| che comporteranno scelte precise. Per mantenere le capacità operative si dovranno tagliare sprechi e rami secchi che non mancano nel mondo militare e mettere mano a un nuovo "Modello di Difesa" che riduca gli organici dagli attuali 180 mila a 120/140 mila. Un progetto ambizioso quanto inderogabile che la politica in questi anni non è mai riuscita a varare. Di |
Di Paola, l'ammiraglio ministro che dovrà cambiare la difesa italiana
Roma, 17 nov. 2011 - Ha tutte le carte in regola per essere un ministro della Difesa competente e attento alle esigenze delle Forze Armate l'ammiraglio Giampaolo Di Paola, non solo perché è un militare ancora in servizio (caso unico nella storia d'Italia) ma soprattutto perché nella sua carriera ha ricoperto tutti gli incarichi più importanti necessari ad avere una visione interforze e completa delle problematiche legate allo strumento militare. Anche per questo la sua nomina è stata accolta da pareri positivi e in alcuni casi entusiastici in tutti gli ambienti politici e militari. Sommergibilista, ha prestato servizio al Comando alleato dell'Atlantico in Virginia e ha avuto il comando della portaerei Garibaldi. Nell'ambito dello Stato maggiore della Marina è stato capo del Terzo Reparto piani e operazioni per poi passare allo Stato maggiore della Difesa come capo del Reparto politica militare. Nel 1998 è stato nominato capo di Gabinetto del ministro della Difesa, Carlo Scognamiglio, incarico che ha mantenuto anche con il ministro Sergio Mattarella. Tra il 2001 e il 2004 Di Paola è stato Segretario generale della Difesa e direttore nazionale degli armamenti, una posizione che lo ha posto a stretto contatto con gli ambiti industriali italiani e internazionali. Dal 2004 al 2008 è stato al vertice della Difesa occupandosi delle operazioni in Iraq e Afghanistan e distinguendosi per una visione pragmatica e internazionale che privilegia le capacità di proiezione e impiego delle forze oltremare. Un approccio in sintonia con quello anglo-americano che ha consentito a Di Paola di raccogliere stima e riconoscimenti a Washington come dimostra anche il suo ultimo incarico di Chairman del Comitato Militare della Nato, ricoperto dopo aver lasciato per raggiunti limiti di età lo Stato maggiore Difesa. Un incarico al vertice dell'Alleanza Atlantica che lo ha portato a seguire in prima persona vicende chiave quali il processo di transizione in Afghanistan e il conflitto in Libia. A Bruxelles sarebbe dovuto restare ancora un anno
ma l'incarico di ministro ha accelerato i tempi
dell'avvicendamento con il generale danese Knud
Bartels. |