Niente da fare. È nuovamente slittata
la discussione alla Camera sulla legge delega per la revisione dei
codici penali militari di pace e di guerra. La notizia
dell’ennesimo rinvio è giunta con sollievo durante un sit-in di
protesta davanti a Montecitorio indetto dall’ampio fronte del no
alla legge. Una rete di sideweb e movimenti che va dalla
Federazione Nazionale della Stampa al Cocer, da Rete Lilliput alla
Cgil Funzione pubblica, dall’Arci all’Amid, e che si sta battendo
per bloccare l’iter della legge. Per il momento il tentativo
sembra aver trovato sponda politica all’interno dell’aula di
Montecitorio. Dopo l’approvazione di fine novembre al Senato,
avvenuta piuttosto in sordina, sul provvedimento di riforma dei
codici sono iniziate infatti a piovere polemiche e contestazioni.
Prima dall’opposizione ma progressivamente anche all’interno della
maggioranza sono iniziati i malumori. Il testo della legge è stato
così modificato nelle scorse settimane con diversi emendamenti
approvati in commissione congiunta Giustizia e Difesa di
Montecitorio.
Tra cui uno proposto da Elettra
Deiana di Rifondazione che ha intanto tolto al governo la delega a
riformare il codice penale militare di guerra. Poi sono iniziati
gli slittamenti. «Questa legge delega non è più quel fiore
all’occhiello che la maggioranza credeva di poter far passare
senza problemi – spiega Deiana – L’opposizione è schierata contro
la legge in maniera compatta ma anche la maggioranza ha dato
evidenti segni di contraddizioni e difficoltà anche per le
posizioni negative sulla delega espresse da molti addetti ai
lavori, come ad esempio il Cocer». E l'impressione che questa sia
una questione spinosa anche per il centrodestra viene confermata
dal presidente della Camera Pierferdinando Casini che,
evidentemente stizzito dai continui rinvii, a fine giornata
dichiara: «È il caso che finisca questa pantomima in base alla
quale ogni settimana c'è un problema su almeno un provvedimento:
il testo di delega al governo per la revisione delle leggi penali
militari di pace sarà il primo punto dell'ordine del giorno della
prossima settimana». La prossima settimana dunque l’iter del
provvedimento riprenderà ma il centrosinistra, in maniera
compatta, si appresta dare battaglia promettendo ostruzionismo ad
oltranza. «Questo disegno di legge è un'aggressione totale ai
presidi pacifisti della Costituzione, che attribuisce il diritto
di decidere il ricorso alle forze militari e al Parlamento –
spiega ancora Deiana – La nostra strategia sarà dunque quella di
un grande ostruzionismo e mi auguro che alla fine il provvedimento
sia insabbiato».
Ma la lotta contro la riforma
dei codici militari non si combatte solo in Parlamento. Al sit in
davanti a Montecitorio hanno partecipato una cinquantina di
persone, non un grandissimo numero ma «molto qualificato», come
sottolinea Chiara Cavallai (Artcolo 11 e Comitato scienziati e
scienziate contro la guerra): «Il provvedimento in discussione
alla Camera è molto complesso, difficile da sintetizzare, ha
mobilitato molti ‘addetti ai lavori’». Il risultato è che in
piazza sono scesi insieme pacifisti e militari, giornalisti e
giuristi. Ognuno pronto a sottolineare un differente aspetto della
legge. «Fra i tanti motivi per sostenere questa protesta noi siamo
qui per sottolineare il pericolo per la libertà di stampa – spiega
il presidente della Fnsi, Paolo Serventi Longhi – La possibilità
che ai giornalisti siano comminati anni e anni di carcere se
scelgono di portare avanti un’informazione indipendente non
subalterna alle veline passate dai militari. Insomma questa
riforma si inquadra in un tentativo di impedire ai media italiani
di raccontare ciò che accade.».
Proteste e malumori serpeggiano
anche tra i militari: «Tutto il personale militare è contrario a
questa riforma - dice un ufficiale dell'Esercito aderente
all'Associazione per i militari democratici - siamo preoccupati
sia per una carenza di informazione, sia perché la vita interna
diventerebbe molto più difficile e tutti i reati verrebbero
militarizzati». A contestare la legge anche molti dipendenti
civili del ministero della Difesa: «Nelle manifestazioni pacifiste
noi ci siamo sempre stati - dice Fulvio Consolino aderente alla
Cgil-Funzione pubblica – Nonostante le costanti pressioni che
dobbiamo subire. Il nostro ruolo è già difficile, spesso ci si
imbatte nel segreto militare ora si sta reintroducendo il reato
militare, è un ritorno al passato e siamo molto preoccupati anche
perché con la riduzione delle forze militari i civili impegnati
nelle missioni all’estero saranno sempre più numerosi. «Siamo
soddisfatti dell’attenzione sull’argomento che è andata
progressivamente crescendo – sottolinea infine Riccardo Troisi di
rete Lilliput Pax Christi – Siamo riusciti a far capire il
tentativo del governo di trasformare il concetto stesso di pace e
renderlo omologabile a quello di guerra. Continueremo a lottare
anche in maniera più incisiva, con azioni più dirette perché i sit
in non bastano». La battaglia contro la riforma dei codici
militari dunque continua: in piazza e in Parlamento.