Questo è un libro importante, da conoscere e far
conoscere.
Esso contiene la denuncia documentata, scientifica,
militante della guerra
condotta con armi all’uranio impoverito: il nuovo tipo
di guerra totale che il
Pentagono, la Nato, l’Occidente tutto hanno inaugurato
dieci anni fa
sperimentandola sulle carni del popolo irakeno, ed
hanno poi gloriosamente
replicato in Bosnia, in Kosovo ed in Serbia contro i
popoli jugoslavi.
Parliamo di guerra totale perché le armi all’uranio
impoverito (dai missili ai
proiettili d’ogni calibro), oltre a seminare la morte
immediata con più efficacia
delle armi convenzionali tradizionali, hanno anche il
"pregio" di seminare, tra le
popolazioni prese a bersaglio, la morte lenta,
differita nel tempo. Tumori di ogni
genere (ai polmoni, al cervello, alla pelle, ai
bronchi, alla vescica, allo stomaco,
al seno), leucemia, abbattimento permanente di tutte le
difese immunitarie (un
effetto simile a quello che provoca l’Aids): ecco cosa
sono in grado di produrre
le armi all’uranio impoverito, capaci
contemporaneamente di devastare
l’esistenza delle future generazioni con l’enorme
aumento di terribili alterazioni
congenite nei nuovi nati ed un’altrettanto micidiale
caduta della fertilità e della
funzionalità sessuale. E non è finita. Infatti, i
bombardamenti all’uranio
impoverito hanno un altro gravissimo effetto letale:
contaminare per milioni e
milioni di anni (arrestatevi per un istante a
riflettere su questo "particolare"
tempo) la terra, l’acqua, l’intero ambiente naturale
dell’uomo. Si tratta,
insomma, della perfetta fusione tra la guerra nucleare,
chimica e biologica, alla
faccia dell’infinità di convenzioni e risoluzioni
internazionali che "mettono al
bando" le armi di distruzione di massa…
Ecco perché si deve chiamare con la massima energia
tutti coloro che si sentono
bollire il sangue dinanzi ad un simile crimine a
mobilitarsi, a lottare per porre
fine ad esso, e -tanto per incominciare- a raccogliere
e a diffondere sulla più
larga scala possibile questa denuncia.
Viceversa, la consegna dei poteri economici, politici e
militari che stanno dietro
questa vera e propria pratica del genocidio, è quella
del silenzio. Il silenzio
totale. Oppure, quando vengono chiamati in causa in
modo stringente, è quella
dell’irrisione: "l’uranio impoverito è tanto
radioattivo e nocivo quanto la cassa
del mio orologio" (un generale italiano), "è meno
pericoloso di un fiammifero
acceso" (un portavoce K-For). In ogni caso, si
garantisce, non esistono prove
inconfutabili che produce dei danni. Ed invece questo
testo fornisce proprio una
inconfutabile analisi delle mostruose conseguenze
che l’ultimissima forma della
guerra di distruzione capitalistica produce. Un’analisi
che necessariamente
contiene, per il suo rigore, qualche parte tecnica di
lettura un po’ difficile (e forse
non indispensabile) per i profani, ma che altri
interventi sanno tradurre in modo
adeguato anche per i non specialisti. Di essa si deve
tenere a mente almeno un
dato "tecnico": non esiste alcuna soglia di sicurezza
per le radiazioni, per cui in
questa materia ogni forma di minimizzazione è in
sprezzo della salute e della vita
dell’uomo e della natura. Ma non meno rilevante è un
dato politico: il feroce
embargo imposto alle popolazioni irakene e
serbo-jugoslave, rendendo
praticamente impossibile ad esse approvvigionarsi delle
apparecchiature e delle
medicine indispensabili, potenzia al massimo gli
effetti devastanti dei
bombardamenti radioattivi. Guerra
nucleare-chimica-biologica combinata con la
guerra economico-politica: in Irak sono state falciate
in questo modo, in dieci
anni, oltre un milione e mezzo di vite!
Ci fermiamo qui per ora. Invitiamo i lettori ad
esaminare attentamente i materiali
e diamo loro appuntamento al termine del libro, alla
postfazione, nella quale
svolgeremo qualche nostra considerazione. Che,
s’intende, nulla vieta, a chi lo
voglia, di guardare in anticipo.
Postfazione
Risulterà ora più chiaro perché i poteri economici,
politici e militari che stanno
ricorrendo alla pratica, alla pianificazione,
del genocidio attraverso le armi
all’uranio impoverito -poteri che fino a ieri non si
sarebbe esitato a definire
imperialisti- esigano, impongano, il silenzio su tutta
la vicenda. Il silenzio,
l’occultamento di questo estremo crimine di guerra in
cui si stanno
specializzando le democrazie "amanti e custodi della
pace", sono la migliore
garanzia di poter proseguire indisturbate ed impunite
su questa strada.
Per contro, rompere la consegna del silenzio,
contro-informare, è il primo,
elementare dovere di tutti coloro i quali sentono il
bisogno di opporsi per
davvero alle guerre di sfruttamento e di dominio di cui
l’Occidente si rende
protagonista. Può esserci d’aiuto, in questo,
l’esperienza passata.
La storia degli effetti letali dell’uranio, infatti,
non è nuova. Non comincia né con
la "sindrome del Golfo" che -oltre la popolazione
irakena- ha colpito, come s’è
visto, i soldati statunitensi e britannici (migliaia
dei quali sono già morti, tanto per
smentire l’inganno della guerra a costo zero per
l’Occidente), né con le strazianti
malformazioni dei bimbi iracheni o dei figli dei
soldati statunitensi nati dopo la
guerra: comincia con la stessa storia del nucleare.
Assai opportunamente il libro
contiene la denuncia delle ferite irreversibili inferte
ai popoli Navajo od alle genti
delle isole Marshall, dallo sfruttamento delle miniere
di uranio fatta per decenni
senza nessuna precauzione, dai depositi di scorie
nucleari disseminati un po’
dovunque, dagli esperimenti nucleari compiuti dagli
Stati Uniti (che sono oltre la
metà degli esperimenti totali). E lascia intravvedere
sullo sfondo gli orrori,
arrivati proprio in questi giorni perfino sulle pagine
della Washington Post, di
luoghi come Paducah, la cittadina del Kentucky nei cui
impianti di lavorazione
dell’uranio migliaia di operai sono stati usati come
cavie negli anni cinquanta e
sessanta. Alla faccia di coloro che ancora si ostinano
a distinguere il nucleare
civile da quello militare, supponendo che il primo sia
sicuro, innocuo, o
addirittura benefico…
Dunque: da Hiroshima e Nagasaki fino alle isole
Marshall, dalle riserve Navajo
a Paducah, da Three Miles Island fino a Cernobyl, la
storia dei tremendi danni
da uranio è lunga (nei soli Stati Uniti sono oltre
4.000 i luoghi contaminati, e nel
mondo si stimano in circa 20 milioni le persone morte
prematuramente a causa
dell’inquinamento nucleare). Ma in essa la guerra
all’uranio impoverito segna un
salto di qualità: sia per la scala territoriale a
cui è stata seminata morte per
milioni e milioni di anni, poiché ora ad essere colpiti
nuclearmente sono interi
paesi; sia per la capacità acquisita dagli Stati
Uniti e dalle altre potenze
occidentali di ridurre o minimizzare l’allarme sociale
imponendo il segreto di
stato intorno a questa catena di delitti, già di per sé
meno immediatamente
percepibili perché ad effetti differiti nel tempo; sia,
infine, perché l’embargo
impedisce ai paesi colpiti di accedere ai mezzi
necessari per tentare se non altro
di contenere la diffusione del morbo nucleare.
Nota editoriale
Vogliamo ringraziare caldamente l’International Action
Center che, nella
persona di John Catalinotto, ci ha autorizzato a
pubblicare questa versione
italiana di Depleted Uranium - Metal of Dishonor,
dando così modo al nostro
Centro di documentazione di inaugurare le sue
pubblicazioni proprio con questo
importante testo.
La traduzione che qui ne diamo non è integrale,
anzitutto perché Dan Fahey,
l’autore di uno dei saggi, ha vietato la riproduzione
all’estero del suo contributo;
ed in secondo luogo perché abbiamo ritenuto opportuno
omettere la sezione VII
del testo originale, intitolata Can a Legal Battle
Be Waged to Ban DU?
L’abbiamo omessa perché non ci sembra che sia il
terreno legale quello su cui
va condotta la battaglia per cancellare dalla faccia
della terra l’uso terroristico
dell’uranio impoverito. Su suggerimento degli stessi
curatori statunitensi abbiamo
omesso anche le appendici, salvo quella che contiene
delle notizie
sull’International Action Center. Chi volesse, potrà
avere direttamente accesso
ad esse visitando il sito internet dell’IAC. Questi
modesti tagli, crediamo, non
menomano in nulla il testo.
Del International Action Center
Il libro può essere richiesto via fax al n° 041930490 o
via e-mail
wilhelm_wolff@yahoo.com
Costa L. 15.000, più le spese
postali.