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Il deputato-talpa filma il suk degli onorevoli

 

 

Roma, 9 dic. 2011 - Video choc sulla presunta compravendita di voti alla Camera. Condividi

Vedei anche il viseo quoi >>>

Qualche sanguisuga, un po' di somari e una talpa: c'è anche questo, a Montecitorio. È il quadro desolante che esce da un micidiale reportage girato per la prima volta dentro l'aula.
Tutto questo grazie a un deputato che si è prestato a registrare, con una micro-telecamera, le conversazioni con alcuni colleghi. Che sembrano avere un'ossessione: il vitalizio. Per il quale sono disposti a tutto. A partire, ovviamente, dalla vendita del proprio voto.

Potete scommettere che, alla vista della puntata di stasera de «Gli intoccabili», il programma su La7 condotto da Gianluigi Nuzzi, c'è chi farà un putiferio. Scatenando la caccia al deputato «traditore» che ha consentito di girare in presa diretta le chiacchierate che comunemente si svolgono, tra una votazione e una partita a carte sull'iPad, nel cuore stesso di Montecitorio, l'emiciclo dove siedono i rappresentanti del popolo.
C'è chi dirà che certo, il «tempio della democrazia» dal 1871 ad oggi ne aveva già viste, come scrive Sabino Labia nel libro «Tumulti in aula / Il presidente sospende la seduta», di tutti i colori. Dal cosiddetto «discorso del bivacco» di Benito Mussolini («potevo fare di questa Aula sorda e grigia un bivacco di manipoli...») alle scazzottate come quella che vide i commessi portare via un Francesco Storace urlante: «Quella checca di Paissan mi ha graffiato con le sue unghie laccate di rosso, io non l'ho toccato! Vi sfido a trovare le mie impronte digitali sul suo culo!». Mai, però, era accaduto che un deputato registrasse, segretamente, i colloqui con i colleghi là, nel luogo più protetto, dove i fotografi che stanno nelle gallerie sono obbligati a sloggiare appena c'è un tafferuglio perché «non sta bene» che gli italiani vedano quanto i loro delegati possano abbassarsi fino alla mischia da angiporto.

Non è stato, da parte di quel deputato, un gesto «onorevole»? Può darsi. Ogni censura è legittima. Ma guai se ancora una volta si guardasse il dito e non la luna. Perché le conversazioni «rubate» sono solo una parte del quadro ricostruito per «Gli Intoccabili» dall'inchiesta di Gaetano Pecoraro e Filippo Barone. C'è la copia di un modulo fatto firmare a un deputato del Pd che «si impegna a versare la somma di euro 50.000 quale contributo alle spese che il partito sostiene per la campagna elettorale». C'è un'intervista al deputato di Futuro e Libertà Aldo Di Biagio, che racconta di come una collega lo contattò per farlo rientrare nel Pdl: «Mi ha detto: "Noi ci aspettiamo coerenza da te. Ti consigliamo di aprirti una fondazione e ti faremo avere un contributo di un milione e mezzo da Finmeccanica o da un'altra società"». C'è la ricostruzione di come il dipietrista Antonio Razzi avrebbe contrattato la sua fiducia al governo Berlusconi, determinante in quel 14 dicembre 2010 di svolta nella legislatura, chiedendo tra l'altro l'istituzione del consolato onorario di Lucerna, finito poi a un suo amico. O ancora la rivelazione del finiano Luigi Muro: «L'onorevole Verdini mi ha detto: "Dimmi cinque cose che possono interessarti, cinque desideri e poi ragioniamo"». Meglio del genio della lampada di Aladino.

Ma certo, lo scoop sono le parole «rubate». Ed ecco un deputato, con la voce sfalsata e il volto oscurato elettronicamente per impedirne l'identificazione, sbuffare: «Sono l'unico che qui di benefit non ne ha. Pensione non ce l'ho, non c'ho un cazzo... Sono l'unico vero precario». Ecco una conversazione fra due «gentiluomini» illuminante:
«Ormai è tutto... Tutto una tariffa, qua. È solo tariffa».

«La tariffa tua quant'è?».
«Al vostro buon cuore».
«No, no, la tariffa la devi fare tu».
«Al vostro buon cuore...».

Ed ecco, agganciata dalla talpa, un'altra chiacchierata tra una sanguisuga e un somaro centrata sull'asfissiante richiamo alla pensione, il vitalizio. Così piena di parolacce, oltre agli strafalcioni, che dobbiamo chiedere scusa ai lettori:

«Ma riuscite a fare tirare avanti questo governo? Ce la fate fino alla scadenza? Meglio anche per te. Così pigli pure tu la... Adesso devi fare quattro anni, sei mesi e un giorno. Perciò fatti nu poco li cazzi tua e non rompere più i coglioni a... E andiamo avanti. Così anche tu ti manca un anno...».

«Meno di un anno!».

«Meno di un anno e ti entra il vitalizio. Tu che cazzo te ne fotte, dico io? Tanto questi sono tutti malviventi. A te non ti pensa nessuno. Te lo dico io, caro amico. Che questi, se ti possono inculare ti inculano senza vaselina nemmeno».

Una sola cosa ha in testa, qualcuno che magari davanti ai microfoni giura di fare politica «al servizio dei cittadini»: non uscire da quel guscio dorato. Anche perché, a volte, senza quella poltrona e quella possibilità di alzare il prezzo del suo voto, sarebbe rovinato: «Sono un reietto. Me ne sto da solo. Sono contento perché... Cioè, mi dispiace per la situazione economica dell'Italia che è andata così... Però... Per me sono contento perché il 14 dicembre c'è stato questo scombussolamento degli ex di An perché se non c'era questo scombussolamento io finivo qui. Cioè, basta, finito. Probabilmente finisco così lo stesso, però... Io ho bisogno di un posto di lavoro».

«Perché, non hai nessun lavoro?».
«Faccio il disoccupato».
«E quindi qui ti eri sistemato...».
Scambi di battute:
«Lavori troppo, tu».
«Eh, lavoro troppo».
«Tu fai pure tu come Berlusconi? Otto a notte te ne fai?».
«No, io me ne faccio di più!».

 

Sfoghi lamentosi come quello di un deputato, par di capire, eletto dal Carroccio: «Però non è giusto che tutti i partiti prendono i soldi dai parlamentari. Non va bene così. Non è una cosa corretta. La Lega è diventato un partito d'affari. Fanno quello che fanno tutti. E ti fanno firmare un contratto eh? Ti fanno firmare l'impegnativa. Hanno voluto un assegno post datato di
25.000 euro...». Conclusione: «Ma piuttosto voi quanto gli date, di pizzo, ogni mese?».
No, non può essere quello, il Parlamento. Ci rifiutiamo di accettare che sia «solo» quello. Sarebbe una schifezza. Un insulto alla democrazia. Un oltraggio alla politica perbene, generosa, nobile. A tutti quelli, a destra e a sinistra, che ci credono sul serio. Buttateli fuori, quei deputati insaziabili interessati solo a se stessi. Fuori. E ricominciamo da capo.

Gian Antonio Stella

Fonte: http://www.corriere.it

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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