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Sicuramente si tratta di singoli comportamenti e per quanto tali non possono delegittimare l’intero strumento rappresentativo ma la richiesta da parte di alcuni parlamentari di prorogare ancora una volta questo X° mandato ci rimane estremamente difficile da comprendere

 

 

Roma, 8 feb. 2012 - Carabiniere sindacalista condannato a 9 mesi, ma al Senato c’è chi gli vuole prorogare il mandato in scadenza. Condividi

di Luca Marco Comellini

Solo in Italia l’arroganza di una certa politica incompetente non si ferma neanche di fronte a una condanna del Tribunale militare. In questi giorni è in corso una mobilitazione di migliaia di cittadini militari che vogliono impedire che un gruppetto di faccendieri che ha fatto della “rappresentanza” un’intensa attività di cura degli interessi personali possa nuovamente costringere il Parlamento a varare una norma che impedisca nuovamente di esercitare il diritto di voto per l’elezione dei nuovi organi della rappresentanza militare, unico strumento di tutela del personale in attesa dell’avvento del sindacato.

Eppure mentre la questione del diritto e dei diritti è in discussione al Senato della Repubblica nell’ambito del “milleproroghe” dopo essere stata bocciata nell’altro ramo del Parlamento, c’è ancora chi vuole che gli attuali delegati continuino a far finta di interessarsi dei loro colleghi, rimanendo in carica oltre il termine del mandato già prorogato due volte. Personalmente sono oltre due anni che denuncio, insieme al deputato radicale Maurizio Turco che gli attuali delegati sono molto interessati a fare altro piuttosto che a tutelare i loro colleghi e che nell’ambito dei Cocer si sono verificati fatti che hanno meritato le attenzioni di diverse Procure.

Per comprendere meglio chi siano questi militari che pretendono di dover restare in carica nell’ambito dei Consigli delle rappresentanze militari Cocer, Coir e Cobar, basta leggere alcuni degli atti parlamentari che in questi anni abbiamo presentato senza che il ministro di turno La Russa, ora Di Paola, abbia minimamente accennato ad azioni o a risposte per riaffermare, quantomeno, la legalità così palesemente violata.

Per farsi una sua opinione il lettore deve sapere che il 14 novembre 2008 il Comando regione carabinieri Lazio (ora Legione carabinieri Lazio) aveva trasmesso alla procura della Repubblica presso il tribunale militare di Roma, per le valutazioni di competenza una relazione di servizio redatta dall'appuntato «S» Rapuano Carmine Richard effettivo presso la

centrale operativa della Compagnia carabinieri di Civitavecchia, attualmente delegato del Co.Ba.R. regione carabinieri Lazio a seguito dell'aggressione subita qualche giorno prima nella sala riunioni dell'organismo di rappresentanza della Regione carabinieri Lazio, dal maresciallo dei Carabinieri Antonio Farina.

A seguito della lettura degli atti, in data 17 novembre 2008, il pubblico ministero aveva disposto l'iscrizione ex articolo 335 del codice di procedura penale a carico del maresciallo Farina, per il seguente reato: «reato continuato di ingiuria, minaccia e violenza ad inferiore (articoli 81, primo capoverso, codice penale; 195 e 196 codice penale militare di pace)» e nella medesima data, letti gli atti del procedimento a carico del Farina, il pubblico ministero, sostituto procuratore della Repubblica, dottor Giovanni Barone, aveva ritenuto di disporre l'acquisizione dei fogli di viaggio dei delegati del Cobar Lazio e l'iscrizione della notizia di reato a carico di «ignoti militari» per il reato di "falso in fogli di via e simili (articolo 220 codice penale militare di pace)».

La vicenda che ha portato i Giudici militari a condannare il Farina aveva avuto inizio dalla segnalazione che Rapuano aveva fatto ai vertici della legione Carabinieri Lazio sulle irregolarità riscontrate sui cosiddetti «fogli di viaggio» di alcuni delegati del medesimo organismo di rappresentanza.  Turco interessato della questione aveva immediatamente presentato una interrogazione parlamentare che però ancora oggi attende risposta, come le molte altre che riguardano il cocer dei carabinieri e i suoi delegati.



 
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Nell’interrogazione n. 4-05552, il cofondatore del Partito per la tutela dei diritti di militari e Forze di polizia (Pdm), il radicale Maurizio Turco, aveva chiaramente denunciato che «l'aspetto economico che deriva dalla liquidazione del trattamento di missione di cui godono i delegati della rappresentanza militare, con l'introduzione del sistema cosiddetto forfettario ha assunto un rilievo primario fra gli interessi dei delegati medesimi tanto  

che, come si evince dagli atti delle indagini svolte dalla procura, i vertici del comando della regione carabinieri Lazio erano già da tempo informati degli illeciti che il Rapuano medesimo aveva segnalato - definiti dal responsabile del servizio amministrativo come «lievi incongruenze» nella nota prot. 182/5 IND del 27 luglio 2007 -, senza tuttavia provvedere alla loro repressione ma, invero, limitandosi a meri richiami delle disposizioni vigenti in materia di trattamento economico di missione».

Oggi finalmente, dopo poco più di due anni, presso il Tribunale Militare di Roma, si è concluso con una condanna a 9 mesi di reclusione il processo nei confronti del maresciallo dei carabinieri Antonio Farina, delegato della rappresentanza militare del Consiglio di base della Legione Carabinieri Lazio.  

A mio avviso questa pesante condanna che arriva proprio nel giorno in cui scade il termine per la presentazione degli emendamenti al decreto- legge “milleproroghe” in discussione al Senato è utilissima per far comprendere a quei senatori che avranno il coraggio di chiedere la proroga del mandato dell’attuale rappresentanza militare che oltre a ledere il diritto di voto di migliaia di onesti militari, gli imporrebbero anche di dover sopportare l’onta di essere rappresentati da chi oggi è stato condannato per aver violato la legge che invece era chiamato a difendere.

Come Segretario del Pdm ho fin dall’inizio seguito questa vicenda e le numerose interrogazioni presentate  in merito dal cofondatore Maurizio Turco, deputato radicale,  sono rimaste tutte senza risposta come le tante altre con cui abbiamo voluto denunciare i comportamenti di alcuni delegati del Cocer dell’Arma.

Queste nostre denunce fino ad oggi sono state inascoltate anche dai vertici dell’Arma ma la condanna inflitta oggi dal Tribunale militare di Roma conferma che avevamo ragione e che adesso è quanto mai urgente ristabilire la legalità allontanando dalla rappresentanza militare, se non

 anche dal servizio, tutti coloro che risultano essere sottoposti alle indagini della magistratura militare e ordinaria. Nelle prossime ore scopriremo i nomi di quei coraggiosi senatori che avranno deciso di assumersi la gravosa responsabilità di aver privato i militari del loro diritto di voto al solo scopo di favorire gli i nteressi dei "satrapi" del Cocer e dei condannati, e sarà per me un vero piacere renderli noti alle migliaia di

onesti militari e cittadini che ogni giorno seguono la mia attività sul fronte dei diritti. Dal portale: http://notizie.tiscali.it

 

 

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