Rissa alla Camera su Fini e lady Bossi (Baby pensionata)

 

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di Ettore Maria Colombo

Roma, 29 ott. 2011 - Rissa in aula. Le accuse rivolte a Manuela Marrone hanno causato l’ira del Carroccio. Il Senatur al presidente della Camera: «Vada a quel paese». Condividi  

Fini andrà avanti, dritto per la sua strada. Dopo il Ballarò (Rai 3) di martedì sera, ma anche dopo il Che tempo che fa? (sempre Rai 3), Piazza Pulita e Otto e Mezzo (entrambi su La 7) pochi giorni fa, a metà della settimana che viene, il presidente della Camera sarà nell’arena di un nuovo talk show. Il nome è ancora top secret (Porta a Porta?) ma lo schema sarà lo stesso dello spazio di Giovanni Floris.

Del resto, spiegano i suoi uomini più vicini, parlamentari e non, la presenza di Fini in tv “paga”. In termini di share e di consensi elettorali. «In due mesi siamo passati dal 2,8% al 4.2% per i sondaggi di La 7, dal 3,1% al 3,8% per Ipsos di Pagnocelli, al 5,35% per Mannheimer, addirittura al 5,8% per Swg. E prima dell’estate un sondaggio degli americani della Psb, istituto serio e importante, dicevano che il nome di Fini potenzialmente valeva il 6%, e da solo».

Ecco il perché, dunque, della decisione di mettere il nome del leader nel simbolo del partito. «Per la gente, Fli è Fini – continuano - le elezioni si avvicinano e la nostra strategia è questa: Fini che riprende in mano le redini di Fli, ci mette la faccia, gira l’Italia e fa movimentismo mediatico».
Tutto bene, dunque, per i finiani. L’aula della Camera, però, ieri mattina non è parsa aver gradito. Se il clima atmosferico è plumbeo, quello politico è cupo. Le accuse rivolte la sera prima da Fini alla moglie di Bossi, Manuela Marrone, accusata di essere una baby pensionata («non tutti sanno che c’è un’insegnante che è andata in pensione a 39 anni, lei») fanno montare la rabbia dei leghisti.

Più tardi, lo stesso Umberto Bossi arriverà a dire, alla sua maniera, «Fini? Vada a quel paese…», ma in aula è il capogruppo del Carroccio, Marco Reguzzoni, che di Bossi è un fedelissimo, a parlare. Comincia piano («È inopportuno che il presidente della Camera vada ai dibattiti tv»), ma dai banchi di Fli si sente un «Vergogna!» rivolto proprio all’indirizzo di Reguzzoni. È allora che i leghisti che stanno intorno al capogruppo esplodono: «Dimissioni! Dimissioni!», urlano. Da lì in poi è bagarre. Italo Bocchino, vice-presidente di Fli (peraltro da poco tempo “semi-commissariato” nel partito da due vice coordinatori che gli sono stati messi ai fianchi, Daniele Toto e Fabio Granata) prende la parola.

Non fa neanche in tempo a dire che «Fini ha tutto il diritto di esprimersi, visto che è anche un leader politico» che scoppia il finimondo. L’onorevole Claudio Barbaro di Fli era già in piedi e urlava contro i leghisti: si scaglia, in particolare, contro il deputato Fabio Raineri, di Parma. Barbaro e Raineri fanno praticamente a botte. Si continua a gridare, nonostante la seduta sia sospesa, e quasi è peggio.

Quello che su Twitter il deputato piddino Sarubbi definisce «un picchiatore fascista» (Barbaro) stavolta è inseguito da Raineri, che è bello corpulento, ma soprattutto è fuori di sé: camicia aperta e fuori dai pantaloni, si toglie la giacca e cerca Barbaro. Per menargli.

I commessi lo devono scortare, in cinque, fino al ristorante, e cercare di calmarlo. Più tardi, Barbaro ritrova la via del senno e propone a Raineri di «fare pace». Niente da fare, la risposta.