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Balcani, soldati senza paga
Da 2 mesi i nostri militari non ricevono l’indennità di missione

 

 

6/7/2001, Il Manifesto, militari al verde!

4/7/2001, Il Messaggero - Balcani, soldati senza paga

5/7/2001, Il Messaggero - Paghe entro fine luglio

 


IL MESSAGGERO DEL 4/7/2001

L’allarme lanciato dai volontari. 
Il Cocer dell’Esercito: «La colpa è della burocrazia»

Balcani, soldati senza paga
Da 2 mesi i nostri militari non ricevono l’indennità di missione

di CARLO MERCURI



ROMA - Telefonano dal Kosovo, dall’Albania, dalla Bosnia. Telefonano al giornale, perché non sanno più a che santo votarsi. Da due mesi sono senza soldi. Volontari, sottufficiali e ufficiali italiani nei Balcani non ce la fanno più. Stanno difendendo gratis il buon nome della Patria. Un caporalmaggiore scelto degli Alpini chiama da Sarajevo: «In Bosnia siamo circa 1500 e nessuno vede il becco di un quattrino da due mesi - dice - Ci mancano i soldi persino per le sigarette. Qualche tempo fa ci davano 800 mila lire al mese di acconto, ora hanno tagliato pure quelle. Ci dicono: non abbiamo i soldi, i soldi non ci sono, sempre lo stesso ritornello. Io ho dovuto prendere una licenza per andare a casa a racimolare qualche lira. Finirò la missione a luglio ma a luglio devo anche sposarmi. Con quali soldi?». Chiama un altro dal Kosovo: «Sono disperato - dice - Sto finendo la mia missione e tra poco dovrò tornare in Italia. Senza soldi. Come farò a pagare il mutuo della casa?».
Ciò che non arriva ai nostri militari nei Balcani è la cosiddetta indennità di missione, non lo stipendio propriamente detto. Quello, lo stipendio, viene regolarmente accreditato sui conti correnti bancari italiani. Ma l’indennità di missione, una sorta di "straordinario" per i rischi che i militari corrono nel teatro delle operazioni, è la voce di gran lunga più "ricca" dei loro emolumenti, ed è esattamente ciò che spinge molti volontari a chiedere di essere impiegati all’estero. A seconda dei gradi, l’indennità può andare dai quattro ai sei-sette milioni al mese. Ecco che, specialmente per un volontario (il cui stipendio si aggira tra il milione e settecentomila e i due milioni al mese) quei quattro milioni in più ogni mese per tutta la durata della missione sono un’autentica manna, un gruzzolo da capitalizzare per affrontare senza affanni le grandi spese, vuoi il matrimonio, vuoi il mutuo della casa. Ma se poi i soldi non arrivano, succede il patatrac. Patatrac personale, ché non si è mai visto uno che lavora gratis; patatrac familiare, perché mogli e figli si arrabbiano di brutto; e patatrac clamoroso sul piano dell’immagine del nostro Paese all’estero, di cui proprio i militari sono (o dovrebbero essere) l’espressione più evidente.
Difficile ottenere maggiori informazioni sulle patrie insolvenze presso lo Stato maggiore dell’Esercito. Il Cocer, che è organismo di rappresentanza della Forza armata, ha ricevuto naturalmente la profluvie di telefonate allarmate da parte dei colleghi impegnati nei Balcani e una sua idea in merito se l’è fatta. Ce la spiega un delegato del Cocer Esercito: «Non è la prima volta - dice - che si verificano ritardi nei pagamenti delle indennità di missione. Ma stavolta si è passato il segno. Di chi la colpa? Del fatto che non c’è una pianificazione costante delle missioni internazionali. Non c’è un budget fisso cui attingere e si deve ricorrere di volta in volta allo strumento del decreto di proroga delle missioni. Perciò l’assegno di indennità non arriva automaticamente, come dovrebbe essere, ma sconta ritardi inimmaginabili. Nei Balcani - afferma ancora Leggiero - ci sono circa 9000 militari italiani. Una buona metà di questi non ha ancora preso l’indennità di maggio. Molti hanno finito la missione, sono rientrati in Italia, e dovranno aspettare i soldi chissà per quanto tempo ancora». E poi ci si lamenta se le vocazioni scarseggiano.



IL MESSAGGERO DEL 5/7/2001

Dopo la denuncia del «Messaggero» interviene il governo per sbloccare l’indennità a chi è in missione all’estero
«Balcani, paghe entro fine luglio»
Il sottosegretario alla Difesa Cicu: «Mai più i nostri soldati ”al verde”»

di CARLO MERCURI



ROMA - Il Governo si è mosso subito. D’altronde, il "caso" dei mancati pagamenti ai nostri militari nei Balcani era uno di quelli destinati a fare rumore. Con grande nocumento, tra l’altro, dell’immagine dell’Italia all’estero. Abbiamo parlato con il sottosegretario alla Difesa Salvatore Cicu, di Forza Italia. Cicu ha la delega per l’Esercito ed è già stato (nel ’94) sottosegretario al Tesoro. Dunque, è quello che si dice un esperto.
Onorevole Cicu, perché non sono state versate le indennità di missione ai nostri militari nei Balcani e che cosa il Governo pensa di fare per risolvere il problema?
«Le missioni dei nostri militari all’estero vengono prorogate di sei mesi in sei mesi attraverso un decreto che autorizza lo stanziamento dei fondi. Dall’approvazione del Parlamento all’erogazione dei fondi da parte del ministero del Tesoro passano circa tre mesi. Ma, proprio per ovviare ad eventuali ritardi, l’amministrazione della Difesa versa a ciascun militare 500 dollari al mese come anticipo. Detto questo, mi preme sottolineare che condivido il disagio dei nostri soldati e che ritengo legittime le loro proteste. Tant’è vero che il Governo si è mosso con tempestività».
Che cosa ha fatto il Governo, onorevole?
«Il ministro Martino ha subito proposto al ministro del Tesoro di inserire nel decreto una norma che autorizzi lo stesso ministero del Tesoro a finanziare la Difesa con carattere d’urgenza ogni qualvolta si presentino simili necessità. Esiste, presso il ministero del Tesoro, un "Fondo per le spese impreviste". Si potrebbe attingere da lì per attenuare gli eventuali disagi dei militari».
Questo per il prossimo futuro. E intanto, per il presente, come si sblocca la situazione?
«Per il presente, dalla prima decade di luglio sarà attivata la procedura di pagamento delle indennità di missione arretrate. Entro la fine del mese tutti i militari riceveranno le loro spettanze. Il Governo non può consentire che i militari siano insoddisfatti».
E’ la "linea" del ministro Martino?
«Sì, una linea forte e determinata a sostenere la centralità dell’uomo-militare, a supportare la sua credibilità sia all’estero che in Italia. Per fare questo, bisogna far crescere nella società civile la consapevolezza dell’importanza del lavoro dei militari e contemporaneamente dare ai lavoratori in divisa una formazione professionale adeguata, appagante e soddisfacente. Soltanto così i giovani che ancora guardano con distacco al mondo militare potranno avvicinarsi all’Istituzione».
Sta pensando ai volontari che scarseggiano?
«Anche. La garanzia del raggiungimento di una formazione professionale di livello è una spinta all’arruolamento. La strada da seguire è questa».

 

 


 

 

 

 

 

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