Signor Ministro
della Difesa,
Signor Capo di Stato
Maggiore della
Difesa,
Autorità civili e
militari,
uomini e donne
dell'Esercito e
dell'Arma dei
Carabinieri,
sono
particolarmente
lieto di poter
celebrare la
giornata dell'Unità
Nazionale e delle
Forze Armate con il
Contingente italiano
di UNIFIL e vorrei
innanzitutto
esprimere al
Generale Graziano,
al Comandante del
Contingente, a
ciascuno di voi ed a
tutti coloro che vi
hanno preceduto qui
in Libano
l'apprezzamento del
paese e mio
personale per
l'opera
straordinaria che
state prestando a
sostegno della pace
e per la
stabilizzazione di
un'area di
importanza vitale
per i delicati
equilibri dell'area
medio-orientale e
dell'intera regione
mediterranea. La
vostra missione è e
resterà a lungo uno
dei punti fermi del
fondamentale impegno
operativo delle
Forze Armate
italiane e della
nostra diplomazia
negli scenari
internazionali in
profonda
trasformazione del
XXI secolo.
Domani 4 novembre
ricorre
l'anniversario della
vittoria nella
Grande Guerra, che
lo scorso anno
celebrai a
Redipuglia e a
Vittorio Veneto. E
come già allora, ma
oggi e qui ancora di
più, le mie
riflessioni prendono
le mosse dalla
constatazione della
rilevanza e della
novità del ruolo che
gli strumenti
militari degli Stati
democratici - e, tra
questi, in prima
fila l'Italia -
svolgono ormai da
diversi anni per la
governance globale,
per la complessiva
gestione del nuovo
quadro mondiale.
Credo che, oggi
più che mai, sia
utile guardare
all'immane tragedia
del primo conflitto
mondiale come ad una
grave ferita e
frattura nel corso
della storia moderna,
perché essa vide
miseramente
spegnersi nelle
trincee d'Europa
oltre 15 milioni di
vite, un'intera
generazione, in un
duro scontro di
posizione, in un
sanguinoso
logoramento, in
vista di una
vittoria che premiò
l'alleanza
portatrice di ideali
di libertà e di
giustizia ma senza
dar luogo a duraturi
equilibri di pace.
La Grande Guerra
interruppe
bruscamente, e per
oltre trent'anni, il
dirompente processo
di crescita
economica e sociale
e di avanzamento
civile innescato ed
alimentato dalla
Rivoluzione
Industriale. E'
interessante
ricordare, a tal
riguardo, che nel
primo decennio del
XX secolo i
movimenti migratori
erano superiori,
anche in termini
assoluti, a quelli
attuali ed il volume
dei commerci
internazionali
rispetto a quello
delle produzioni
interne era
proporzionalmente
più alto di quello
odierno. Quella
prima imponente
ondata che può
definirsi
globalizzante fu
segnata peraltro
dalla corsa alle
colonie intrapresa
dai Paesi europei,
in una accesa
competizione di
interessi nazionali
contrastanti che
certo non fu
estranea allo
scoppio del
conflitto.
Alla Grande
Guerra e al Trattato
di Versailles, seguì
la malaccorta
gestione da parte
delle democrazie del
bene supremo della
pace; la profonda
crisi economica
degli anni Trenta, i
conseguenti
protezionismi e
antagonismi
nazionali,
l'emergere dei
totalitarismi in
Europa, culminarono
alla fine di quel
decennio nello
scoppio del
catastrofico secondo
conflitto mondiale.
Soltanto al termine
di quel conflitto,
si delineò una nuova
prospettiva di
cooperazione con gli
accordi di Bretton
Woods del 1944 e con
la conferenza di San
Francisco del 1945
che fondava le
Nazioni Unite. Il
mondo tuttavia ben
presto si divise in
due blocchi
contrapposti; i
fondamentali
elementi di
aggregazione
nell'Occidente
democratico furono
la nascita
dell'Alleanza
Atlantica e l'avvio
del processo di
integrazione europeo.
Una vigorosa e
davvero pervasiva
ondata di
globalizzazione
montò soltanto a
partire dagli anni
Novanta, sospinta
dai grandi progressi
tecnologici in
diversi campi e dal
crollo delle
barriere - una volta
caduti i regimi
comunisti dell'Est -
che avevano impedito
un sostanziale
avvicinamento tra
Est e Ovest.
Nei due conflitti
mondiali pagammo
anche noi italiani
un prezzo altissimo
in vite umane
perdute e
distruzioni. Quei
lutti e quelle
sofferenze ci hanno
però consegnato
momenti tra i più
importanti nella
nostra storia di
Nazione.
Nella Grande Guerra,
dopo Caporetto, i
cittadini ed i
soldati italiani si
ritrovarono uniti:
quella fu la prima
vera esperienza di
impegno popolare
collettivo
dell'allora giovane
Nazione italiana. La
coesione, la
comunanza di intenti
di quegli anni
drammatici segnarono
il vero
completamento
dell'unità nazionale.
Nella seconda
guerra mondiale,
dopo l'8 settembre,
cittadini e soldati
che avevano saputo
affrontare per anni
con dignità e senso
del dovere le prove
e i sacrifici di una
sciagurata impresa
bellica, si
ritrovarono di nuovo
insieme, questa
volta "uniti contro
la guerra", contro
il prolungarsi di
una guerra di
conquista e di
sopraffazione, per
un'Italia libera,
finalmente grande
democrazia tra le
democrazie,
costruttrice
primaria della
pacifica
cooperazione tra i
popoli, tesa a
crescere in
rinnovata unità
nazionale entro il
grande, magistrale
quadro di principi e
di valori della
Carta Costituzionale.
Quelle esperienze e
quei valori devono
esserci di
insegnamento e di
guida oggi che
stiamo vivendo una
straordinaria
transizione,
storicamente
decisiva, verso una
società globale
sempre più
interconnessa ed
interdipendente. Ci
si presentano in
effetti opportunità
e rischi senza
precedenti.
Dobbiamo
acquisire piena
consapevolezza del
ruolo che l'Italia
può oggi svolgere
nel processo di
crescita della
comunità
internazionale,
superando miopie e
particolarismi che
ancora intralciano
il cammino del paese.
Dobbiamo guardare
all'Europa quale
realtà istituzionale,
economica e
finalmente politica
da rendere sempre
più concreta ed
efficace, in quanto
soggetto allo stesso
tempo unitario e
plurale, capace di
contribuire da
protagonista al
governo della
globalizzazione,
facendosi portatrice
di pace e di
sviluppo, di cultura
dei diritti e di
progresso civile.
Con l'Europa e
grazie all'Europa
dobbiamo versare
nuova linfa nelle
organizzazioni
internazionali,
riformandole,
rendendole più
rappresentative e
incisive ai fini
della costruzione di
un mondo più
pacifico e più
giusto.
Nell'immagine
comune che sempre
più ne hanno
cittadini e soldati,
le Forze Armate sono
insieme simbolo e
strumento non certo
di contrapposizione
e di offesa verso
altri popoli, ma di
legalità e di difesa
dei diritti
dell'uomo,
presupposto di
sicurezza e quindi
di crescita
economica e di
avanzamento
democratico.
In una
prospettiva nella
quale il nostro
paese possa
legittimamente
perseguire i propri
obiettivi secondo
regole del gioco
condivise e
rispettate, il
compito primario
delle Forze Armate
è, da un lato,
preservare la pace
tra i popoli
intervenendo nelle
situazioni di crisi
e di instabilità
prima che queste
degenerino in
conflitto, e,
dall'altro,
contrastare i grandi
fenomeni eversivi
transnazionali a
partire dal
terrorismo e dalla
criminalità
organizzata, ai
quali l'estendersi
della
globalizzazione e le
disuguaglianze che
inevitabilmente essa
genera offrono
pretesti e
opportunità.
Oggi l'impegno
militare italiano
nel mondo è davvero
rilevante per le sue
dimensioni, ma anche
e soprattutto per la
sua qualità.
Dall'Afghanistan ai
Balcani fin qui in
Libano le nostre
Forze Armate si
distinguono per le
capacità operative
di eccellenza che
mettono in campo e
per la perizia e la
dedizione con cui
sanno coniugare
l'indispensabile
presidio della forza
con l'assistenza
alle popolazioni ed
il sostegno alla
ripresa delle
attività economiche
ed alla
ricostruzione delle
istituzioni nelle
aree di crisi. In
questo spirito ha
operato e opera il
contingente italiano
di UNIFIL, ottenendo
tali risultati, e
quindi tali
riconoscimenti da
tutte le parti
interessate, da
inorgoglirci e da
renderci consapevoli
della necessità del
pieno proseguimento
del nostro impegno
qui dove si giuoca
una delle partite
più importanti per
il futuro della
pace.
Uomini e donne
dell'Esercito e
dell'Arma dei
Carabinieri,
vi vedo indossare
con fierezza il "basco
blu", simbolo di
pace e di dedizione
alle cause più
nobili della
Comunità
internazionale. Vi
ringrazio a nome di
tutti gli italiani,
perché state facendo
onore e rendendo un
alto servigio alla
nostra patria, alla
nostra Italia.
Viva l'Italia,
viva le Forze Armate.