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Lettera dal "fronte": La vita di una soldatessa al di là del muro della caserma

 

 

Roma, 10 nov. - Con richiesta di pubblicazione divulghiamo la "lettera dal fronte di una soldatessa". Condividi


Roma, 10 nov. 2011  o scorso 4 novembre
, mentre tutti i politicanti e i ministri della Repubblica si sono impegnati, e non poco, a farsi notare nelle decine di manifestazioni organizzate sperperando una enorme quantità di denaro per festeggiare le nostre Forze armate, ho lanciato una iniziativa sul web e sul social forum Facebook per far conoscere a tutti cosa è veramente la vita militare: “TE LA DO IO LA MINI-NAJA - lezioni di "vera" vita militare”. Sul sito del PDM sicuramente i più curiosi avranno avuto modo di leggere le centinaia di interrogazioni parlamentari che Maurizio Turco (deputato radicale e cofondatore del PDM) ha rivolto ai vari ministri sulle molte questioni che i militari o i poliziotti - i cittadini in divisa - ci hanno segnalato, direttamente, e che rappresentano solo alcuni degli aspetti di quelle amministrazioni e di quei modi di vita che il comune cittadino è abituato a vedere solo fuori dalle mura delle caserme. Tuttavia, non voglio scrivere alcuna mia opinione personale sui fatti che accadono in questo Paese, e che si commentano da soli, vorrei, invece, invitarvi a leggere, e se volete a commentare, la lettera che ho ricevuto da una “soldatessa” che a mio avviso, seppur brevemente, descrive in modo estremamente chiaro cosa è la vera vita militare. Lei è un caporalmaggiore dell’Esercito, una precaria come tante altre, e come tante altre ha scoperto quello che nelle pubblicità e nelle propagande sulle Forze armate non viene mai detto. 

La lettera: "Sono arrivata a Cosenza a maggio 2008 con l’incarico di fuciliere in prima compagnia del primo reggimento, la compagnia più prestigiosa ma anche la più dura. Siamo arrivati in 28, quattro donne. All’inizio è stato davvero difficile, ma con il tempo è diventato quasi divertente: con le mie colleghe ci aiutavamo molto e siamo riuscite a “sopravvivere”.  Abbiamo fatto molto addestramento, me la cavavo piuttosto bene! Il nostro “battesimo di fuoco” è stato in Sardegna a maggio 2008, dove siamo andati a fare il complesso minore e dove purtroppo, il giorno prima dell’attività a fuoco sono scivolata dal carro e mi sono rotta il polso. Sono stata portata in ospedale, abbiamo aspettato fino alle 2 di notte ma non sono stata visitata, siamo rientrati in caserma e saremmo dovuti tornare il giorno seguente, proprio il giorno dell’attività per la quale io mi ero impegnata tanto.- Alle sei del mattino sono andata in infermeria, pregando l’ufficiale medico di non mandarmi in ospedale perché mi avrebbero ingessato il braccio e io non avrei potuto più prendere parte all’assalto. Avrei rinunciato alla causa di servizio insomma. Il colonnello all’inizio era titubante ma poi mi ha accontentata: i ha fasciato il polso e io sono andata a fare il mio assalto con tutti i miei compagni. Ero felicissima. Finito il campo sono andata il licenza e mi sono curata!"

"Ho fatto questa premessa per dirle che io ero ben vista in compagnia, infatti ero la ragazza con le note più alte e tutti avevano stima di me. A breve era prevista la missione e quando parlavo con i miei colleghi mi dicevano che se si fossero portati qualche ragazza in missione di sicuro sarei stata io. Insomma, si parte per la missione ma la mia compagnia non porta donne (che tristezza) però  saremmo partiti tutti con il reggimento, smistati in altre compagnie. Comincia l’incubo: per mesi sbattuta in tutte le compagnie del reggimento, resa per i fondelli ogni giorno: altro addestramento, altra fatica, ma si andava avanti! Morale della favola: partono tutti caporali appena arrivati, partiti senza approntamento, ragazzi che erano in ufficio partiti come fucilieri e altre porcate varie. Ma io non partivo, mai e nessuno si spiegava perché. Ultima lista dei partenti, c’erano davvero tutti ma io non c’ero! Incazzata nera sono andata dal comandante del distaccamento perché il comandante di reggimento era già in Afghanistan. Sono andata a chiedere la motivazione della mia esclusione: nessuno sapeva nulla. In sostanza, ho detto al comandante che sarei andata dal comandante di brigata e mi sarei fatta spiegare da lui perché è partita gente senza approntamento e io ero ancora li dopo tutti i sacrifici fatti!  Dopo qualche giorno, come per magia,  ero in lista. Arrivo in Afghanistan inserita in una compagnia solo per fare le guardie, messa da parte, lavoravo senza mai lamentarmi come ho sempre fatto"

"Poco prima della fine della missione sono riusciti a darmi 3 giorni di consegna di rigore e non sapevo nemmeno perché, quando è successo il fatto avevo già smontato, ma era comodo accusare me. Ero sola, davvero sola così ho avuto paura e nemmeno mi sono difesa! Sono sicura che il comandante aveva capito che non avevo fatto nulla, infatti questi giorni non sono a matricola è  come se non me li avessero mai dati! Comunque, siamo tornati in Italia e sono tornata nella mia vecchia compagnia, questa volta inquadrata nel primo plotone. E qui inizia il mio incubo peggiore: ero l’unica donna del plotone, quindi, chiaramente più lenta nella corsa! Da noi ci si addestra sempre e se non andiamo in addestramento corriamo tanto! Mi mandavano a rapporto ogni giorno con la motivazione che mi staccavo dal resto del plotone e rimanevo indietro. Il comandante di compagnia non poteva punirmi per questo, ma il tenente continuava a mandarmi a rapporto. Avevo il terrore di andare a lavoro, piangevo sempre. A volte per scappare andavo in infermeria e inventavo problemi fisici. Non lo faccio mai: era un modo per scappare! Un giorno, durante un poligono, ho commesso un errore - niente di grave - ho dimenticato di mandare l’otturatore in chiusura, me ne sono accorta subito e basta, ho perso solo qualche secondo in più degli altri! Finito di sparare, il mio comandante di squadra mi chiede cosa fosse successo, gli ho spiegato il problema. Insomma, sono stata mandata dal tenente,  lui senza sentirmi mi ha mandata a rapporto dal capitan: il mio procedimento disciplinare era già avviato. C’era scritto che ho dichiarato di avere l’arma inceppata: niente di più falso, avevo i testimoni! ".

"Hanno fatto di tutto per punirmi ma alla fine non ci sono riusciti! Io stavo sempre peggio! La mia compagnia è andata a fare una continuativa in Sila, ma io non ero in organico: sono rimasta da sola in compagnia. Vabbè, ho pensato: è un caso, può capitare. Mi sentivo un po’ esclusa, però non mi sono lamentata! Ma da quel giorno sono stata esclusa da tutto, anche dalle cerimonie! Cambia il comandante di compagnia e le cose peggiorano! Un pazzo: una persona che ha rovinato la gente. Puniti ogni giorno, denunciati, gente esasperata, una tragedia! Si parte per strade sicure in Campania,  periodo che per me chiudeva i tre anni valutativi per il passaggio in servizio permanente. Precisissima in tutto, mai ripresa, sempre puntuale sempre impeccabile. Strade sicure è stato un incubo per tutti: la gente era esasperata, alcuni sparavano nel posto di caricamento, tanto la gente era stremata e impaurita. Punivano per qualsiasi cosa, facevano ispezioni con macchine civili: speravano di beccarci fuori posto, chiedevano ai baristi della zona se andavamo a prendere il caffè. Non c’erano mezzi e i cambi arrivavano ore più tardi: la notte del 31 ho montato alle 18 e ho smontato alle 3. Arrivati a Maddaloni ho chiesto il pass auto per entrare con la macchina in caserma, a tutti è stato fatto, a me no, ero l’unica che si pagava il parcheggio fuori".

“Montavo come sentinella al tribunale di Santa Maria Capua Vetere:  6 ore in piedi, fuori al freddo con giubbetto antiproiettile e fucile. Giorno e notte : non era pesante il servizio ma ti stremava. Il l freddo l’ho sofferto più lì che in Afghanistan di notte sulle garitte!  Abbiamo fatto tre mesi, quattro giorni prima di finire questo servizio sono stata beccata a fumare una sigaretta. Non all’ingresso del tribunale, ma dietro, ero molto appartata, è passato il vicecomandante di compagnia con una macchina civile:  subito mandata a rapporto. Finalmente avevano trovato l’occasione per punirmi! Il capitano non c’era, sarebbe rientrato il venerdì e il fatto è successo lunedì! Io smontavo definitivamente giovedì e me ne sarei dovuta andare a recupero, ma mi è stato negato perché dovevo aspettare. Sono rimasta, però venerdì mattina ho dovuto consegnare le chiavi della stanza: sono rimasta dalle 10 del mattino fino alle 5 del pomeriggio, quando è arrivato il capitano, da sola, in macchina! Il capitano ha detto che a Cosenza avrebbe preso provvedimenti! Alle 18 sono andata via,  ero nervosissima: mi ero resa conto che tutto il lavoro che avevo fatto non era servito a niente. Ero stanca, arrabbiata, alla prima rotonda mi sono schiantata. Poi ho fatto il viaggio da Caserta a Cosenza, sono arrivata all’una di notte. Ho pianto tutto il tempo. A Caserta ho fatto servizio a natale. Capodanno, Epifania e mi hanno messo di servizio anche a Pasqua, sempre per caso! Per quella sigaretta mi sono presa 5 giorni di consegna che per me vuol dire 2,5 punti in meno. Ho fatto ricorso: non per la punizione, perché non avrei dovuto fumare e ho fumato”.

"Ho fatto ricorso perché sulla punizione avevano dichiarato il falso: c’era scritto che il tenente si era fermato a riprendermi. Falso: non si è fermato. C’era scritto che sono stata ripresa perché non tenevo l’arma in modo corretto,  falso: non sono mai stata ripresa per questo. C’era scritto che era un’ispezione prevista. Allora io mi chiedo: è previsto fare ispezioni con un  Suv di proprietà del tenente? Ho fatto un ricorso gerarchico,  ma l’ho perso. Prevedibile. Dopo qualche tempo firmo le mie note caratteristiche: inferiore alla media. Prove di efficienza operativa superate, niente convalescenza, sempre presente, ma allora perché inferiore alla media?   C’era scritto di tutto, che non ero leale, che non avevo propensione all’aggiornamento culturale, che non ero trasparente, che non ero riservata: avevano adattato quelle note al giudizio che loro volevano scrivere e mi hanno rovinata. Quando ho chiesto al capitano il perché io non ero leale, lui mi ha risposto che non è stato leale fargli ricorso e allora ho capito tutto: sono andata da lui e gli ho detto che mi tenevo quelle note, ma che gli dimostravo il mio valore sul terreno, senza lamentarmi! Ho vinto: ho lavorato ancora più duramente, perfetta in tutto, mai mancata in addestramento, test ottimi. Così il capitano mi ha chiamata a rapporto, si è complimentato con me,  mi ha cambiato plotone per alzarmi le note. Nella media: apprezzo il gesto, ma a me non servono a nulla: con questa note a maggio vado via dall’esercito. Campo d’arma in Sardegna, che conclude l’approntamento per la missione”.

 

"Tutta la compagnia si trova attualmente in Sardegna,  anche quelli che si stanno per congedare, anche quelli che hanno vinto i vari concorsi  e a breve andranno via.  Io sono rimasta a Cosenza. Sono andata a rapporto per chiedere le motivazioni di questa esclusione: il capitano mi ha detto che sono immatura perché vado sempre a discutere i suoi ordini. Ho
trent’anni,  mando avanti una famiglia, ho una mamma ammalata e una sorellina down:  nessuno si può permettere di dirmi che sono immatura. Ma come faccio ad andare avanti così!  Ho il diritto e il dovere di addestrarmi:  sono pagata per questo. Ma sono esclusa da tutto. Perché?  Nessuno lo sa, nessuno se lo spiega e tutti mi dicono che non è normale.  Ho tralasciato tante cose, sto davvero male: questa gente ha reso la mia vita un inferno".

di Luca Marco Comellini

Fonte: http://notizie.tiscali.it

 

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