Diritti dei militari: ogni iniziativa a favore delle vittime del dovere merita ospitalità sul nostro portale” “Partecipiamo ai nostri utenti la presente iniziativa che intende dare conoscenza del mondo militare attraverso le voci di coloro che lo vivono direttamente” Roma, 13 dic - Cittadini in divisa, le loro storie in un libro per raccontare le verità ignorate. “Una parte della società italiana vive ancora priva di quei fondamentali diritti che la Costituzione riconosce indistintamente a tutti i cittadini e fra questi i militari e gli appartenenti alle Forze di polizia possono essere considerati i “minus habentes” del terzo millennio.” Approfondisci l'argomento >>>
Roma, 14 set. 2011 - Riceviamo e
pubblichiamo un approfondimento in merito
all'argomento in oggetto, a cura di Antonio Michele
Vitale. Delegato Co.ce.r.. Condividi
Profili
di novazione del rapporto di impiego militare
e
progressione di carriera verticale
di Antonio Michele Vitale
Delegato CO.CE.R.
L’art. 9 commi 1 e 21 della legge 122/2010 crea non pochi problemi
interpretativi in merito alla reale portata
applicativa nei confronti del personale appartenete
al comparto sicurezza e difesa. La mancanza di una
netta distinzione nel sistema della progressione
orizzontale e verticale della carriera militare
evidenza gli effetti distorsivi dell’applicazione de
plano, di una norma affetta da imprecisioni
terminologiche e dalle poco chiare precisazioni
dell’ambito applicativo.
In tale contesto, però, solo una lettura costituzionalmente orientata ed
una interpretazione che porti a sanare i profili di
irragionevolezza di una applicazione tout court, può
ridare linearità alle dinamiche della
regolamentazione di rapporti di impiego altrimenti
ricadenti sotto l’effetto del “tetto retributivo”
imposto dalla legge.
In particolare, la Commissione Speciale pubblico Impiego del Consiglio di
Stato, investito sulla questione delle progressioni
verticali nel pubblico impiego, con parere 3556/205
ha espressamente statuito che le stesse debbano
essere assimilate alle nuove assunzioni.
Tale impostazione è stata avallata sia dal legislatore con il d.lgs
150/09, che ha modificato l’art. 52 del D.lgs.
165/2001, sia dalla Corte Costituzionale che ha
ritenuto illegittime le leggi regionali che
derogavano alla regola del concorso pubblico in
materia di progressioni verticali di carriera.
Tuttavia, la specificità dell’ordinamento militare, la cui vigenza
derogatoria è stata salvaguardata proprio dall’art.
3 del citato d.lgs 165/01, non ha risentito della
novella normativa del 2009, tanto che le
progressioni di carriera del personale militare sono
rimaste immutate anche in assenza di una specifica
definizione e distinzione della progressione
orizzontale e verticale della carriera militare.
Tale distinzione, tuttavia, sebbene non esplicitata chiaramente, è
parimenti esistente nell’ambito militare e ricalca
per tanti versi la suddivisione adottata per il
rimanente pubblico impiego.
Infatti, la progressione verticale del personale militare è
specificatamente delineata da una serie di
interventi normativi che definiscono i ruoli del
personale e la progressione nei ruoli.
Nello specifico, si individua chiaramente il ruolo dei graduati, dei
sergenti, dei marescialli, degli ufficiali direttivi
e degli ufficiali dirigenti.
In ogni singolo ruolo è prevista una progressione di carriera
“orizzontale” data dagli avanzamenti di grado e
dalle anzianità di servizio, mentre il passaggio da
un ruolo all’altro è assimilabile chiaramente ad una
progressione di carriera “verticale”.
Il passaggio di ruolo del personale militare (progressione verticale di
carriera) costituisce pacificamente una “novazione
oggettiva” del rapporto di impiego militare. Fatto
salvo il parere contrario del TAR Sicilia che con
sentenza n. 647 del 01 aprile 2011, discostandosi
dal consolidato orientamento del Consiglio di Stato,
ha ritenuto che la progressione verticale
costituisca una mera modificazione del rapporto di
impiego preesistente, si può asserire con assoluta
certezza che il passaggio di ruolo, e quindi la
progressione verticale di carriera, costituisca una
novazione oggettiva del rapporto di lavoro e
pertanto debba essere assimilata alle nuove
assunzioni.
Sulla scorta di tale impostazione, si può dedurre che in riferimento al
personale di cui all’art. 3 del d.lgs 165/01, le
progressioni di carriera a cui si riferisce il comma
21 della legge 122/2010, siano quelle orizzontali
disposte per l’attribuzione del beneficio economico
dovuta alla promozione nel ruolo ed alla anzianità
di servizio nel ruolo medesimo.
Viceversa, le progressioni di carriera verticali (novazione di rapporto a
seguito di passaggio di ruolo), devono ritenersi
escluse proprio per espressa previsione normativa.
Infatti, la locuzione “conseguimento di funzioni
diverse in corso di anno” indicata all’art. 9 comma
1 della legge 122/10 quale condizione derogatoria al
tetto retributivo, assume una valenza precettiva e
recupera un proprio autonomo significato, solo se si
riferisce alle ipotesi di novazione oggettiva del
rapporto di impiego.
Che il “conseguimento di funzioni diverse” debba essere escluso dal tetto
retributivo è stato chiarito anche con parere del 08
settembre 2010 dalla Sezione regionale della Corte
dei Conti per il Piemonte (delibera 51/2010), con la
quale ha chiarito che il tetto retributivo deve
essere inteso “al netto” dell’incremento retributivo
derivante dal conseguimento delle funzioni diverse.
Una diversa interpretazione, oltre a cozzare con i precetti costituzionali,
produrrebbe profili di irragionevolezza applicativa.
Per tale motivo, l’infelice e poco chiara
formulazione del combinato disposto di cui ai commi
1 e 21 della legge 122/10, per recuperare
nell’ambito militare l’identica valenza precettiva
valevole per il rimanente pubblico impiego, evitando
in tal modo ingiustificate disparità di trattamento,
deve riferirsi alle sole progressioni di carriera
orizzontali nei ruoli e non già ai passaggi fra
ruoli diversi.
Infatti, non avrebbe senso sperequare il sergente
promosso maresciallo a seguito di concorso interno
rispetto al maresciallo tratto direttamente a
seguito di concorso pubblico.
La specifica disciplina dettata dall’ordinamento, ed in quanto tale
sottratta all’applicazione dell’art. 52 del d.lgs
165/01, non può risolversi in un ingiustificato
nocumento per il personale appartenente al comparto
sicurezza e difesa. La particolare disciplina della
riserva dei posti, delle valutazioni concorsuali per
titoli o per esami, o della mera valutazione per
titoli per l’accesso alla dirigenza, trova un
paritetico corrispettivo logico e funzionale nelle
paritetiche figure professionali del pubblico
impiego.
Asserire che l’attribuzione della qualifica dirigenziale in ambito
militare, frutto di una selezione concorsuale per
titoli, costituisca una novazione del rapporto
preesistente, è un dato così incontrovertibile che
non abbisogna neanche di dimostrazione.
Il conseguimento ope legis del nuovo incarico e della nuova funzione
dirigenziale connesso all’attribuzione del grado di
colonnello, comporta la costituzione di un nuovo
rapporto di impiego, che trova la sua fonte
direttamente nella legge e non nel contratto
individuale.
La particolare disciplina del ruolo dei dirigenti militari, (istituto
della riduzione quadri, mobilità, ecc.) chiarisce i
caratteri della novazione oggettiva del rapporto
preesistente, e che pertanto deve essere considerato
alla stessa stregua di una progressione verticale e
quindi di una nuova assunzione.
Per tale motivo, sebbene restino seri dubbi di costituzionalità sulla
portata applicativa dell’art. 9 della legge 122/10,
si ha ragione di ritenere che per recuperare una
uniforme e più ragionevole valenza precettiva in
ambito militare della norma citata, tali criteri
interpretativi debbano ispirare la lettura del testo
normativo.
Per ulteriori informazioni, o per eventuali errori su questo argomento,
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