Roma, 30 lug. 2011 - Annarita Lomastro ha accolto col saluto militare la salma del suo soldato mostrando rispetto per la scelta di vita del figlio. Come sarebbe piaciuto a lui, caduto per la patria. Condividi
Ormai i
funerali dei nostri
soldati finiscono tra le
frattaglie del grande
notiziario. Come
dimenticare il clamore e
l’enfasi per i primi
caduti:
adesso, superata quota
quaranta, siamo alla
routine funeraria. La
notizia dell’imboscata,
l’addio dei commilitoni
a Kabul prima del
rimpatrio, l’atterraggio
a Ciampino, il saluto
alla salma con tutti gli
onori e qualche autorità,
i funerali nella
basilica romana di Santa
Maria degli Angeli, i
cappellani militari che
invocano la concordia
nazionale a sostegno di
questi nostri giovani
eroi, infine l’ultimo
viaggio al paese
d’origine.
E
ammettiamolo senza
ipocrisie: lo stanco
rituale non sconvolge
più nessuno. L’opinione
pubblica italiana, si
usa dire, ha
metabolizzato anche
questo prezzo
inevitabile delle
missioni all’estero. Una
foto, dieci righe di
didascalia con gli
scarni estremi di
cronaca, e via
archiviata la pratica.
Così purtroppo succede a
chi non muore per primo.
Così è successo
inevitabilmente anche a
David Tobini, il
caporalmaggiore della
Folgore ucciso lunedì
scorso. Eppure, proprio
questo funerale non è
passato come gli altri.
C’era qualcosa, nei
soliti filmati della
solita storia triste,
che stavolta colpiva la
distratta platea. Sulla
pista di Ciampino, dove
siamo soliti vedere
anziane madri stravolte
dal pianto, protette da
occhialoni scuri e
castigati foulard neri,
stavolta abbiamo subito
visto una giovane donna
bionda, vestita di jeans
e maglietta fiorata, con
sopra un’ampia casacca
bianca aperta sul
davanti. Al collo una
cravatta rossa. In testa,
un basco da parà. Questa
donna, così giovanile da
poter tranquillamente
passare per sorella, era
e sarà sempre la mamma
di David, il
caporalmaggiore morto in
Afghanistan facendo il
proprio mestiere,
servendo la propria
causa.
Si chiama Annarita
Lomastro, è impiegata in
uno studio dentistico,
ha un altro figlio,
Giorgio, che le è
rimasto sempre vicino, e
vive separata dal marito,
infermiere in un
ospedale romano. Il
quadro familiare è uno
dei tanti che emergono
improvvisamente
dall’oceano della realtà
italiana, quando un
colpo assassino va ad
intercettare brutalmente
proprio quello e lo
colloca per qualche
giorno al centro
dell’attenzione generale,
rendendolo unico e
originale. David aveva
compiuto 28 anni proprio
sabato scorso. Aveva una
vita davanti. Due giorni
dopo, non l’aveva già
più.
Anche Annarita, anche
questa mamma italiana
centrata al cuore dal
dolore più atroce,
avrebbe il diritto di
presentarsi sulla pista
di Ciampino come le
altre madri sventurate:
spenta e nascosta dal
nero, con tanta rabbia
in corpo, decisa a
rinfacciare questa morte
ingiusta, lontana da
casa. Le abbiamo
ascoltate tante volte,
le abbiamo persino un po’
bacchettate, queste
nostre amatissime e
inimitabili mamme
italiane: hanno i figli
in guerra, ma quando le
loro creature tornano in
una bara sfogano lo
strazio contro la guerra,
contro i potenti, contro
il cielo, contro tutto e
contro tutti, perché
nessuno ha saputo
proteggere quel figlio
così adorato, carne
della loro carne, sangue
del loro sangue. Sono
tenerissime e
inguaribili, le mamme
italiane: quando i figli
vanno in guerra,
vorrebbero combattessero
sempre con proiettili a
salve, magari a
schiaffoni. Che il loro
soldato possa morire
servendo quella divisa
proprio non riescono ad
accettarlo.
È così che
improvvisamente ci
spieghiamo come mai, in
questa inevitabile e
stanca routine dei
funerali di Stato,
quella giovane mamma
stranamente ci colpisca
tanto, risvegliandoci
dal torpore di immagini
e notizie mestamente
sempre uguali a se
stesse.
La signora Annarita è vestita in jeans e scamiciata di bianco, con la cravatta rossa e il basco amaranto del suo David, ma non solo. Questa donna mutilata del legame più saldo e più profondo non è sulla pista di Ciampino a sfogare legittimamente dolore e rabbia, come quasi sempre succede nel pianeta ovattato del mammismo tricolore: è lì semplicemente per salutare il suo ragazzo soldato, orgogliosa di quel ragazzo soldato, capace di offrire la vita alla causa ritenuta più giusta, liberamente scelta, coraggiosamente combattuta. Anche Annarita avrebbe infiniti motivi per accoglierlo con insormontabili risentimenti cosmici: l’esercito gliel’ha preso vivo e nel fiore degli anni, in uno strano giorno di luglio glielo restituisce dentro a una bara, avvolto nel tricolore. Ma lo dobbiamo capire e rispettare tutti, anche quelli di noi che al solo pensiero delle armi e degli eserciti sentono forte il senso di ribellione: quella era la vita, quella era l’idea della vita che il caporalmaggiore David aveva scelto. La sua mamma, prima di chiunque altro, la comprende e la rispetta, persino adesso, nel punto estremo, davanti all’irreparabile.