatto fare all'erede specifico ricorso al T.A.R. di Lecce (per
conto di suo marito deceduto successivamente alla domanda fatta nel 1998), per
vedersi riconosciuto il diritto all'Equo Indennizzo respinto
dall'Amministrazione per "intempestività della domanda" e notificato all'erede a
Marzo del 2000; ebbene il TAR senza entrare neanche nel merito, ha riconosciuto
chiaramente i presupposti del Diritto e dopo soli 45 giorni ha accolto il
ricorso ed ha pronunciato "ordinanza di sospensiva" dell'atto impugnato.
Invece, succede raramente che il
dipendente si ribella, da nostre stime ci sentiamo di affermare che per ogni
ricorso effettuato, ve ne sono almeno altri 30 - 40 i quali avrebbero i
presupposti per farlo e i dipendenti lasciano perdere, per una serie di
problematiche tutte valide, tipo: non approfondita conoscenza delle Leggi e
quindi del Diritto, a chi rivolgersi per presentare ricorso (mancano strutture
adatte allo scopo e certo le Rappresentanze nella fattispecie non sono
certamente in grado di far fronte a queste esigenze, pertanto non sono in grado
di tutelare i diritti neanche del personale in servizio), spese da affrontare,
scadenza dei termini per proporre ricorso (sono previsti solo 60 giorni),
lungaggini giuridiche, incertezza dell'esito ecc.. Però così facendo non si fa
altro che il gioco dell'Amministrazione la quale impone in modo illegittimo la
propria volontà.
Se al contrario tutti gli aventi
diritto (o almeno la maggior parte) facessero ricorso e l'Amministrazione
venisse condannata a pagare anche le spese processuali, ed il Ministero (come
previsto per Legge) si rifacesse sui propri Dirigenti, sicuramente questi
"signori" prima di respingere un'Istanza, invece di leggere i giornali, si
andrebbero a leggere di più le Leggi che dovrebbero applicare e le varie
sentenze in merito, ed invece di agire con molta disinvoltura in contrasto con
le stesse, dimostrando chiaramente che non sono all'altezza del compito loro
affidato; con la piena convinzione e consapevolezza che tanto per risolvere il
caso passerà un po’ di tempo, probabilmente io non ci sarò più, che né io né i
miei eredi non pagheranno mai una lira e così ho assolto al meglio il mio
compito, senza alcuno sforzo, senza rischiare assolutamente niente e sicuramente
ho fatto risparmiare soldi allo Stato non riconoscendo di fatto diritti che sono
alla "pallisiana".
Signori dipendenti Civili e Militari
del Ministero della Difesa sappiate che è questo il modo con cui vengono
tutelati gli interessi dei dipendenti di Codesto Dicastero. Allora come
difendersi?
Per contrastare l'azione
irriconoscente vessatoria e persecutoria da parte dell'Amministrazione, e che
tale comportamento suscita soltanto sdegno, bisogna tutelarsi adeguatamente,
salvaguardando i propri diritti; come?
Ognuno deve essere capace di decidere con la massima autonomia, però nella piena
consapevolezza.
Sta qui il senso di quest'articolo,
proprio per portare a conoscenza il più possibile (passatemi il termine)
dell'opinione pubblica il comportamento tenuto dall'Amministrazione e
soprattutto del Ministero della Difesa, su fatti già accaduti precedentemente.
Comunque permettetemi di esprimere il
mio personale modesto parere disinteressato, quando fate la domanda di
riconoscimento da causa di servizio di un'infermità, sfruttate la norma ora
esistente, chiedete contestualmente anche l'Equo Indennizzo, e fatelo
sempre (entro sei mesi dai primi sintomi); quando avete il dubbio che quel
malore che vi ha colpito e vi ha costretto a letto può avere un reale nesso con
il servizio che prestate, non aspettate ulteriormente, scrivete!
Mi pare di ricordare alcuni passi della Vangelo che vi suggerisco vivamente di
tenere sempre in debita considerazione, in quanto consiglio Supremo:
chiedete e vi sarà dato - bussate e vi sarà aperto, senza indugio; a tempo
debito però.-
CHIRICO GIUSEPPE
|