Indagine della
commissione Sanità sull’uso di proiettili con uranio impoverito e
sull’incidenza di malattie tumorali: la propone Silvio Lai dei Ds per
chiarire i rischi, forse letali, su una vicenda ricca di reticenze e
incertezze, da quando la commissione tecnica Mandelli non arriva alle
prime conclusioni su uno studio effettuato su alcune migliaia di soldati
che hanno partecipato alla guerra in Bosnia e Kosovo.
CAGLIARI.
Contribuire a rispondere a un inquietante interrogativo: se l’uranio
impoverito sia dannoso alla salute e se, nel dubbio, in Sardegna – dove
l’uso è probabile – esista un adeguato sistema di protezione per chi, a
diverso titolo, può venirne a contatto: è’ quanto si propone Silvio Lai
dei Ds, che ha illustrato alla Settima commissione un dossier sui rischi
che questo elemento, impiegato in alcuni armamenti convenzionali per
aumentarne il valore offensivo, può generare. Molte le reticenze
sull’argomento, da quando la commissione tecnica Mandelli non arriva
(siamo nel 2000) alle prime conclusioni su uno studio effettuato su alcune
migliaia di soldati che hanno partecipato alla guerra in Bosnia e Kosovo.
L’indagine sui registri tumorali non specifica l’incidenza delle patologie
tumorali a carico del sistema emolinfatico, ma, inspiegabilmente, il terzo
rapporto, che riferisce di casi registrati nel 2001, presente sul sito del
Ministero della difesa non è reso disponibile.
Vi sono anche altri documenti che confermano il timore sugli effetti
perniciosi dell’uranio impoverito: dal 1984 la Nato ne indica i pericoli e
invita a “non entrare in contatto diretto” e ad “evitare inalazioni” delle
polveri che l’impatto dei proiettili produce. Il manuale di sicurezza per
le truppe italiane impiegate nell’ex Jugoslavia indica in modo esplicito i
pericoli e invita i militari a evitare contatti e “stare lontani”.
Altrettanto dicono, con circolari alle truppe, la sanità militare Usa e la
Royal Accademy inglese.
Ai tumori, soprattutto linfomi e leucemia, si aggiungono problemi
genetici. Dell’uranio impoverito potrebbero essere vittime anche le future
generazioni. Dunque, che l’uranio impoverito – usato per aumentare la
capacità perforante dei proiettili – possa causare gravi danni alla salute
umana è probabile. Ma finora non ci sono prove scientifiche. In questa
situazione di incertezza, la Sardegna deve fare i conti con una situazione
particolarmente compromessa. Militari sardi, che hanno partecipato alle
operazioni nell’ex Jugoslavia, sono morti o sono gravemente malati C’è
motivo per approfondire l’argomento. Si dice, fra l’altro – ha aggiunto
Lai – che materiali radioattivi siano stati stoccati in un deposito presso
la caserma della brigata Sassari. E’ circostanza da appurare. Da dove
provenga quel materiale si può intuire.
La Sardegna ha, a Perdasdefogu, il più grande poligono di tiro d’Italia,
12 mila ettari con fronte mare; vi si svolgono le esercitazioni delle
forze Nato e, a pagamento, dei paesi non aderenti alla Nato o di aziende
che producono e sperimentano il proprio armamento. Il livello di
protezione è bassissimo per i militari; altrettanto, in teoria, per i
civili il cui accesso in quel territorio è quotidiano in assenza di
esercitazioni. Si parla di incidenza superiore alla media fra i pastori e
di moria esagerata di bestiame. Di fronte a Teulada c’è un isolotto, usato
come bersaglio di proiettili con testate all’uranio, la cui radioattività
suggerisce di renderlo “off limits” per le persone.
Sono circostanze da puntualizzare e la Regione – ha sostenuto Lai – ha il
dovere di assumere responsabilità dirette, intrecciando un rapporto di
collaborazione con le forze armate allo scopo di garantire una mappatura
dei luoghi o il divieto di accesso a luoghi che potrebbero essere
“infetti”. In ogni caso è necessario, nel dubbio, applicare il principio
precauzionale fino a quando si ha la certezza di poter escludere il
rischio. Il presidente della commissione, Pierangelo Masia, ha condiviso
l’opportunità di approfondire un argomento che genera preoccupazione e
segna, con morti “sospette”, i termini temporali della vicenda. Il rischio
è che alcuni danni si manifestino a distanza di anni e rendano assai più
grave il bilancio.
D’accordo anche i componenti la commissione che sono intervenuti nel
dibattito, da Liori (An), il quale si è chiesto che ruolo debba recitare
l’Arpa, a Pacifico (Ds), il quale ha ricordato come da due anni è stata
chiesta una commissione d’inchiesta del Consiglio sulla “sindrome di
Quirra”, dopo la denuncia del sindaco di Villaputzu sull’incidenza abnorme
delle patologie tumorali nella frazione di San Lorenzo. Pacifico ha
ricordato che una commissione ha stabilità l’assenza di uranio impoverito
nel poligono, ma ha aggiunto che la volatilità delle polveri, l’assenza di
una localizzazione delle zone d’impatto dei proiettili e il numero
insufficiente di carotaggi rende difficile qualunque previsione
attendibile.
Fra l’altro – ha precisato – è indispensabile la ricerca sui metabolici,
dal momento che, a distanza di tempo, è esercizio inutile continuare a
cercare tracce di uranio impoverito.
Margherita Cocco ha ricordato l’esperienza di due volontari cagliaritani
in Kosovo, che hanno contratto la patologia tumorale, mentre Onorio
Petrini (Forza Italia), pur non avendo notizia sull’incidenza di malattie
da parte di pastori e greggi, si è detto d’accordo sull’opportunità che la
regione si occupi del problema. La stessa posizione è stata espressa dall’on.
Tore Serra (Comunisti italiani) sulla “titolarità” della Regione ad
occuparsi del problema.
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