capire se all'origine della strage, costata
ieri la vita a 13 persone mentre altre 30
sono rimaste ferite, vi sia la fede islamica
del maggiore (nato in America ma di origine
palestinese) o vi sia invece lo stress del
suo lavoro di psichiatra che lo ha messo a
contatto con decine di soldati tornato negli
Usa con il trauma degli orrori vissuti in
prima linea in Iraq e in Afghanistan. Il
presidente Barack Obama, che ha dichiarato
il lutto nazionale, con le bandiere a
mezz'asta alla Casa Bianca e negli altri
edifici federali, ha ammonito oggi a non "giungere
a conclusioni affrettate" sui motivi della
strage finché la inchiesta non avrà raccolto
più elementi.
Obama ha detto che intende recarsi a Fort
Hood quanto prima per incontrare i familiari
delle vittime. Oggi si è recato all'ospedale
militare Walter Reed, alla periferia di
Washington, per visitare i soldati che
tornano feriti dalle guerre. Lo stesso
ospedale dove il maggiore Hasan aveva
lavorato per sei anni prima di essere
trasferito a Fort Hood, in aprile, in vista
del suo invio in Afghanistan, un invio al
quale il maggiore si opponeva. Testimoni
hanno raccontato che quando ha sparato
all'impazzata sui commilitoni, il medico di
origine palestinese ha gridato 'Allah Akbar'
(Dio è grande). A bloccare l'autore della
strage è stata la poliziotta Kimberly Munley,
accorsa nel giro di pochi minuti nel centro
medico della base dove è avvenuto il
massacro. La donna ha estratto la pistola e
centrato con quattro proiettili lo
psichiatra dell'esercito, restando a sua
volta ferita nella sparatoria. Nella
confusione seguita alla strage le autorità
militari avevano dato per morti sia il
medico che la poliziotta, che sono invece
oggi in un ospedale del Texas, feriti ma in
condizioni stabili. Il maggiore Hasan era
giunto a Fort Hood da sei mesi, in vista del
suo invio in Afghanistan, dopo avere
lavorato per sei anni all'ospedale militare
Walter Reed dove transitano gran parte dei
soldati feriti nei combattimenti in Iraq e
Afghanistan o sofferenti di depressione post
traumatica. All'ospedale Reed lo psichiatra
aveva ascoltato dai soldati reduci dalla
guerra i racconti delle loro esperienze
orribili. "Il suo incubo era quello di
essere inviato a sua volta in Iraq o in
Afghanistan - ha raccontato un familiare -
Era contro queste guerre". Dopo la strage
dell'11 settembre 2001 la sua origine medio
orientale lo aveva reso bersaglio di
sarcasmo e diffidenze da parte di alcuni dei
suoi commilitoni (lo chiamavano 'il
camelliere'). Hasan si era rivolto ad un
avvocato per esaminare la possibilità di
lasciare la divisa che aveva indossato fino
a quel momento con molto orgoglio. La
sparatoria è divampata ieri alle 13.30
locali al centro medico della base dove i
soldati che stanno per essere inviati in
prima linea si sottopongono a test e visite
sanitarie. Il maggiore dell'esercito, armato
con due pistole (non militari), ha aperto il
fuoco in modo indiscriminato sui gruppi di
militari disarmati che affollavano
l'edificio. Il luogo è diventato una scena
di guerra, con morti e feriti ovunque e con
i superstiti impegnati ad usare le
istruzioni ricevute per la prima linea per
tamponare il sangue e le ferite delle
vittime. I medici degli ospedali dove sono
stati trasportati i 30 feriti hanno detto
che circa metà delle vittime hanno richiesto
interventi chirurgici. Diverse delle vittime
erano stati colpiti da più proiettili. "Sono
giunte persone con ferite alla testa, altri
erano stati colpiti al petto, alla schiena o
alle gambe", ha detto un medico
dell'ospedale. Lo sparatore è sotto arresto
in un ospedale. E' in gravi condizioni ma le
sue condizioni sono definite 'stabili'. Gli
inquirenti non hanno ancora potuto
interrogarlo, date le sue condizioni.
La famiglia di Hasan ha diffuso una
dichiarazione: "Amiamo l'America. Siamo in
stato di shock e rattristati davanti ai
terribili avvenimenti di Fort Hood". Il
generale George Casey, capo di stato
maggiore dell' esercito, ha definito "un
pugno al fegato" lo shock inferto ai
militari dal gesto dell'ufficiale medico. Un
gesto che solleva in ogni caso una serie di
scomodi interrogativi per il Pentagono sullo
stress che le due guerre stanno infliggendo
ai soldati, sulle conseguenze per il morale
delle truppe, sui delicati rapporti con i
musulmani che indossano la divisa dei
militari Usa. Ma l'indagine è chiamata a
rispondere soprattutto all' interrogativo se
lo psichiatra dell'esercito abbia agito per
motivi religiosi - aveva più volte espresso
la sua opposizione alle guerre contro i "fratelli
musulmani" - o per le conseguenze del suo
mestiere: il medico che doveva aiutare i
soldati a superare i traumi degli orrori
vissuti in Iraq e Afghanistan è caduto a sua
volta nel baratro psicologico di un mondo
che appariva senza speranza.
Fonte:
www.ansa.it