Il «Valore» del posto fisso -
Il ministro Tremonti, è bene ricordarlo, ha
lasciato di stucco sia ammiratori che detrattori
rilanciando, a sorpresa la validità del «posto
fisso».
Scontate sono state le reazioni, sia quelle a
favore che le contrarie. Qualcuno ha perso tempo
anche a rispolverare i trascorsi politici e le
giovanili simpatie socialiste del ministro,
quando faceva parte dei «Reviglio’s boys».
Veemente, come è nella sua natura, è stata la
replica del ministro Brunetta, guarda caso anche
lui di origini socialiste, il quale ha accusato
Tremonti di essersi lasciato abbagliare dai
languidi e nostalgici bagliori che provengono
dal secolo passato.
Si apra un
dibattito - Giulio Tremonti è il
ministro dell’economia della settima potenza
mondiale. Sicuramente non avrà parlato a caso, o
trascinato dai ricordi del bel tempo antico. Ha
invece aperto un dibattito sul quale ci sarà
sicuramente molto da discutere nelle prossime
settimane. Quindi è prematuro lanciarsi in
giudizi su un argomento che richiede un’attenta
riflessione.
In questa sede ci preme invece sottolineare che
finalmente due esponenti del governo non vengono
colti a beccarsi su questioni di bottega, m su
un tema che sta a cuore a milioni di italiani.
Declino del capitalismo? -
Certamente se ci sofferma a considerare la
posizione, le condizioni di vita, sia
psicologiche che economiche di quei 3 milioni e
seicentomila lavoratori instabili sparpagliati
su tutto il territorio italiano si comprendono
bene le ragioni che hanno spinto Tremonti a
riaprire il capitolo «posto fisso».
Anche se va detto che il ministro non sarebbe in
grado oggi di rispondere a chi, a botta calda,
ha rispedito al mittente le sue parole
dicendogli : «perché non li fai assumere tu?» .
Anche Brunetta, se si sfronda l’abituale impeto
con il quale affronta gli argomenti, arriva a
conclusioni opposte a quelle di Tremonti
partendo, però, dallo stesso assunto, e cioè dal
declino del capitalismo.
E’ un declino che il ministro della Funzione
Pubblica, differenza di Tremonti, vuole
osteggiare imbracciando con una mano l’ accetta
della flessibilità estrema e con l’altra la
modernizzazione, e le promesse dell’innovazione
e della rete: «Bisogna provare, anche semi rendo
conto di essere un po’ utopista, ad adattare le
regole del mercato del lavoro a quelle della
rete, perché è questa la novità di quest’epoca.
La novità è Internet,è l’intelligenza che
produce senza capitali», ha spiegato Brunetta.
Che Tremonti non abbia la stessa fiducia
nelle capacità salvifiche delle nuove tecnologie
lo ha ampiamente documentato nella sua teoria
sul «mercatismo».
Non sono idee che professa da oggi. Sono solo
idee che oggi stanno prendendo piede, tanto che
il governo cinese ha invitato il ministro
italiano ad andarle ad esporre a Pechino.
Che Tremonti lavori su un’alternativa
culturale lo stanno inoltre a testimoniare gli
attacchi ripetuti all’agire delle banche, il
pugno di ferro adottato contro i forzieri
svizzeri, la stessa istituzione della Banca del
Sud che inevitabilmente rimanda, nel bene o nel
male, all’intervento dello Stato nell’economia.
Ma ripetiamo, non è ad una semplice
affermazione che si possono affidare le speranze
di una svolta.
I «problemi» del PD - E’
giusto invece rimarcare che è positivo vedere
due ministri che discutono, o si scontrano, su
un problema concreto, centrale come quello del
lavoro e del destino dei lavoratori.
E’ una constatazione che inoltre si
contrappone a quella suscitata dal dibattito a
sinistra, principalmente incentrato sulle
prossime scelte di voto della deputata
teodem del Pd, Paola Binetti.
Vorremmo consigliare agli esponenti del Pd di
riprendere anche il tema dei «Dico»se vogliono
restare nel concreto e nei problemi che stanno a
cuore degli italiani e dei loro elettori. E se
proprio stanno a corto di interessi vivi resta
sempre da sviscerare l’eterno interrogativo sul
sesso degli angeli.
Claudio Pavoni
FONTE:
www.diariodelweb.it/