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Dietro al fermo dei militari del Battaglione San Marco c’è il fallimento della diplomazia. Perché la marina militare ha ignorato la procedura e non ha protetto i suoi?

 

 

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Roma, 21 feb. 2012 - Negli ambienti militari e soprattutto a Palazzo Marina, dove ha sede il comando della marina militare, non parla quasi nessuno, ogni commento può essere malinterpretato, ma è palpabile l’amarezza per come le autorità italiane hanno gestito la vicenda della petroliera Enrica Lexie, con il capo di prima classe Massimiliano Latorre e il sergente Salvatore Girone del reggimento San Marco lasciati nelle mani della giustizia indiana. C’è una procedura che, sintetizzando, dice di prelevare e rimpatriare gli “elementi a rischio”, c’è un avviso della marina che dice: in caso di contenzioso con effetti giudiziari, restare in acque internazionali (è una procedura per tutti, anche in casi fuori dall’acqua: quando i marine di Aviano causarono la strage del Cermis, non si sognarono per un istante di consegnare i piloti alla procura di Trento). Invece i due marò sono  stati fermati, devono comparire davanti a un giudice indiano, per un “atto di cortesia” rischiano persino la pena di morte per il reato che viene loro contestato: uccisione di due pescatori scambiati per pirati in acque internazionali.

I fatti imputati ai due militari sembrano non avere nulla a che fare con l’incidente denunciato dal peschereccio indiano Anthony, avvenuto in luogo e tempi diversi rispetto alla rotta della Enrica Lexie, confermata dai rilievi satellitari. Anche il peschereccio sarebbe diverso da quello che si era avvicinato in modo aggressivo alla petroliera italiana per allontanarsi dopo due raffiche in aria e una in mare esplose dagli uomini del San Marco. Secondo i rapporti forniti alla marina dall’International Maritime Bureau, un’altra nave, la petroliera greca Olympic Flair (a quanto pare protetta da guardie private), ha comunicato di aver subito un attacco pirata lo stesso 15 febbraio mentre era alla fonda vicino alle coste indiana. La nave greca è simile per dimensione e colore alla Enrica Lexie ma ha fornito informazioni circa l’attacco subito alla Guardia costiera e al Maritime Rescue Coordination Centre di Mumbai. Perché allora hanno fermato la nave italiana? E’ possibile che l’India, impegnata a contrastare la pirateria somala, cerchi di nascondere la presenza di pirati attivi lungo le sue coste?

Al di là delle discordanze – rilevanti – circa la dinamica dell’incidente, è grave l’atteggiamento indiano che ignora il diritto internazionale e le procedure d’indagine. L’autopsia sui cadaveri e l’esame balistico dei quattro proiettili responsabili della morte dei due pescatori avrebbero chiarito eventuali responsabilità italiane in base ai riscontri con le armi in dotazione agli uomini del San Marco, ma sono state rifiutate dalle autorità indiane. Sul piano giuridico, le violazioni compiute da Nuova Delhi sono state numerose, ma pure la diplomazia italiana è stata inspiegabilmente accondiscendente. Da quanto si apprende da fonti qualificate, la marina si era opposta alla richiesta formulata alla petroliera italiana dalla guardia costiera indiana di raggiungere il porto di Kochi per fornire chiarimenti circa l’attacco dei pirati. La richiesta era ingiustificata: l’episodio è avvenuto a 33 miglia dalle coste dell’India, in acque internazionali dove il diritto di bandiera impone che sia l’autorità italiana a indagare sull’accaduto. Illecita anche la pretesa, soddisfatta dall’ambasciata italiana, di sbarcare dalla nave, a tutti gli effetti giuridici territorio italiano, i due marò per farli interrogare dall’autorità giudiziaria indiana. I militari rispondono solo alla giustizia del loro paese o, in caso di crimini di guerra, a quella internazionale.

Come ha sottolineato il professore Natalino Ronzitti, docente di Diritto internazionale alla Luiss, “i militari godono della cosiddetta immunità funzionale, sono organi dello stato italiano e possono essere puniti, qualora abbiano commesso un reato, solo in Italia”. L’accondiscendenza dell’ambasciata e della Farnesina di fronte alle violazioni indiane pare fuori luogo anche in vista dell’imminente visita del ministro degli Esteri, Giulio Terzi, a Nuova Delhi in programma – già da tempo – la settimana prossima. La marina schiera nell’Oceano Indiano la fregata Grecale che, in un’operazione di “diplomazia navale”, potrebbe raggiungere le acque di fronte a Kochi. Di certo sembrano necessarie misure più incisive della “maggiore collaborazione” con il governo indiano auspicata ieri dal ministro Terzi.

© - FOGLIO QUOTIDIANO

 

 

 
 

 

 

 

 

   

 

 

 

 

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