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Delegato Co.Ce.R. dell’E.I. scrive al Capo di Stato Maggiore dell’Esercito.

 

 

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Roma, 17 gen. 2012 - La questione, tanto semplice per come è iniziata, sfocia in un una incredibile serie di vicissitudini che mostrano sempre più come la condizione di cittadino militare, “aggravata”, a quanto pare, dall’essere delegato della rappresentanza, si sposti talvolta al di fuori dei confini della logica e dei diritti.

Era necessario ascoltare due Tribunali Militari per acquisire che l’art. 21 della Costituzione, relativo alla libera manifestazione di pensiero – nel caso di specie all’esercizio del diritto di critica – è applicabile a tutti, anche a coloro che indossano una divisa?

Ora la diatriba, dopo essere naufragata anche in sede “disciplinare di stato”, ha visto l’incolpato, seppur “innocente”, sanzionato dal proprio Comandante, come se delle regole non scritte obbligassero comunque la gerarchia in tal senso.

Punirne uno per educarne cento?

Certamente il Primo Maresciallo avrebbe tutti i diritti di contestare anche quest’ultima sanzione (ed a parere della scrivente con enormi possibilità di successo) ma riteniamo che rendere noto l’accaduto possa essere propedeutico alla riapertura del dibattito, sempre piè necessario, sulla tutela del delegato della rappresentanza militare e, ancor di più, sulla legittima applicazione dei diritti costituzionalmente garantiti  anche per i professionisti in uniforme.



Al Signor Capo di Stato Maggiore dell’Esercito,

e per conoscenza

Ai delegati del CoCeR Interforze 

 

Oggetto: Tutela del delegato.

Allegati: n.1 - Relazione Tutela Delegato 

 

Seguito comunicazione telefonica con il Presidente del CoCeR con cui mi è stato comunicato che il Capo di SME non intende ricevermi di persona ma che in alternativa attende una mia istanza scritta di merito.

Trasmetto al Signor Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, per il tramite del Co.Ce.R. sez. Esercito, l’allegata relazione. 

Roma, 12 gennaio 2012

Luca Tartaglione
(Delegato Co.Ce.R.)


SEGUE LETTERA INVIATA AL CAPO DI SME.


Al Signor Capo Stato Maggiore Esercito

 

Egregio Comandante,
 

Con la presente il sottoscritto Primo Maresciallo Luca Tartaglione, Delegato Cocer Interforze, in merito alle ultime vicissitudini occorse, intende precisare quanto segue affinché non ci siano dubbi sulle intenzioni dello scrivente.
 

A tal proposito, l’argomento che si vuole trattare è relativo alla TUTELA DEL DELEGATO della Rappresentanza Militare nell’accezione più generale, meno che mai accidentale dello scrivente. E’ indispensabile chiarire questo passaggio affinché sia restituita quell’onorabilità persa come uomo, militare e Delegato Cocer.
 

La questione sicuramente a Lei è nota, nasce contestualmente all’inizio del Decimo Mandato Rappresentativo nel momento in cui la mia persona viene coinvolta per uno scritto pubblicato sul web in epoca antecedente all’assunzione della carica di Delegato Cocer. Si è trattato di una querela di parte ad opera di un collega (Delegato CoIR). Il Tribunale Militare di Napoli prima e successivamente la Corte di Appello di Roma hanno attestato che:
 

 “…nell’articolo in contestazione, del quale non è stata accertata la paternità viene espressa una critica …., nel legittimo esercizio del diritto di critica, costituzionalmente garantito dall.21 Cost., e deve conseguentemente ritenersi sussistente, nel caso di specie, la scriminante di cui all’art.51, comma 1, c.p., sicché l’imputato va assolto dal reato ascrittogli perché il fatto non costituisce reato..”

Addirittura, nella Sentenza delle Corte di Appello si condanna alle spese la parte civile che aveva promosso temerariamente ricorso nel secondo grado di giudizio!
 

In estrema sintesi, in primis non si annovera allo scrivente l’accertamento della paternità dello scritto e nel merito di quanto viene argomentato, non si rilevano offese e diffamazioni a chicchessia.

Ci sono voluti 4 lunghissimi anni, due processi tra Palermo, Napoli e Roma,  molteplici umilianti udienze, decina di testimoni ed oltre 15mila euro di spese legali, per affermare che nel merito di quello scritto non vi era alcunché di diffamatorio. Non si poteva determinare sin dall’inizio la natura di quelle parole anziché procedere di udienza in udienza per accertare i fatti e l’autore dello scritto? Il paradosso ha dell’incredibile, dopo aver cercato in tutti i modi di attribuire allo scrivente la paternità di quello scritto, quando ogni tentativo indiziario è risultato tale, poiché mai poteva essere altrimenti, ecco giungere la Sentenza: “poiché il fatto non costituisce reato, il diritto di critica è costituzionalmente previsto”. (Caspita!?).
 

La domanda sorge spontanea, in un Tribunale ordinario, anziché Militare, si sarebbe proceduto allo stesso modo? Oppure la mole di lavoro avrebbe suggerito una via più celere e meno onerosa? Soprattutto, quale cittadino avrebbe mai intentato una causa penale per delle parole che ad occhio balzano prive di diffamazioni ed offese, piuttosto avrebbe richiesto diritto di replica ed avrebbe dato la Sua versione dei fatti. Peraltro, queste sono violazioni che per la loro gravità secondaria passano dal Giudice di Pace.   
 

Va aggiunto, il contesto in cui si era svolta la vicenda, erano tempi di un Mandato Rappresentativo in conclusione ed uno nascente in campagna elettorale. In qualunque momento si volesse fare un esperimento recuperando, ora per allora, materiale di opinione sul web troveremmo di tutto e di più e con ben più alte gravità. Troviamo critiche ben più aspre nei confronti di militari o questi ultimi nei confronti di altri.
 

Non c’è giorno in cui sul web non arrivano critiche, accuse,offese, malignità, diffamazioni di ogni genere, contro la Rappresentanza, contro i Delegati CoCeR, rispetto alle quali nessuno si prende la briga di difendere, querelare, ridare quel minimo di dignità di un Organismo, un Ufficio interno dello Stato Maggiore Difesa. Ho la vaga impressione che se le stesse maldicenze cadrebbero giornalmente su un qualunque altro Ufficio della Difesa ogni giorno scatterebbero querele alle autorità militari e civili. E perché con la Rappresentanza, per i Delegati CoCeR nessuno alza una parola in difesa?
 

Nel caso di specie la presunta diatriba tra Delegati COIR, lo scrivente il querelante ed il coimputato (anch’egli delegato COIR e COCER), si è trascinata dall’interno all’esterno dell’Amministrazione, senza che nessuno facesse da mediatore, nei limiti e nei vincoli di una Rappresentanza interna che per un minimo di tutela del personale deve faticare oltre modo per un pochino di ascolto. Se solo si fossero analizzate le ragioni messe in gioco nel merito dello scritto, aldilà del personalismo dei singoli, probabilmente avremmo risolto alcune tematiche ancora oggi pendenti all’interno delle Caserme. Piuttosto che guardare alla sostanza, ai motivi reali dello sfogo dell’articolista anonimo si è aperto un procedimento tra Delegati. Confusione su confusione si è aggiunta alle già limitate prerogative in seno ai Delegati, si è messa in dubbio per cinque anni che i Rappresentanti siano soggetti destinatari della libertà di espressione, di opinione. Si è data l’idea che è meglio non lasciarsi andare a “pericolosi” comunicati, a scritti che prima o poi qualcuno potrebbe querelare.
 

Questa lunga ed estenuante odissea mi ha mortificato nello spirito e nella carne. Mi ha annichilito, inibito ogni tipo di attività creativa propositiva. Ho aspettato gli eventi in difesa, fiducioso della giustizia e sicuro di non aver nulla di cui pentirmi. Ribadisco, lo scrivente non fu l’autore di quello scritto come evidenziato dalla stessa polizia postale, la quale ha ammesso l’impossibilità di addebitare la provenienza di quel file.
 

Come se non bastasse ciliegina sulla torta, a chiusura dell’intera vicenda, si è avviato un processo disciplinare nei miei confronti, poiché in capo allo “status” di militare non basta quanto asserito dai Tribunali militari, vi è un risvolto disciplinare, etico, formale, che non può essere assolutamente tralasciato ovvero dopo 4 anni di un logorante ed estenuante procedimento penale laddove ho avuto giustizia dalla Corte Militare di Appello che ha confermato come l’esercizio del diritto costituzionalmente tutelato di manifestare liberamente il proprio pensiero (art. 21 Cost.) è riconosciuto a tutti i militari, e questo per aver reagito, a detta della Corte, da delegato a difesa della Linea di Comando dell’Esercito Italiano! ma ironia della sorte, la stessa Linea di Comando ha ritenuto di dovermi sanzionare disciplinarmente per effetto di un giudicato penale ed in funzione del mio mandato CoCeR laddove (e questo è un aspetto eloquente) in epoca dei fatti di causa lo scrivente non rivestiva la funzione di delegato CoCeR.!! dunque sanzionato disciplinarmente, per le motivazioni tratte dai noti fatti di causa, a seguito di un giudicato penale ed innanzi a questioni penali di diffamazione a mezzo internet, peraltro ampiamente dibattute nei due gradi di giudizio ed in cui i Giudici del Tribunale Militare e della Corte Militare di Appello non hanno rilevano violazione di norme amministrative e ne violazione degli impegni assunti con il giuramento tantomeno offese o discredito alla persona, in relazione allo status e al grado rivestito.  Il tutto condito con un tocco di umiliazione allorquando la sanzione  è stata notificata all’odierno delegato COCER a cura di un inferiore di grado!! In altre parole, si è fatto un ulteriore passo in indietro, non c’entra più il merito dello scritto, le presunte diffamazioni, ma semplicemente l’aver pubblicato sul web, fuori dai luoghi consentiti (bacheche nei reparti), orientamenti personali. Di che stiamo parlando? Abbiamo idea della mole di pubblicato sul web ad opera di colleghi, Delegati Cobar, Coir e Cocer? Dopo di questo precedente ho la forte paura che per una ragione di giustizia, si procederà all’identificazione di tutti gli autori di scritti sui siti, forum, blog che in qualche modo si occupano di materie militari a vario titolo. In effetti, secondo tale assunto, non occorre una querela di parte, non occorre che ci sia diffamazione, il solo fatto di aver pubblicato pensieri inerenti il mondo militare, fuori dal recinto delle caserme, sarà motivo sufficiente per la caccia alle streghe.
 

Tanto è vero che, la paura di pericolose derive ha fatto il giro all’interno del CoCeR Interforze e sulla scia delle mie note vicende, si sono attivati alcuni colleghi per richiedere, ai sensi del Nuovo Codice dell’Ordinamento, una seduta straordinaria sulla TUTELA DEL DELEGATO. Un confronto diretto volto a chiarire una volta per tutte limiti e prerogative dei Rappresentanti, evitando di lasciare i dubbi e le scelte di chi, dove e quando per cosa intervenire, piuttosto che per altri, far finta di niente lasciando spazi indefiniti. Sia ha l’impressione che esista una zona franca per alcuni e una soglia punitiva per altri. Dipende dalla Sezione, dalla Forza Armata, dai Delegati, dai Capi Reparto, Presidenti Cocer, e chi più ne ha più ne metta. Insomma, la TUTELA DEL DELEGATO dipende da un sacco di fattori sempre meno oggettivi e lasciati a libera interpretazione.        
 

A questo punto spero sia più chiaro di quale “TUTELA DEL DELEGATO” ho inteso relazionare. L’altra faccia della “TUTELA DEL COLLEGA” e degli interessi del personale. Senza queste due facce della stessa moneta, la Rappresentanza resta fine a se stessa, sembra il dito che punta alla luna mentre gli altri guardano il dito ed accusano i Delegati delle peggio nefandezze. Qui non sono in gioco i piccoli interessi dei singoli o il risentimento del sottoscritto per la triste vicenda, qui occorre rivedere l’intero sistema, fare chiarezza ed evitare soprattutto che sia accusato di essere un “sindacato giallo”. Sono evidenti talune forzature, conflittualità di interessi, da un lato l’esigenza dell’Amministrazione dall’altro il benessere del personale.
 

Non tutti i mali vengono per nuocere, dalla vicenda personale si è fatta giurisprudenza, chiarendo ancora una volta (e non è mai abbastanza) i limiti della libertà di espressione. Ogni cittadino, ancorché militare, ai sensi della Costituzione Art.21, ha diritto di opinione, può criticare, esercitare il libero pensiero solo nei limiti previsti per legge. E’ importantissimo questo passaggio perché tra qualche mese si svolgeranno nuovamente le elezioni per i Consigli di Rappresentanza, mi piacerebbe pensare che questo scritto abbia evitato le stesse sofferenze patite dal sottoscritto perché di indicibili sofferenze si tratta che danni enormi hanno causato alla mia vita familiare.

Signor Capo di SME, voglio sperare in una Sua autorevole condivisione circa l’auspicio di una futura maggiore severità nell'accertamento di determinate condotte da parte della Magistratura Militare per ipotesi che la Magistratura ordinaria ha di fatto quasi depenalizzato demandandole alla giurisdizione del Giudice di Pace.  Spero convenga sulla assoluta sussistenza dell’interesse pubblico a fare chiarezza circa la portata e i limiti del mandato rappresentativo dei delegati militari con particolare riferimento agli artt. 1466 e 1472 del  Cod. Ord. Mil. e che di questo si faccia carico. Infatti se l'esercizio di un diritto, quale quello di manifestazione del pensiero e di quello di critica che ne costituisce necessario corollario, non possono comportare l'irrogazione di sanzioni disciplinari per espressa disposizione dell'art. 1466 C.O.M., per un delegato della rappresentanza militare questa forma di tutela assurge proprio a garanzia di piena libertà e autodeterminazione nell'esercizio del mandato. Il limite a tale diritto di critica o manifestazione del pensiero non può essere ravvisato "nel grado di suscettibilità del lettore" ma solo nel confine dettato dalle condotte insubordinate, ingiuriose o diffamatorie. Fuori da queste ipotesi, sanzionare disciplinarmente l'esercizio di un diritto equivale a sancirne l'abrogazione. Questo vale a maggior ragione per i delegati della Rappresentanza Militare, poiché la risonanza della condotta sanzionatoria, inevitabilmente amplificata dalla notorietà rappresentativa, fa assumere all'evento, più che una ipotesi di sanzione di un fatto, momento di chiarezza circa i limite dell'esercizio del diritto di espressione del pensiero da parte dei militari rappresentati, tenendo presente che l'attività del delegato Cocer è essenzialmente mediatica, di continuo confronto e di contributo di idee (siano le stesse condivise o meno). Limitare tale facoltà per i delegati contribuisce ancora di più ad anemizzare le già poche prerogative di cui godono i rappresentanti dei militari. 

Egregio Capo di Stato Maggiore, chiedo scusa per la straordinarietà dell’intervento, per l’eccessiva lunghezza dello scritto e per le parole figlie di uno sfogo da troppo tempo contrato.
 

La ringrazio per l’attenzione, attendo fiducioso una risposta, una Circolare, una discussione sulla TUTELA DEL DELEGATO l’altra faccia della TUTELA DEL PERSONALE.
 

Mi preme inoltre ringraziare i Colleghi del Cocer che mi sostengono in questo chiari

mento.

 

Roma, 12 gennaio 2012

 

Con deferenza

Luca Tartaglione (delegato Co.Ce.R. - Primo Maresciallo dei 
           Bersaglieri)    

 

   

 

 

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