"Attenzione a cosa si scrive e pubblica sui social network".
Sette direttori del personale su dieci cercano su internet profili e notizie prima di decidere se assegnare o meno il posto a una persona. Ma anche per svelare gli "acquisti" della concorrenza. I più "osservati" sono dirigenti e neolaureati. A volte una frase (o una foto) su un social network può compromettere l'assunzione. Condividi
di
FEDERICO PACE
I
direttori del personale, quelli che decidono il
destino di molti, vogliono saperne sempre di più.
Quando si tratta di assumere qualcuno, ci pensano
due volte e quasi sempre digitano sui motori di
ricerca il nome e cognome di chi gli ha inviato un
curriculum. Vogliono trovare quante più tracce
possibili. Vogliono scoprire quello che, durante un
colloquio di lavoro, non viene fuori quasi mai. Come
innamorati irrequieti, cercano in rete qualcosa che
possa colmare il vuoto che gli sembra sempre di
provare.
Nei primi mesi di quest'anno, sette imprese su dieci
hanno cercato sul web informazioni su chi ha
presentato una candidatura. "Tutte le informazioni
che si possono trovare su Internet - dice Giorgio
Aravecchia, direttore di gruppo delle risorse umane
della Panini Spa, l'impresa produttrice di figurine
- sono utili per riuscire a individuare meglio la
personalità della professionista che ci si trova
davanti. Quando uno fa il colloquio c'è sempre un po'
di marketing reciproco. La società dà prevalenza
agli aspetti positivi della figura che offre e cela
quelli che ritiene meno appetibili. Lo stesso fa il
candidato, parla bene delle esperienze, dice di
essere stato il protagonista dei punti di svolta
dell'impresa in cui ha lavorato. Anche se così non è
stato".
La frase e l'assunzione rinviata.
Ogni traccia può svelare qualcosa di utile e di
inatteso. Può essere un progetto realizzato qualche
anno prima e che neppure noi ritenevamo più
rilevante o anche un mese di volontariato in un
paese lontano. Può essere un risultato conseguito
che avevamo sottovalutato e non lo avevamo riportato
nel cv. Oppure dei commenti su Facebook che era
meglio non scrivere. Consuetudini o eccentricità.
Alle volte, per insinuare un dubbio in testa a un
datore di lavoro, può bastare anche una sola frase.
Come quella che un giovane ingegnere, poco prima di
un colloquio, aveva lasciato scritta in un forum: "Tra
un anno mi trasferisco in Giamaica". Non importa se
concreta dichiarazione di intenti o effimero sogno
di una sera, di sicuro al direttore del personale
non ha fatto piacere leggerla.
Carattere e competenze. Le aziende
d'altronde assomigliano sempre di più a organismi
complessi che respirano e si muovono grazie
all'interrelazione stretta di uomini e funzioni. "Ogni
due mesi - spiega Aravecchia - lanciamo sul
mercato un prodotto che può vendere tantissimo o
pochissimo e contano molto la capacità di dedicarsi
a un progetto urgente e sapersi congedare da quello
che si stava facendo, il tutto senza incidere
negativamente sul gruppo. In un colloquio è
difficile che queste caratteristiche vengano fuori".
In questi ultimi mesi, dice l'indagine realizzata
per la nostra testata da Gidp, associazione di
direttore del personale, il 71 per cento delle
imprese ha cercato informazioni sui candidati. La
gran parte lo fa per saperne di più e capire meglio
il contesto in cui si muove e se il suo stile di
vita è coerente con la posizione e la filosofia
aziendali. Solo il 29 per cento dei responsabili ha
negato di avervi mai fatto ricorso.
Il volto nascosto. "Ormai Internet
ha più conoscenza di quanta ce ne possiamo ricordare
noi stessi". Dice Angelo Alfieri, direttore risorse
umane e organizzazione di Sofinter, gruppo operante
nel settore dell'energia: "Googlare qualcuno è ormai
un'abitudine anche professionale. Non è soltanto il
caso dei social network, ma tutto quello che è la
Rete. Tutto quello che possiamo trovare. Penso che
la vita della persona sia facilmente identificabile
nel web. E' come vedere l'altra faccia del candidato,
quella che non ti viene mai mostrata direttamente
durante il colloquio".
Lo sguardo sul giardino del vicino.
Ma sul web, e soprattutto sui social network
professionali, i responsabili delle risorse umane
vanno a cercare anche i profili della concorrenza.
Informazioni che prima era molto più complesso avere.
Alice Mattiello, human resources manager di
Everel Group, fornitore di componenti
elettromeccanici per i produttori di
elettrodomestici, spiega come ora sia "possibile
capire se nelle aziende concorrenti ci sono figure
con una certa anzianità e che potrebbero essere
motivate al cambiamento". "Sempre più professionisti
- spiega - mettono il loro profilo su Internet e
sono pronti a valutare nuove possibilità". Insomma
le imprese possono costruire da sé, in questo modo,
una rosa interessante di candidati senza avere
bisogno, almeno fino a questo stadio, di pagare
inserzioni o coinvolgere società di selezione.
Le bugie e la verifica. C'è poi il
bisogno di controllare quel che dicono i candidati.
I responsabili delle risorse umane mostrano ormai
una certa diffidenza, giustificata o meno, nei
confronti di quello che viene dichiarato in cv e
colloqui. Anche perché in questi ultimi mesi
sembrano aumentati i casi di chi tende a ingigantire
incarichi e mansioni. A farlo sono soprattutto le
figure intermedie dell'amministrazione e delle
divisioni tecniche. "In più occasioni - racconta
Mattiello - mi stanno capitando persone con attività
e ruoli che non corrispondono a quanto dicono.
Casomai hanno svolto ruoli più marginali, difficile
che mentano sull'azienda. Non dicono la verità
sull'area e le funzioni. Approfittano del
cambiamento per proporsi per ruoli superiori e
abbozzano un profilo di responsabilità che invece
non era effettivo. Si può dire che anticipano la
loro crescita professionale".
Con l'affanno di chi ha bisogno di trovare un lavoro,
i protagonisti di questi piccoli inganni alle volte
non fanno neppure attenzione a riportare sul profilo
del network sociale le stesse caratteristiche
descritte sul cv consegnato in azienda. Con qualche
effetto negativo. "E' sempre meglio dire la verità.
Ad ogni modo - prosegue Mattiello - , se non emerge
qualcosa di grave, io tendo a non precludere il
contatto diretto e il primo colloquio di persona.
Quel che trovo però mette già dei punti da cui
partire e che io vado a riscontrare in occasione
dell'incontro".
Soprattutto manager e neolaureati.
Le figure che vengono più attentamente scrutinate
sono quelle che devono andare a ricoprire posizioni
dirigenziali e i giovani che escono dalle università
e non hanno ancora avuto esperienze in realtà
imprenditoriali. "I manager - spiega Paolo Citterio,
presidente di Gidp/Hrda - attirano maggiormente
l'interesse, visto che devono essere reclutati per
posizioni importanti ove la credibilità, l'onestà,
lo stile di vita e le relazioni personali incidono
in misura significativa sul loro futuro ruolo
professionale". Ma anche i giovani che entrano in
azienda. "Perché - aggiunge Citterio - mentre per
gli impiegati e i quadri esistono delle referenze
date dai precedenti datori di lavoro, dalle
relazioni emerse dai contatti nelle associazioni o
da persone, sui neolaureati visioniamo solo il cv
scolastico e la fotografia quando ci viene trasmessa
oltre agli hobby e null'altro."
Importanti ma non decisive. Ma
quanto incidono davvero queste tracce lasciate sul
web dal candidato e attentamente recuperate dal
selezionatore? Le informazioni pesano sia sul
colloquio sia sulla decisione finale e condizionano,
in parte o in maniera decisiva, circa i due terzi
dei direttori del personale. "Le informazioni
corredano un curriculum - sottolinea però Citterio -
, ma non sono decisive. Servono per conoscere meglio
i candidati, per verificare se il loro stile di
vita, i valori che loro esprimono sono simili a
quelli dell'impresa. Senza parlare poi degli
atteggiamenti espressi dai candidati che possono
favorirli rispetto agli altri o meno".
Quello che l'azienda non vuole leggere.
Quel che sarebbe meglio evitare sono soprattutto
opinioni negative, informazioni riservate e commenti
sul precedente datore di lavoro. "Non è bello
trovare dei passaggi offensivi verso le vecchie
aziende o i lavori precedentemente svolti - spiega
Alfieri - ; meglio una persona che è stata solo tre
settimane in un'azienda e scrive 'esperienza breve
ma intensa' che chi rimane più a lungo, ma poi
inveisce con volgarità contro il precedente datore
di lavoro. Non è un segno di tranquillità della
persona". Negativi riscontri anche per dichiarazioni
razziste e discriminatorie, consumo di alcol e
droghe, inesattezze su competenze e titoli di studio
e immagini non appropriate.
Quello che accadrà domani. Quale che sia la nostra abitudine e propensione a rendere pubblico ciò che ci riguarda, sarà bene prestare sempre più attenzione alle tracce che lasciamo. Anche perché le aziende attingeranno sempre di più a informazioni sul web e a profili presenti sui network sociali. Il 27% delle imprese dice che nei |