VN-MRE-FLI-PSI
e Per il Terzo Polo:ApI-FLIe dai banchi del Governo) e che per
sessant’anni abbiamo perseguito, passo dopo passo, dal Trattato
di Roma – non a caso di Roma – all’atto unico, ai Trattati di
Maastricht e di Lisbona, è sottoposto alla prova più grave dalla
sua fondazione.
Un fallimento non sarebbe solo deleterio per noi europei.
Farebbe venire meno la prospettiva di un mondo più equilibrato
in cui l’Europa possa meglio trasmettere i suoi valori ed
esercitare il ruolo che ad essa compete, in un mondo sempre più
bisognoso di una governance multilaterale efficace.
Non illudiamoci, onorevoli senatori, che il progetto europeo
possa sopravvivere se dovesse fallire l’Unione Monetaria. La
fine dell’euro disgregherebbe il mercato unico, le sue regole,
le sue istituzioni. Ci riporterebbe là dove l’Europa era negli
anni cinquanta.
La gestione della crisi ha risentito di un difetto di
governance e, in prospettiva, dovrà essere superata con azioni a
livello europeo. Ma solo se riusciremo ad evitare che qualcuno,
con maggiore o minore fondamento, ci consideri l’anello debole
dell’Europa, potremo ricominciare a contribuire a pieno titolo
all’elaborazione di queste riforme europee. Altrimenti ci
ritroveremo soci di un progetto che non avremo contribuito ad
elaborare, ideato da Paesi che, pur avendo a cuore il futuro
dell’Europa, hanno a cuore anche i lori interessi nazionali, tra
i quali non c’è necessariamente una Italia forte.
Il futuro dell’euro dipende anche da ciò che farà l’Italia
nelle prossime settimane, anche e non solo, ma anche. Gli
investitori internazionali detengono quasi metà del nostro
debito pubblico. Dobbiamo convincerli che abbiamo imboccato la
strada di una riduzione graduale ma durevole del rapporto tra
debito pubblico e prodotto interno lordo. Quel rapporto è oggi
al medesimo livello al quale era vent’anni fa ed è il terzo più
elevato tra i Paesi dell’OCSE. Per raggiungere questo obiettivo
intendiamo far leva su tre pilastri: rigore di bilancio,
crescita ed equità.
Nel ventennio trascorso l’Italia ha fatto molto per riportare
in equilibrio i conti pubblici, sebbene alzando l’imposizione
fiscale su lavoratori dipendenti e imprese, più che riducendo in
modo permanente la spesa pubblica corrente. Tuttavia, quegli
sforzi sono stati frustrati dalla mancanza di crescita.
L’assenza di crescita ha annullato i sacrifici fatti. Dobbiamo
porci obiettivi ambiziosi sul pareggio di bilancio, sulla
discesa del rapporto tra debito e PIL. Ma non saremo credibili,
neppure nel perseguimento e nel mantenimento di questi
obiettivi, se non ricominceremo a crescere.
Ciò che occorre fare per ricominciare a crescere è noto da
tempo. Gli studi dei migliori centri di ricerca italiani avevano
individuato le misure necessarie molto prima che esse venissero
recepite nei documenti che in questi mesi abbiamo ricevuto dalle
istituzioni europee. Non c’è nessuna originalità europea
nell’aver individuato ciò che l’Italia deve fare per crescere di
più. È un problema del sistema italiano riuscire a decidere e
poi ad attuare quanto noi italiani sapevamo bene fosse
necessario per la nostra crescita.
Non vediamo i vincoli europei come imposizioni. Anzitutto
permettetemi di dire, e me lo sentirete affermare spesso, che
non c’è un loro e un noi. L’Europa siamo noi. (Applausi dai
Gruppi PdL, PD, CN-Io Sud-FS, IdV, UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-FLI-PSI
e Per il Terzo Polo:ApI-FLI e dai banchi del Governo).
Quelli che poi ci vengono in un turbinio di messaggi, di
lettere e di deliberazioni dalle istituzioni europee sono per lo
più provvedimenti rivolti a rendere meno ingessata l’economia, a
facilitare la nascita di nuove imprese e poi indurne la
crescita, migliorare l’efficienza dei servizi offerti dalle
amministrazioni pubbliche, favorire l’ingresso nel mondo del
lavoro dei giovani e delle donne, le due grandi risorse sprecate
del nostro Paese. (Applausi dai Gruppi PdL, PD, IdV, UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-FLI-PSI
e Per il Terzo Polo:ApI-FLI edai banchi del Governo).
L’obiezione che spesso si oppone a queste misure è che esse
servono, certo, ma nel breve periodo fanno poco per la crescita.
È un’obiezione dietro la quale spesso si maschera –
riconosciamolo – chi queste misure non vuole, non tanto perché
non hanno effetti sulla crescita nel breve periodo (che è vero
che non hanno), ma perché si teme che queste misure ledano gli
interessi di qualcuno. Ma, evidentemente, più tardi si comincia,
più tardi arriveranno i benefìci delle riforme. Ma, soprattutto,
le scelte degli investitori che acquistano i nostri titoli
pubblici sono guidate sì da convenienze finanziarie immediate,
ma – mettiamocelo in testa – sono guidate anche dalle loro
aspettative su come sarà l’Italia fra dieci o vent’anni, quando
scadranno i titoli che acquistano oggi.
Quindi, non c’è iato la tra le cose che dobbiamo o fare oggi
o avviare oggi, anche se avranno effetti lontani, perché anche
gli investitori, che ci premiano o ci puniscono, agiscono oggi,
ma guardano anche agli effetti lontani.
Riforme che hanno effetti anche graduali sulla crescita,
influendo sulle aspettative degli investitori, possono
riflettersi in una riduzione immediata dei tassi di interesse,
con conseguenze positive sulla crescita stessa. I sacrifici
necessari per ridurre il debito e per far ripartire la crescita
dovranno essere equi. Maggiore sarà l’equità, più accettabili
saranno quei provvedimenti e più ampia – mi auguro – sarà la
maggioranza che in Parlamento riterrà di poterli sostenere.
Equità significa chiedersi quale sia l’effetto delle riforme non
solo sulle componenti relativamente forti della società, quelle
che hanno la forza di associarsi, ma anche sui giovani e sulle
donne. Dobbiamo renderci conto che, se falliremo e se non
troveremo la necessaria unità di intenti, la spontanea
evoluzione della crisi finanziaria ci sottoporrà tutti, ma
soprattutto le fasce più deboli della popolazione, a condizioni
ben più dure.
La crisi che stiamo vivendo è internazionale; questo è ovvio,
ma conviene ripeterlo ogni volta, anche ad evitare
demonizzazioni. È internazionale, lo sto dicendo a tutti. Ma
l’Italia ne ha risentito in maniera particolare. Secondo la
Commissione europea, al termine del prossimo anno il prodotto
interno lordo dell’Italia sarebbe ancora quattro punti e mezzo
al di sotto del livello raggiunto prima della crisi. Per la
stessa data, l’area dell’euro nel suo complesso avrebbe invece
recuperato la perdita di prodotto dovuta alla crisi. Francia e
Germania raggiungerebbero il traguardo di riportarsi al livello
precrisi nell’anno in corso. La relativa debolezza della nostra
economia precede l’avvio della crisi.
Tra il 2001 e il 2007 il prodotto italiano è cresciuto di 6,7
punti percentuali, contro i 12 della media dell’area dell’euro,
i 10,8 della Francia e gli 8,3 della Germania. I risultati sono
deludenti al Nord come al Sud. E non vi propongo un paragone con
la Cina o con altri Paesi emergenti, ma con i nostri colleghi ed
amici stretti della zona euro. La crisi ha colpito più duramente
i giovani. Ad esempio, nei 15 Paesi che componevano l’Unione
europea fino al 2004, tra il 2007 e il 2010 il tasso di
disoccupazione nella classe di età 15-24 anni è aumentato di
cinque punti percentuali, in Italia di 7,6 punti percentuali.
Il nostro Paese rimane caratterizzato da profonde disparità
territoriali. Il lungo periodo di bassa crescita e la crisi le
hanno accentuate. Esiste una questione meridionale:
infrastrutture, disoccupazione, innovazione, rispetto della
legalità (Applausi dal Gruppo PD). I problemi nel Mezzogiorno
vanno affrontati non nella logica del chiedere di più, ma di una
razionale modulazione delle risorse.
Esiste anche una questione settentrionale: costo della vita,
delocalizzazione, nuove povertà, bassa natalità. (Applausi del
senatore Valditara).
Il riequilibrio di bilancio, le riforme strutturali e la
coesione territoriale richiedono piena e leale collaborazione
tra i diversi livelli istituzionali.
Occorre riconoscere il valore costituzionale delle autonomie
speciali, nel duplice binario della responsabilità e della
reciprocità. (Applausi dei senatori Fosson, Peterlini e
Garavaglia Mariapia).
In quest’ottica, per rispondere alla richiesta formulata
dalle istituzioni territoriali che, devo dire, ho ascoltato con
molta attenzione…
CASTELLI (LNP). Ragazzi, un po’ di entusiasmo, applaudite!
(Commenti dai banchi del Gruppo PD).
PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia.
MONTI Mario, presidente del Consiglio dei ministri e ministro
dell’economia e delle finanze ad interim. Se dovete fare una
scelta – mi permetto di rivolgermi a tutti – ascoltate, non
applaudite! (Applausi dai Gruppi PdL, CN-Io Sud-FS, PD, IdV,
UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-FLI-PSI e Per il Terzo Polo:ApI-FLI).
Non ripeterò l’importanza del valore costituzionale delle
autonomie speciali, perché altrimenti arrivano di nuovo
applausi; l’ho già detto e lo avete ascoltato.
In quest’ottica – come stavo dicendo – perrispondere alla
richiesta formulata dalle istituzioni territoriali nel corso
delle consultazioni, ho deciso di assumere direttamente in
questa prima fase le competenze relative agli affari regionali.
Spero in questo modo di manifestare una consapevolezza condivisa
circa il fatto che il lavoro comune con le autonomie
territoriali debba proseguire e rafforzarsi, nonostante le
difficoltà dell’agenda economica. In tale prospettiva si dovrà
operare senza indugio per un uso efficace dei fondi strutturali
dell’Unione europea.
Sono consapevole che sarebbe un’ambizione eccessiva da parte
mia e da parte nostra pretendere di risolvere in un arco di
tempo limitato, qual è quello che ci separa dalla fine di questa
legislatura, problemi che hanno origini profonde e che sono
radicati in consuetudini e comportamenti consolidati. Ciò che si
prefiggiamo di fare è impostare il lavoro, mettere a punto gli
strumenti che permettano ai Governi che ci succederanno di
proseguire un processo di cambiamento duraturo.
Per questo il programma che vi sottopongo oggi si compone di
due parti, che hanno obiettivi ed orizzonti temporali diversi.
Da un lato, vi è una serie di provvedimenti per affrontare
l’emergenza, assicurare la sostenibilità della finanza pubblica,
restituire fiducia nelle capacità del nostro Paese di reagire e
sostenere una crescita duratura ed equilibrata. Dall’altro lato,
si tratta di delineare con iniziative concrete un progetto per
modernizzare le strutture economiche e sociali, in modo da
ampliare le opportunità per le imprese, i giovani, le donne e
tutti i cittadini, in un quadro di ritrovata coesione sociale e
territoriale.
In considerazione dell’urgenza con la quale abbiamo dovuto
operare per la formazione di questo Governo – ed in questo senso
voglio ringraziare le diverse forze politiche che, nei miei
confronti, figura estranea al vostro mondo, si sono gentilmente
e con sollecitudine apprestate all’ascolto e all’offerta di
contributi dei quali ho cercato di tenere conto – quello che
intendo fare oggi è semplicemente presentarvi gli aspetti
essenziali dell’azione che intendiamo svolgere. Se otterremo la
fiducia del Parlamento, ciascun Ministro esporrà alle
Commissioni parlamentari competenti le politiche attraverso le
quali, nei singoli settori, queste azioni verranno avviate.
È in discussione in Parlamento una proposta di legge
costituzionale per introdurre un vincolo di bilancio in pareggio
per le amministrazioni pubbliche, in coerenza con gli impegni
presi nell’ambito dell’Eurogruppo.
L’adozione di una regola di questo tipo può contribuire a
mantenere nel tempo il pareggio di bilancio programmato per il
2013, evitando che i risultati conseguiti con intense azioni di
risanamento vengano erosi negli anni successivi, come è accaduto
in passato. Affinché il vincolo sia efficace, dovranno essere
chiarite le responsabilità dei singoli livelli di Governo.
A questo proposito ed anche in considerazione della
complessità della regola, ad esempio l’aggiustamento per il
ciclo, sarà opportuno studiare l’esperienza di alcuni Paesi
europei che hanno affidato ad autorità indipendenti la
valutazione del rispetto sostanziale della regola, dato che in
questa materia la credibilità nei confronti di noi stessi e del
mondo è un requisito essenziale. Sarà anche necessario attuare
rapidamente l’armonizzazione dei bilanci delle amministrazioni
pubbliche. Opportunamente la proposta di legge in discussione in
Parlamento già prevede l’assegnazione allo Stato della potestà
legislativa esclusiva in materia di armonizzazione dei bilanci
pubblici. Nell’immediato daremo piena attuazione alle manovre
varate nel corso dell’estate, completandole attraverso
interventi in linea con la lettera di intenti inviata alle
autorità europee.
Nel corso delle prossime settimane valuteremo la necessità di
ulteriori correttivi. Una parte significativa della correzione
dei saldi programmata durante l’estate è attesa dall’attuazione
della riforma dei sistemi fiscale ed assistenziale. Dovremmo
pervenire al più presto ad una definizione di tale riforma e ad
una valutazione prudenziale dei suoi effetti. Dovranno inoltre
essere identificati gli interventi, volti a colmare l’eventuale
divario rispetto a quelli indicati nella manovra di bilancio.
Di fronte ai sacrifici che sono stati e che dovranno essere
richiesti ai cittadini sono ineludibili interventi volti a
contenere i costi di funzionamento degli organi elettivi. I
soggetti che ricoprono cariche elettive, i dirigenti designati
politicamente nelle società di diritto privato, finanziate con
risorse pubbliche, più in generale quanti rappresentano le
istituzioni ad ogni livello politico ed amministrativo, dovranno
agire con sobrietà ed attenzione al contenimento dei costi,
dando un segnale concreto ed immediato. Si dovranno rafforzare
gli interventi effettuati con le ultime manovre di finanza
pubblica, con l’obiettivo di allinearci rapidamente alle best
practices europee.
Per quanto di mia diretta competenza, avvierò immediatamente
una spending review del Fondo unico della Presidenza del
Consiglio. Ritengo inoltre necessario ridurre le sovrapposizioni
tra i livelli decisionali e favorire la gestione integrata dei
servizi per gli Enti locali di minori dimensioni. Il riordino
delle competenze delle Province può essere disposto con legge
ordinaria. La prevista specifica modifica della Costituzione
potrà completare il processo, consentendone la completa
eliminazione, così come prevedono gli impegni presi con
l’Europa. (Applausi).
Per garantire la natura strutturale della riduzione delle
spese dei Ministeri, decisa con la legge di stabilità, andrà
definito rapidamente il programma per la riorganizzazione della
spesa, previsto dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, in
particolare per quanto riguarda l’integrazione operativa delle
agenzie fiscali, la razionalizzazione di tutte le strutture
periferiche dell’amministrazione dello Stato, il coordinamento
delle attività delle forze dell’ordine, l’accorpamento degli
enti della previdenza pubblica, la razionalizzazione
dell’organizzazione giudiziaria.
Gli interventi saranno coordinati con la spending review in
corso, che intendo rafforzare e rendere particolarmente incisiva
con la precisa individuazione di tempi e responsabilità. Negli
scorsi anni la normativa previdenziale è stata oggetto di
ripetuti interventi, che hanno reso a regime il sistema
pensionistico italiano tra i più sostenibili in Europa e tra i
più capaci di assorbire eventuali shock negativi. Già adesso
l’età di pensionamento, nel caso di vecchiaia, tenendo conto
delle cosiddette finestre, è superiore a quella dei lavoratori
tedeschi e francesi.
Il nostro sistema pensionistico rimane però caratterizzato da
ampie disparità di trattamento tra diverse generazioni e
categorie di lavoratori, nonché da aree ingiustificate di
privilegio.
Il rispetto delle regole e delle istituzioni e la lotta
all’illegalità riceveranno attenzione prioritaria da questo
Governo. Per riacquistare fiducia nel futuro dobbiamo avere
fiducia nelle istituzioni che caratterizzano uno Stato di
diritto, quindi si procederà alla lotta all’evasione fiscale e
all’illegalità, non solo per aumentare il gettito (il che non
guasta), ma anche per abbattere le aliquote: questo può essere
fatto con efficacia prestando particolare attenzione al
monitoraggio della ricchezza accumulata (ho detto monitoraggio
della ricchezza accumulata) e non solo ai redditi prodotti.
L’evasione fiscale continua a essere un fenomeno rilevante:
il valore aggiunto sommerso è quantificato nelle statistiche
ufficiali in quasi un quinto del prodotto. Interventi incisivi
in questo campo possono ridurre il peso dell’aggiustamento sui
contribuenti che rispettano le norme. Occorre ulteriormente
abbassare la soglia per l’uso del contante, favorire un maggior
uso della moneta elettronica, accelerare la condivisione delle
informazioni tra le diverse amministrazioni, potenziare e
rendere operativi gli strumenti di misurazione induttiva del
reddito e migliorare la qualità degli accertamenti.
Il decreto legislativo n. 23 del 14 marzo 2011 prevede per il
2014 l’entrata in vigore dell’imposta municipale che assorbirà
l’attuale ICI, escludendo tuttavia la prima casa e l’IRPEF sui
redditi fondiari da immobili non locati, comprese le relative
addizionali. In questa cornice intendiamo riesaminare il peso
del prelievo sulla ricchezza immobiliare: tra i principali Paesi
europei, l’Italia è caratterizzata da un’imposizione sulla
proprietà immobiliare che risulta al confronto particolarmente
bassa. L’esenzione dall’ICI delle abitazioni principali
costituisce, sempre nel confronto internazionale, una
peculiarità – se non vogliamo chiamarla anomalia – del nostro
ordinamento tributario.
Il primo elenco di cespiti immobiliari da avviare a
dismissione sarà definito nei tempi previsti dalla legge di
stabilità, cioè entro il 30 aprile 2012. La lettera d’intenti
inviata alla Commissione europea prevede proventi di almeno 5
miliardi all’anno nel prossimo triennio. A tale scopo verrà
definito un calendario puntuale per i successivi passi del piano
di dismissioni e di valorizzazione del patrimonio pubblico.
Tuttavia, è necessario volgere tutte le politiche pubbliche, a
livello macroeconomico e microeconomico, a sostegno della
crescita, sia pure nei limiti determinati dal vincolo di
bilancio.
La pressione fiscale in Italia è elevata nel confronto
storico e in quello internazionale (nel testo scritto che avrete
a disposizione si danno ulteriori elementi). Nel tempo e via via
che si manifesteranno gli effetti della spending review sarà
possibile programmare una graduale riduzione della pressione
fiscale; tuttavia anche prima, a parità di gettito, la
composizione del prelievo fiscale può essere modificata in modo
da renderla più favorevole alla crescita. Coerentemente con il
disegno della delega fiscale e della clausola di salvaguardia
che la accompagna, una riduzione del peso delle imposte e dei
contributi che gravano sul lavoro e sull’attività produttiva,
finanziata da un aumento del prelievo sui consumi e sulla
proprietà, sosterrebbe la crescita senza incidere sul bilancio
pubblico. (Applausi dai Gruppi PD, UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI,
Per il Terzo Polo:ApI-FLI e IdV).
Dal lato della spesa, un impulso all’attività economica potrà
derivare da un aumento del coinvolgimento dei capitali privati
nella realizzazione di infrastrutture. Gli incentivi fiscali
stabiliti con legge di stabilità sono un primo passo, ma è anche
necessario intervenire sulla regolamentazione del project
financing, in modo da ridurre il rischio associato alle
procedure amministrative. Occorre inoltre operare per
raggiungere gli obiettivi fissati in sede europea con l’agenda
digitale. Ho quasi concluso.
Con il consenso delle parti sociali dovranno essere riformate
le istituzioni del mercato del lavoro, per allontanarci da un
mercato duale dove alcuni sono fin troppo tutelati mentre altri
sono totalmente privi di tutele e assicurazioni in caso di
disoccupazione. (Applausi dai Gruppi PdL, PD, UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI,
IdV e Misto).
Le riforme in questo campo dovranno avere il duplice scopo di
rendere più equo il nostro sistema di tutela del lavoro e di
sicurezza sociale e anche di facilitare la crescita della
produttività, tenendo conto dell’eterogeneità che
contraddistingue in particolare l’economia italiana. In ogni
caso, il nuovo ordinamento che andrà disegnato verrà applicato
ai nuovi rapporti di lavoro per offrire loro una disciplina
veramente universale, mentre non verranno modificati i rapporti
di lavori regolari e stabili in essere. (Applausi dai Gruppi PdL
e PD).
Intendiamo perseguire lo spostamento del baricentro della
contrattazione collettiva verso i luoghi di lavoro, come ci
viene chiesto dalle autorità europee e come già le parti sociali
hanno iniziato a fare, che va accompagnato da una disciplina
coerente del sostegno alle persone senza impiego volta a
facilitare la mobilità e il reinserimento nel mercato del
lavoro, superando l’attuale segmentazione. Più mobilità tra
impresa e settori è condizione essenziale per assecondare la
trasformazione dell’economia italiana e sospingerne la crescita.
È necessario colmare il fossato che si è creato tra le
garanzie e i vantaggi offerti dal ricorso ai contratti a termine
e ai contratti a tempo indeterminato, superando i rischi e le
incertezze che scoraggiano le imprese a ricorrere a questi
ultimi. Tenendo conto dei vincoli di bilancio occorre avviare
una riforma sistematica degli ammortizzatori sociali, volta a
garantire a ogni lavoratore che non sarà privo di copertura
rispetto ai rischi di perdita temporanea del posto di lavoro.
Abbiamo da affrontare una crisi, abbiamo da affrontare delle
trasformazioni strutturali, ma è nostro dovere cercare di
evitare le angosce che accompagnano questi processi. (Applausi
dai Gruppi PdL, PD, UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI, IdV e
Misto).
È necessario, infine, mantenere una pressione costante
nell’azione di contrasto e di prevenzione del lavoro sommerso.
Uno dei fattori che distinguono l’Italia nel contesto europeo è
la maggiore difficoltà di inserimento o di permanenza in
condizioni di occupazione delle donne. Assicurare la piena
inclusione delle donne in ogni ambito della vita lavorativa ma
anche sociale e civile del Paese è una questione indifferibile.
È necessario affrontare le questioni che riguardano la
conciliazione della vita familiare con il lavoro, la promozione
della natalità e la condivisione delle responsabilità legate
alla maternità da parte di entrambi i genitori, (applausi dei
senatori Carloni e Peterlini), nonché studiare l’opportunità di
una tassazione preferenziale per le donne.
C’è poi un problema legato all’invecchiamento della
popolazione che si traduce in oneri crescenti per le famiglie;
andrà quindi prestata attenzioni ai servizi di cura agli
anziani, oggi una preoccupazione sempre più urgente nelle
famiglie in un momento in cui affrontano difficoltà crescenti.
(Applausi dal Gruppo PD).
Infine un’attenzione particolare andrà assicurata alle
prospettive per i giovani; dico “infine” nel senso di finalità
di tutta la nostra azione. Questa sarà una delle priorità di
azione di questo Governo, nella convinzione che ciò che
restringe le opportunità per i giovani si traduce poi in minori
opportunità di crescita e di mobilità sociale per l’intero
Paese. Dobbiamo porci l’obiettivo di eliminare tutti quei
vincoli che oggi impediscono ai giovani di strutturare le
proprie potenzialità in base al merito individuale
indipendentemente dalla situazione sociale di partenza. Per
questo ritengo importante inserire nell’azione di Governo misure
che valorizzino le capacità individuali e eliminino ogni forma
di cooptazione. L’Italia ha bisogno di investire sui suoi
talenti; deve essere lei orgogliosa dei suoi talenti e non
trasformarsi in un’entità di cui i suoi talenti non sempre sono
orgogliosi. Per questo la mobilità è la nostra migliore alleata,
mobilità sociale ma anche geografica, non solo all’interno del
nostro Paese ma anche e soprattutto nel più ampio orizzonte del
mercato del lavoro europeo e globale.
L’ultimo punto che desidero brevemente presentarvi – ed è una
caratteristica spero distintiva del nostro Esecutivo, se
consentirete al nostro, o vostro, Governo di nascere, è quella
delle politiche micro-economiche per la crescita.
Un ritorno credibile a più alti tassi di crescita deve
basarsi su misure volte a innalzare il capitale umano e fisico e
la produttività dei fattori. La valorizzazione del capitale
umano deve essere un aspetto centrale: sarà necessario mirare
all’accrescimento dei livelli d’istruzione della forza lavoro,
che sono ancora oggi nettamente inferiori alla media europea,
anche tra i più giovani. Vi contribuiranno interventi mirati
sulle scuole e sulle aree in ritardo, identificando i
fabbisogni, anche mediante i test elaborati dall’INVALSI, e la
revisione del sistema di selezione, allocazione e valorizzazione
degli insegnanti. Nell’università, varati i decreti attuativi
della legge di riforma approvata lo scorso anno, è ora
necessario dare rapida e rigorosa attuazione ai meccanismi
d’incentivazione basati sulla valutazione, previsti dalla
riforma. Gli investimenti in infrastrutture, di cui tante volte
e giustamente abbiamo parlato e si è parlato negli corso degli
anni, sono fattori rilevanti per accrescere la produttività
totale dell’economia.
A questo scopo, abbiamo per la prima volta valorizzato in
modo organico nella struttura del Governo la politica, anzi, le
politiche di sviluppo dell’economia reale, con l’attribuzione ad
un unico Ministro delle competenze sullo sviluppo economico e
sulle infrastrutture ed i trasporti. Questo vuole indicare quasi
visivamente e in termini di organigramma del Governo che pari
attenzione e centralità vanno attribuite a ciò che mantiene il
Paese stabile, la disciplina finanziaria, e a ciò che ad esso
consente di crescere e, quindi, di restare stabile a lungo
termine, cioè appunto la crescita.
Occorre anche rimuovere gli ostacoli strutturali alla
crescita, affrontando resistenze e chiusure corporative. In tal
senso, è necessario un disegno organico, volto a ridurre gli
oneri ed il rischio associato alle procedure amministrative,
nonché a stimolare la concorrenza, con particolare riferimento
al riordino della disciplina delle professioni regolamentate,
anche dando attuazione a quanto previsto nella legge di
stabilità in materia di tariffe minime.
Intendiamo anche rafforzare gli strumenti d’intervento
dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato in caso di
disposizioni legislative o amministrative, statali o locali, che
abbiano effetti distorsivi della concorrenza, accrescere la
qualità dei servizi pubblici, nel quadro di un’azione volta a
ridurre il deficit di concorrenza a livello locale, ridurre i
tempi della giustizia civile, in modo tale da colmare il divario
con gli altri Paesi, anche attraverso la riduzione delle sedi
giudiziarie, e rimuovere gli ostacoli alla crescita delle
dimensioni delle imprese, anche attraverso la delega fiscale.
Un innalzamento significativo del tasso di crescita è
condizione essenziale non solo del riequilibrio finanziario, ma
anche del progresso civile e sociale. In tal senso, una
strategia di rilancio della crescita non può prescindere da
un’azione determinata ed efficace di contrasto alla criminalità
organizzata e a tutte le mafie, che vada a colpire gli interessi
economici delle organizzazioni e le loro infiltrazioni
nell’economia legale. (Applausi dai Gruppi PdL, PD, UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI,
Per il Terzo Polo:ApI-FLI, CN-Io Sud-FS, IdV e Misto).
Il risanamento della finanza pubblica ed il rilancio della
crescita contribuiranno a rafforzare la posizione dell’Italia in
Europa e, più in generale, la nostra politica estera: vocazione
europeistica, solidarietà atlantica, rapporti con i nostri
partners strategici, apertura dei mercati, sicurezza nazionale
ed internazionale rimarranno i cardini di tale politica. Voglio
qui ricordare i nostri militari impegnati in missioni
all’estero, le Forze Armate ed i rappresentanti delle forze
dell’ordine, che sono in prima linea nella difesa dei nostri
valori e della democrazia. (Applausi dai Gruppi PdL, PD,
UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI, Per il Terzo Polo:ApI-FLI,
CN-Io Sud-FS, IdV e Misto e dai banchi del Governo).
L’Italia ha bisogno di una politica estera coerente con i
nostri impegni e di una ripresa d’iniziativa nelle aree dove vi
siano significativi interessi nazionali.
Dimenticavo di dirvi, a proposito di militari impegnati in
missioni all’estero, che se non vedete ancora in questi banchi
il nostro collega Ministro della difesa, è perché l’altra sera
l’ho svegliato alle tre di notte in Afghanistan, pensando che
fosse a Bruxelles dove si trova la sua sede ordinaria di lavoro.
Ho notato prima una certa esitazione e poi grande entusiasmo
nell’accettazione della proposta. (Applausi dai Gruppi PdL e PD).
Ecco un esempio di militare impegnato all’estero che sta facendo
i salti mortali per arrivare a giurare nelle mani del Capo dello
Stato nelle prossime ore. Scusate quindi la sua assenza.
La gravità della situazione attuale richiede una risposta
pronta e decisa nella creazione di condizioni favorevoli alla
crescita nel perseguimento del pareggio di bilancio, con
interventi strutturali e con un’equa distribuzione dei
sacrifici.
Il tentativo che ci proponiamo di compiere, onorevoli
senatori, e che vi chiedo di sostenere è difficilissimo;
altrimenti ho il sospetto che non mi troverei qui oggi. I
margini di successo sono tanto più ridotti, come ha rilevato il
Presidente della Repubblica, dopo anni di contrapposizione e di
scontri nella politica nazionale. Se sapremo cogliere insieme
questa opportunità per avviare un confronto costruttivo su
scelte e obiettivi di fondo avremo occasione di riscattare il
Paese e potremo ristabilire la fiducia nelle sue istituzioni. Vi
ringrazio. (Applausi dai Gruppi PdL, PD, UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-FLI-PSI,
CN-Io Sud-FS, IdV e Per il Terzo Polo:ApI-FLI e dai banchi del
Governo. Congratulazioni.)
Dal sito:
http://www.corrispondenti.net