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Il ministero “tecnico” ridurrà la scarsa trasparenza sulle missioni militari italiane?

 


 

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Roma, 24 nov. 2011 - L’arrivo di un “tecnico” quale l’ammiraglio Giampaolo Di Paola al vertice del Ministero della Difesa potrebbe imprimere una svolta quanto mai necessaria alla comunicazione militare, specie riguardo alle operazioni oltremare.  Una necessità evidenziata dalla rigida censura posta durante la guerra in Libia e anche dai fatti dei giorni scorsi. Dall’Afghanistan giungono notizie spesso al limite del ridicolo, dalla festa con i figli degli afghani che lavorano dentro la base italiana a Herat alle donazioni di penne e quaderni agli orfanotrofi. Notizia che nessun giornale pubblica e di nessun interesse mentre scontri, operazioni e talebani uccisi, episodi che accadono con frequenza quasi quotidiana, spesso non vengono resi noti in assenza di feriti tra i nostri soldati.

Persino il blitz effettuato il 3 novembre dalle forze speciali di carabinieri e marina, che hanno liberato tutti gli ostaggi catturati da un commando talebano, è passato sotto tono e senza dettagli forse per non dover raccontare che gli incursori della Task Force 45 avevano ucciso tutti i talebani. Un’operazione simile se l’avessero compiuta gli statunitensi ne avrebbero fatto un film, gli italiani invece adottano il basso profilo.

In Libano è il 23 novembre è esploso per cause non ancora chiarite un deposito di armi di Hezbollah a Siddiqin, all’interno del settore di competenza del contingente italiano. Neppure un comunicato stampa è stato diffuso dal contingente o dalla Difesa che pure non ci risparmiano testi e foto su cerimonie, avvicendamenti di reparti e i soliti immancabili aiuti umanitari alla popolazione.

Eppure Unifil è una missione dell’Onu e a gennaio il comando verrà affidato a un generale italiano anche se è comprensibile l’imbarazzo a parlare dei depositi di armi di Hezbollah che in base alla Risoluzione 1701 dell’Onu non dovrebbero neppure esistere nel Libano del Sud. In due anni ne sono già esplosi tre, forse a causa di sabotaggi israeliani, ma i miliziani sciiti non hanno mai permesso ai caschi blu di avvicinarsi ed effettuare rilievi. Anche questo in barba alla risoluzione del Consiglio di Sicurezza.

Nell’Oceano Indiano solo le acque sono trasparenti. Il cacciatorpediniere lanciamissili Andrea Doria,  della nostra Marina ha già subito due attacchi. In settembre il suo elicottero EH 101 è stato colpito da raffiche di mitragliatrice dai pirati e il 22 novembre i gommoni messi in mare con a bordo fanti del San Marco per controllare una barca sospetta sono stati attaccati dai pirati che hanno sparato sia dall’imbarcazione sia dalla costa. E’ la prima volta che i pirati sfidano una nave da guerra e dalle scarne notizie rese note è emerso solo “che i militari hanno risposto al fuoco” (e ci mancherebbe) ma nulla è stato rivelato circa le perdite inflitte ai somali.

 

Anche in questo caso la comunicazione è stata limitata a poche notizie generiche forse per nascondere il fatto che una nave da 400 milioni di euro armata di cannoni e missili è costretta dalle regole d’ingaggio a rispondere “in modo proporzionato” al fuoco nemico. Che tradotto dal militarese significa che se i pirati ti sparano fucilate puoi

rispondere con le stesse armi non con quelle pesanti e più potenti. In pratica una missione che spreca tempo e denaro (il Doria costa di sole spese vive 70 mila euro al giorno) senza essere risolutiva ed esponendo i militari alle armi dei pirati somali. Con queste regole d’ingaggio applicate dalle flotte di Nato e Ue non c’è da stupirsi che la missione anti-pirati europea Atalanta abbia lamentato di essere a corto di navi.

L’ammiraglio Di Paola, che a differenza dei suoi predecessori “politici” non dovrebbe avere problemi di consenso e propaganda, faccia qualcosa per assicurare più trasparenza e dignità alla comunicazione militare.

Gianandrea Gaiani ha seguito tutte le missioni italiane degli ultimi 20 anni. Dirige Analisi Difesa, collabora con i quotidiani Il Sole 24 Ore, Il Foglio e Libero ed è opinionista del Giornale Radio RAI e Radio Capital. Ha scritto Iraq Afghanistan: guerre di pace italiane

di gianandrea gaiani

Giovedì 24 Novembre 2011

Fonte: http://blog.panorama.it

 

 

 

 

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